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Ammetto che ero imbarazzata dalla sua sicurezza, dalla compostezza che aveva nel parlare e nei gesti, e forse tutto ciò mi mandava su di giri innervosendomi.

"Io...ma insomma, vieni qui per lo stesso scopo degli altri suppongo, perché proprio me? Ho tanto la faccia da perbenista inesperta?" Domandai furiosa e scontrosa. Lo vidi sgranare gli occhi per poi ridere di gusto.

"Affatto Cindy" il mio nome dalle sue labbra risultava una melodia che non sentivo da tempo, da quando...e mi tornò in mente lui.

"Allora dimmi le tue intenzioni e chiudiamo la questione" puntualizzai secca.
Lo vidii acconsentire.

"Voglio solo compagnia, fare due chiacchiere, e tu mi sembri l'unica adatta" rivelò squadrandomi.

"Certo, io non ho l'aria da puttana, questo che indosso è solo trucco per mascherare ciò che sono" alzai le braccia al cielo, afferrando una salvietta sul comò, strofinandola in viso, togliendomi il trucco, sotto il suo sguardo per nulla turbato.

"Mi spiego meglio" si alzò, ritornando verso me.
"Sei l'unica intelligente, con cui sostenere una conversazione" era sempre più vicino, il suo tono mi avvolgeva, facendomi sentire protetta, come quando sei piccola e hai paura dei mostri e pensi che quella coperta ti possa proteggere, ma i mostri in realtà li abbiamo dentro di noi.
"E comunque, senza trucco sei ancora più bella" poggiò i palmi al lato dei miei fianchi sul comò, inchiodandomi, risvegliando in me un sussulto che tenevo celato da tempo, guardandomi dritta negli occhi, rendendomi conto che nei suoi leggevo verità.

"Quindi, tu paghi solo per chiacchierare" affermai risolutiva, schiarendomi la voce per non far trapelare che la sua vicinanza mi faceva uno strano effetto.

Tutto ciò non aveva senso, il parlare con me, non svelarmi nulla di lui. Non sapevo niente infondo di questo sconosciuto, eppure la vocina interiore mi sussurrava di fidarmi, che sarebbe stato tutto più semplice, nella mia vita la parola semplice non rientrava.

Ed ora era lì, così vicino, tenendo saldi i suoi occhi nei miei, come se aspettasse di leggermi dentro, per capire i miei pensieri troppo intimi e complicati per svelarli a tutti.

"Ti piace porgere le domande a quanto vedo" ribatté divertito, togliendo le mani, andandosi a sedere.

Lo guardai con quel fare così naturale, quasi affascinandomi.
Forse mi sentivo sola, e lo ero, la mancanza di James si faceva sentire, e sarebbe diventata sempre più dura lo sapevo.

"A te non piace rispondere" dissi di rimando, ticchettando le unghie sul legno come agitata o impaziente, forse ero entrambe le cose.

Accavallò le gambe grattandosi la barba, facendo un sorrisino divertito.
"Astuta. Diciamo che non amo parlare di me, forse non mi trovo interessante, sento che te hai molte cose da svelare invece, me lo dicono i tuoi occhi, il modo in cui ti torturi le dita come un mare mosso, me lo dice la tua gamba, il modo in cui ti sposti da un piede all'altro e no non è per trovare una posizione più comoda, è perché sei in soggezione, attendi delle risposte che provi a cavarmi fuori, ma io voglio sapere di te" disse tutto d'un fiato lasciandomi interdetta, aveva capito tutto ciò che ero in quell'esatto momento e non sapevo se essere attratta o spaventata, dal modo in cui mi aveva descritta, credevo di essere un lampione ma lui mi vedeva come un faro.

Mi avvicinai facendo cenno di sedersi con me sul letto.
Lo vidii seguire il mio consiglio mettendosi sul lato sinistro.

"Cosa vuoi sapere?" Domandai a brucia pelo, arrendendomi.

Non ci pensò su neanche un secondo sicuro di ciò che doveva dirmi e di cosa voleva sapere.
"Tutto" asserii secco.

"Non ho molto da dire, un padre alcolizzato, una madre che mi ha abbandonata creandosi una nuova famiglia, un uomo che a quanto pare mi ha abbandonata anche lui, sembra che il destino giochi con me, e sono qui per una storia troppo lunga, non voglio parlarne" intimai, dicendogli più di quello che avrei voluto dire, forse mi veniva naturale, forse la sua sicurezza mi ricordava James, portandomi a qualche giorno fa, quando ancora eravamo insieme anima e corpo.

Si allungò sul letto, toccandomi la mano appoggiata al lenzuolo, un tocco delicato.
Mi girai, i suoi occhi salirono dalla mano Fino ai miei, restando così minuti interminabili, non rispondeva, alimentando in me un imbarazzo che non avevo con altri.

"Non hai niente da dire?" Domandai, sentendo un formicolio sulle nocche.

Scosse la testa.
"Non credo ci sia bisogno di rispondere, certe volte il silenzio parla più di mille parole" rispose tranquillo, quando si alzò facendo il giro del letto, fermandosi davanti a me porgendomi la mano per farmi alzare.

"Saprò mai il tuo nome?" Chiesi vedendo che mi fissava.
"Ah giusto, che differenza farebbe" aggiunsi, facendo una smorfia, al che lui rise, avvicinandomi a lui, salendo con suo il respiro dal collo all'orecchio.

"Devo andare, ci rivedremo lo sai, sento che hai tanto da dirmi" rivelò lasciando piano la presa sul mio fondoschiena, facendomi trasalire.

Annuii con la testa, vedendolo avviarsi alla porta. Mi misi a sedere, prima di aprirla si girò verso di me.

"Luke" affermò richiudendola alle sue spalle.

Sapevo il suo nome ma era un mistero, era un ragazzo enigmatico, ed in parte forse mi sentivo instabile per questo.

Mi stesi sul letto, girandomi di fianco, disegnando cerchi immaginari sul cuscino con le dita, gettando un'occhiata alla finestra dove splendeva la luna piena, cercando di vedere il viso. James mi disse che se guardavo attentamente ne riuscivo a vedere gli occhi e il naso, anche se sapevo che erano crateri mi piaceva immaginarmelo così.

Il pensiero che gli fosse accaduto qualcosa s'insinuò in me, pregando che stesse bene, pregando che ci saremo rivisti, ma la solitudine mi faceva male, e Luke stava diventando una distrazione per non pensare che sarei rimasta lì per sempre abbandonata.

Mi addormentai con l'immagine di Luke ma o suoi occhi erano delle nubi, erano le nubi di James.

Mi svegliai di soprassalto sentendo un continuo bussare alla porta, vedendola spalancata un minuto dopo, rivelando una Linda con gli occhi arrossati.
Sapevo il motivo.

"Dammi i soldi del tuo cliente" allungai la mano sul comodino porgendogli le banconote che infilò nel barattolo di latta.

"Perché hai gli occhi rossi?" Chiesi non preoccupandomi della sua reazione.

La vidi spalancare gli occhi allargando le iridi, irrigidendosi.
"Come prego?" Chiese acida, richiudendo il barattolo.
"1 non te ne deve fregare, 2 sarà un' allergia, 3 fatti i cazzo tuoi se vuoi rimanere viva" asserì tagliente, sbattendo la porta alle sue spalle.

Sarei dovuta riuscire ad avvicinarmela, forse sapeva soluzioni che io non sapevo, dovevo farmela amica.

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