Capitolo XXXIII

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«Stitch. Sul serio, Cloe? Questo mostriciattolo blu è il tuo peluche preferito? Porca peletta, è bruttissimo» dice Kai, puntando l'indice contro il mio adorato pupazzo posto al centro del mio letto.

Alzo gli occhi al cielo e incrocio le braccia al petto. «Come osi insultare Stitch? Quel pupazzo è stato il mio salvatore nelle notti tempestose da quando avevo cinque anni. Lo abbracciavo stretto stretto e non avevo più paura di niente» gli dico, fingendomi offesa.
Amo quel pupazzo, me lo regaló mio padre per Natale. Mio padre... Qualsiasi riferimento a lui al momento mi fa venir voglia di piangere. L'unico pensiero capace di darmi sollievo è la vendetta che presto sarò in grado di avere. Tanya e Fabio pagheranno per quello che hanno fatto. Cancellerò il loro nome dalla storia dell'umanità, farò in modo che nessuno si ricordi più di loro. All'improvviso avverto uno strano formicolio alle mani e la testa comincia a pulsarmi come se stesse sul punto di esplodere. Mi avvicino velocemente al davalsale della finestra e dò le spalle a Kai. Chiudo gli occhi e stringo i denti, cercando di resistere al dolore che via via si intensifica sempre di più. Kai mi richiama più volte, la sua voce è alquanto preoccupata. Vorrei rispondergli ma non posso, non ci riesco. Gli unici suoni che escono dalla mia bocca sono lamenti di dolore. Senza nemmeno rendermene conto, ben presto cado a terra priva di sensi.

Buio. È tutto buio intorno a me. Sento dei brividi percorrermi la schiena e il cuore battermi veloce nel petto. Dove sono finita? Avanzo a passi lenti ed incerti nell'oscurità e cerco a tastoni un qualche interruttore per accendere la luce, ma le mie mani continuano a trovare solamente un liscio e perfetto muro. Mi sembra di essere rinchiusa in una scatola.
«C'è qualcuno? Nonna, sei tu?» dico, aspettandomi una qualche risposta che mi dia speranza di capire dove sono finita.
Dei passi , all'improvviso, squarciano il silenzio assoluto che mi avvolge e capisco di essere più sola.
Qualcuno schiocca le dita e una voce profonda e familiare mi fa quasi rabbrividire «Lux» sussurra.
«Papà» mormoro, voltandomi . Le tenebre vengono subito scacciate via e la luce illumina la stanza. Mio padre sorride e allarga le braccia «Cloe» dice. Io sorrido e fiondo tra le sue braccia, stringendolo forte.
«Papà, mi dispiace tanto per non essere riuscita a salvarti. Sono una pessima figlia, arrivo sempre in ritardo e questa volta l'ho fatta grossa: ho perso te e non c'è possibilità di ritornare indietro» singhiozzo, non riuscendo a trovare il coraggio di guardarlo in faccia. Mio padre mi accarezza la schiena per rassicurarmi e mi bacia la nuca. È un gesto che faceva quando da piccola cadevo e mi facevo male. Mi mancherà da morire...
«Non è colpa tua, piccola. Se le cose sono andate così c'è un motivo. Non tormentarti l'anima, ti prego. Adesso ascoltami attentamente perché non abbiamo molto tempo» dice poi, scostandosi da me per guardarmi fisso negli occhi. Annuisco e mi asciugo il volto con il dorso della mano.
«Dimmi tutto, papà» mormoro.
Lui annuisce e mi stringe entrambe le mani.
«Sei riuscita ad individuare il luogo in cui si trova il ciondolo e , purtroppo, non c'è un modo per farti cambiare idea. So già quello che vuoi fare e giuro che ,se potessi farlo, ti impedirei di commettere questa missione suicida. Essendo morto , sfortunatamente non posso farci più niente quindi sono costretto ad aiutarti» inizia, sospirando affranto. È triste, i suoi occhi sono spenti. Non riesco a rispondergli e con il capo annuisco, dandogli il permesso di continuare il suo discorso.
«L'incantesimo per assorbire la magia contenuta nel ciondolo deve essere fatto a mezzanotte in punto e devi essere proprio tu a pronunciare le parole per dar vita al rituale.
Mi raccomando, dovrai concentrarti sul ciondolo e su di te ... Cerca di non pensare ad altro. Adesso vai» dice, accarezzandomi una guancia.
«Aspetta! Io non so qual è la formula per il rituale» dico, guardandolo perplessa. Lui svuote il capo e sorride «Certo che la sai. È nascosta nella tua mente, non appena vedrai il ciondolo le parole ti usciranno dalla bocca da sole» . Quindi è come se avessi un ricordo bloccato... Dovevo immaginarlo. Annuisco e lascio andare mio padre.
«Prima che me ne vada, volevo solo dirti che non pensavo tutte quelle cose che ti ho urlato contro. Non ero in me, ero furiosa... Io ti voglio bene, non riuscirei mai ad odiarti nemmeno se lo volessi» sussurro, liberandomi del peso di non avergli chiesto scusa prima che morisse. Mio padre sorride «Tesoro, tranquilla. Lo sapevo giá, ma meritavo di essere odiato. Adesso vai, compi il tuo destino» dice stendendo una mano verso di me. Annuisco e chiudo gli occhi «Ci vediamo presto , papà» mormoro. Poi mi sveglio di nuovo.

Insegnami ad amare |#Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora