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Pov. James

Non mi aveva guardato, teneva lo sguardo inchiodato al pavimento, quello sguardo vuoto di chi è deluso e non ha più niente da mostrare. Il dolore mi dilaniava, di non saperla più mia, di averla persa, ma non l'avrei lasciata sola, l'avrei salvata, a costo di rinunciare al suo amore donandolo a qualcun'altro.

La macchina sfrecciava con alla guida un amico della combriccola di Rudy, mentre ero adagiato dietro guardandomi con lo sguardo divertito dallo specchietto. Gettai un'occhiata alla ferita fasciata, non sentivo più dolore, la soglia di sopportazione si era alzata da quando avevo lasciato Cindy immune e priva di difese nelle mani di quel bastardo.

Mi addormentai gettando la testa all'indietro, cercando di non pensare a nulla e a dove sarei finito, non era quella la mia preoccupazione. Le colpe pesavano come massi, e non sarei mai riuscito a spostarli.

Lo stridulo delle gomme sull'asfalto mi fece sobbalzare, alzando di scatto la testa sentendo lo sportello aperto con violenza.
Due mani forti che mi prendevano buttandomi sulla superficie bagnata dell'asfalto consumato di una cunetta piena di acqua sporca di fango.

"Fai un buon ritorno a casa" si raccomandò beffardo quest'ultimo, mentre rientrava in macchina vittorioso, di una partita che non avrebbe vinto.

Mi alzai, con la gamba tremante, mentre cercavo di orientarmi su dove fossi.
I miei occhi sembravano una bussola mal funzionante.
Camminai per chilometri non curandomi della ferita, ma solo con il pensiero di arrivare a casa per chiamare L'unica persona che forse poteva togliermi dal mucchio di merda in cui mi sentivo sepolto.

Camminai per circa 1 ora, stremato e quasi privo di forze, raggiungendo il vialetto di casa con la vista offuscata. Mi ridestai solo quando vidii una macchina della polizia, corsi veloce dentro casa, per controllare cosa fosse successo.

Il panico mi attanagliava, quando spalancai la porta di casa, ispezionando con occhi attenti, dilatando le pupille, quando vidii i poliziotti salire le scale dello scantinato.
Il primo davanti, un uomo alto e brizzolato, si tolse lentamente le lenti a specchio scrutandomi in volto, gettando un'occhiata al mio aspetto, mentre la mia gola sembrava incapace di formare la salivazione giusta per parlare.

Si fermò vicino a me, srotolando davanti a me una busta trasparente, rivelando una polvere bianca fine all'interno per sventolarmela davanti, facendomi rendere conto di cosa fosse e del perché fosse lì, senza pronunciare neanche una parola, solo guardandomi di traverso con il viso che aspettava sicuramente risposte che io non avevo.

Imprecai in tutti i modi possibili dentro di me, per la testa di cazzo che potevo essere stata.
Mi passai una mano sul volto stanco e la fronte madida di sudore dove alcuni fili di capelli trattenevano goccioline che scivolavano lentissime sulle mie guance, stringendo forte la mano che toccava lo stipite della porta per sorreggermi dato l'accento di debolezza e affanno che avevo assimilato.

"Salve, sono l'agente Donowell, mi hanno segnalato una spedizione di cocaina in questa casa. Lei abita qui?" Chiese civilmente alzando un sopracciglio, avvolgendo nuovamente con calma la busta trasparente fermandola con un elastico lasciato schioccare sul pacco, riportando l'attenzione su di me alzando il mento, per indicarmi che aspettava una risposta.

"Si" riuscii solo a sussurrare, mentre urla soffocate rimanevano ovattate all'interno, senza sorgere.

"Mi deve seguire in caserma" asserii infilando la busta nel retro dei pantaloni, per estrarre le manette, facendomi girare piano.
Non opposi resistenza, non avevo scusanti.

"Come se l'è procurata quella ferita?" Notò mentre il ferro freddo toccava i miei polsi bloccandoli.

"Sono caduto" azzardai come prima cosa, mentre mi rivoltai verso i suoi occhi attenti, mostrandomi rilassato, finché non mi diede una leggera spinta, accompagnandomi fino alla macchina, abbassandomi la testa con una mano delicatamente, mentre mi posizionai dietro, abbassando la testa, poggiando la fronte sul tessuto del seggiolino di fronte a me, imprecando silenziosamente, scuotendo la testa.

Arrivammo nel parcheggio della caserma, sentendo il rumore della portiera aprirsi, mentre l'agente mi aiutava a scendere.
La ghiaia sotto le mie scarpe scricchiolava, e un fremito mi pervase, come se fosse stato tutto cancellato via.

Entrai dentro seguendo l'agente, sentendo ad ogni passo gli occhi delle persone puntati addosso, come se fossi un criminale, attraversando il corridoio silenzioso, prima di essere scortato in una stanza bianca con un tavolo del medesimo colore nel mezzo e due sedie di legno a contornare ciò che sarebbe avvenuto.

"Il Tenente ti farà delle semplici domande, a cui tu darai delle risposte, ti pregherei di essere sincero, ma credo che non ci siano equivoci riguardo a ciò che abbiamo trovato" mi sganciò le manette con la chiave e con quelle parole mi misi a sedere, annuendo, mentre la figura dell'agente Donowell scompariva dietro la porta bianca.

Rimasi a fissare quelle pareti immacolate come se potesse esserci qualche informazione, ormai pensare era diventato pesante come il
Mio respiro, non ne volevo più fare uso, i pensieri mi avevano portato in luoghi dove avevo sempre sbagliato.

Sentii la porta aprirsi scoprendo di fronte a me la figura di un uomo sulla cinquantina andante, con i capelli castani.
Mettendosi a sedere, poggiando gli avambracci sul tavolo, scrutandomi.

"Sono il Tenente Rodney, è arrivata una segnalazione da un numero sconosciuto riguardo il possesso di droga nella sua dimora.
Come saprà il mio agente ha già perquisito la casa trovando una quantità sufficiente perché oggi lei sua qui ad onorarci della sua presenza.
A qualcosa da dire?" Chiese freddo ma tranquillo, corrugando la fronte.

Lo fissai deglutendo, guardando quegli occhi neri.
"Non so come sia arrivata a casa mia quella roba" risposi non curante che fosse un maresciallo, m'importava solo della merda che mi circondava, di Cindy in pericolo, le sue fottute domande poteva ficcarsele nel culo.

Si sporse davanti a me con aria di sfida, facendo un grosso respiro dilatando le narici.
"Se lei non mi dice la verità sa che potrà essere recluso per una pena che va da uno a sei anni, ed un riscatto di 26mila dollari?!" sibilò pacato, cercando di spiegarmi la situazione, picchiettando i polpastrelli delle dita sul tavolo.

Inalai una quantità di ossigeno, per rispondere.
"Senta, gliel'ho già detta la verità. Non so come cazzo ci è finita quella roba a casa mia." Ero stufo della situazione. Sbattei una mano sul tavolo incazzato più con me stesso.

Annuii alzandosi, aprendo la porta per chiamare qualcuno, rigirandosi verso di me, puntandomi un dito contro come avvertimento.
"Spero abbia un ottimo avvocato, e molti soldi" mi liquidò con quelle parole vedendo apparire l'agente Donowell, che mi fece alzare rimettendomi le manette, accompagnandomi nella mia nuova dimora.
Una cella scura e fredda come sarei stato io, ma non prima di aver informato lui. Sarei stato disposto a perdere l'amore di Cindy ma non sarei stato disposto a lasciarla nelle sue luride mani.

Tirai un calcio al comodino di legno al lato del letto sfatto, prima di buttarmi a sedere sopra, prendendomi la testa tra le mani, poggiando i gomiti su i ginocchi.

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