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Pov. Daniel

La sera prima, incontrai Linda. Mi diede un cellulare con il suo numero impresso, per chiamarla in qualsiasi eventualità, o mi avrebbe detto se Rudy avesse scoperto qualcosa. Gli avevo rivelato che in realtà non esisteva nessun Luke Johnson, e avrei dovuto portare Cindy lontano da Miami. Ma non prima di parlare con James.

L'avevo portata su in casa, prendendola in collo.
Una casa che avevo affittato, tranquilla, un luogo più sicuro, ma eravamo pur sempre nei dintorni.

La misi a letto con cura, sentendo che scottava.
La lasciai riposare tranquilla chiudendo la stanza, per dirigermi da James.

Andai in caserma, vedendo che mi aspettava. Il volto visibilmente preoccupato e la gamba che tremava incessante, come impaziente di sapere qualcosa.

Gli rivolsi un sorriso per fargli capire che andava tutto bene, e lo vidi distendere i muscoli del viso.

"Cindy sta bene, l'ho portata a casa. Però sai che non dispongo più dei soldi disponibili per tirarti fuori nel minor tempo possibile" affermai mettendomi a sedere.

Lo vidii annuire, riportando gli occhi su di me.
"Era questo che volevo sentire. Dovrai allontanarla da Miami, e ancor di più non dovrai dirgli dove sono, non sopporterei sapere che soffre per causa mia" mi fece notare, vedendo come si passò una mano su i capelli come agitato.

"Se ho imparato a conoscerla, sai che è testarda. In un modo o nell'altro verrà a saperlo" sussurrai mettendolo in guardia.

Annuì per la seconda volta, poggiando i gomiti davanti al vetro.
"Lo so. Alex è venuto qui ieri, quando sei andato via. Non so Rudy per quanto reggerà questa balla che gli abbiamo raccontato, sai che è restio a fidarsi e non è uno stupido. In ogni caso sta apportando un piano, se dovessi uscire o meno. Voglio solo che tu tenga Cindy sempre al sicuro. Josh si è trasferito con Sarah, in Kansas. Vi ospiterà lui. Sarete più al sicuro, il tempo necessario." Rivelò Tutto d'un fiato. Picchiettava i polpastrelli agitato sul tavolo.

"Qualunque cosa accada ti prometto che mi prenderò cura di Cindy" lo rassicurai, soffiando fievole quelle parole, mentre i contorni del suo viso si allentavano sempre di più.

Gli porsi un post-it da sotto il vetro, dove scrisse l'indirizzo di Josh. Era sempre stato un suo amico. Quando il locale chiuse conobbe una ragazza ed era andato lontano da lì.
Ripresi il biglietto piegandolo in tasca, alzandomi.

"Ci vediamo presto, ti prometto che troverò un modo per scagionarti" affermai, prima di alzarmi e salutarlo.

Tornai a casa aprendo piano la porta, dirigendomi verso camera di Cindy.
La vidii ancora sul letto con gli occhi chiusi che dormiva beata.
Mi avvicinai sedendomi sul letto piano per paura di svegliarla, toccandole la fronte, rendendomi conto che era fresca. La febbre era passata per fortuna.

Mi stavo per alzare, quando la sentii mugugnare qualcosa, rimasi impalato.

"J...James" sussurrò piano, con le palpebre chiuse.
Restai fermo sperando che si riaddormentasse, ma la vidi girare la testa. Aveva un po' di sudore che gl'imperlava la fronte corrugata. Probabile che stesse facendo un sogno.

"James ti prego" ritentò a chiamarlo.
Le presi la mano scostando le lenzuola, stringendola tra la mia.

"Cindy, non sono J..." Non mi fece finire di parlare che strinse più forte la mia mano quasi affondando le unghia dentro la carne.

"Baciami ti prego" chiese dolcemente, vedendola dischiudere le labbra.

Ingoiai un magone, sentendo il desiderio salire, ma dovevo respingerla. Non era me che voleva, e non era lucida.

Mi avvicinai di più al suo viso, piegandomi su di lei.
"Cindy, io non..." Non riuscii a proferire un' altra sillaba, che le sue labbra si avvicinarono di più alle mie, sfiorandole.

"Baciami ho detto" asserì. Le accarezzai il contorno del viso con una mano, facendo combaciare le nostre labbra, dolcemente.
Le presi il labbro superiore tra le mie labbra, lasciandogli sfuggire un gemito, che mi mandava brividi.
Insinuò la sua lingua dentro la mia bocca, con una delicatezza capace di ridurmi in cenere.
Stavo bruciando come lava dentro la sua bocca, mentre scariche elettriche si riverberavano dentro di me come una linfa necessaria.
Sentivo il suo bisogno repellente, di avere di più.
Insinuai le dita tra i suoi capelli, ed anche lei fece così con me, attirandomi di più verso la sua bocca inarcando la schiena.

Era tutto troppo passionale, ed avevo paura di non sapermi fermare.
Mi staccai in affanno, e spaventato. Non dovevo baciarla, non avrei dovuto cazzo.
Mi toccai le labbra incredulo, togliendomi la giacca buttandola a terra, passandomi una mano su i capelli frustato, alzandomi dal letto, camminando per la stanza maledicendomi.

Mi rigirai verso il letto. Misi le mani su i fianchi, quando la vidii aprire le palpebre, sbattendo le ciglia più volte.
Aveva ancora le labbra arrossate e gonfie, gli occhi lucidi, e la pelle splendeva.
Era di una bellezza da uccidere.
Sentivo il cuore rimbombare, tra ciò che volevo e ciò che non avrei dovuto e non potevo.

Abbassai il viso, passandomi una mano tra i capelli tirandoli in avanti.

"L...Luke?" Domandò in un sussurro, come se non capisse.

"Ciao Cindy" accennai, avvicinandomi Cauto.

"Io...dove sono?" Girovagò con gli occhi in cerca di qualcosa di familiare, riportandoli su i miei, guardandomi come se aspettasse una risposta.

"Sono io il ragazzo che ti ha comprato ieri sera all'asta Cindy" rivelai, vedendola tirare un sospiro di sollievo ma subito dopo corrucciarsi.

"Questo vuol dire che potrai fare di me ciò che vuoi?" Chiese quasi spaventata o come se aspettasse una conferma, tirandosi su piano con la schiena poggiando i palmi al lato del letto per darsi la spinta.

Scossi la testa.
"No sei al sicuro" la rassicurai, avvicinandomi ancora. Prendendo una sedia mettendomi di fronte al letto.

Girò il viso annuendo.
"Mi hai guarito?" Chiese gettando un'occhiata al comodino con le medicine.

Annuii, vedendola ringraziarmi con lo sguardo.
"Dovresti mangiare, vado a preparare qualcosa" dissi, alzandomi dalla sedia avviandomi alla porta.

"Aspetta" mi bloccai con la mano sulla maniglia, vedendola scostare le lenzuola a fatica.
Abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro.
Un gesto perfetto che la rendeva sexy ed impossibile.
"Ti ho baciato vero?" Più che una domanda era un'affermazione.
Si toccò incerta il contorno delle labbra rosee, quasi timorosa.

"No" dissentii vedendola tirare un sospiro di sollievo, che invece per me sembrava una pugnalata, ma infondo non ero nessuno per lei.

"stavi facendo un sogno, chiamando un nome, James" le rivelai, vedendola sgranare gli occhi rattristandosi, mentre chiusi la porta, dirigendomi in cucina.

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