Capitolo XXXIV

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Mi sento strana, diversa, ma allo stesso tempo mi sento completa. Finalmente sono me stessa.
Questa nuova parte di me un po' mi spaventa, ma è come se allo stesso tempo mi rendesse felice. Ho lasciato Kai disteso sul polveroso pavimento di un cella sotterranea e non riesco a sentirmene in colpa. Insomma, non l'ho ucciso: gli ho rotto il collo perché voleva mettermi i bastoni tra le ruote. Okay, ammetto di essere stata un po' impulsiva ma credo che non ci fosse un'altra possibilità per fuggire se non quella.
Forse è tutta colpa degli influssi che il sangue di Kol mi manda. Sono spietata, lo so. Devo imparare a gestire bene tutto questo potere , o rischio di ferire tutte le persone che amo senza nemmeno rendermene conto.
Mi siedo su di una panchina e sospiro. Credo che sia ora di controllare il mio telefono: sono certa che a casa Mikaelson è in atto una guerra tra fratelli , che ovviamente finirà con qualche daga infilata nel petto di qualcuno.
Sfilo il cellulare dalla mia tasca e lo accendo.
Immediatamente vedo comparire sullo schermo dozzine di messaggi e decinr di chiamate perse. Sospiro e noto che la persona che ha cercato di contattarmi più di tutti gli altri è stata Kol. Kol ... Mi sento uno schifo per quello che gli ho fatto: l'ho lasciato dormiente nel letto convinto che io stessi accanto a lui.
Decido di chiamarlo e ,dopo due squilli, il vampiro mi risponde.

«Dove diavolo sei?» urla quasi esasperato.
Allontano leggermente il cellulare dall'orecchio. Cosa mi aspettavo? Merito di essere trattata in questo modo, non posso essere arrabbiata o offesa.
«A Roma» rispondo semplicemente.
«Non ti azzardare a ...-» comincia a dire, ma io lo interrompo immediatamente.
«È troppo tardi, Kol. L'ho già fatto» dico apatica.
«Come hai potuto ? Perché lo hai fatto? Non hai pensato nemmeno per un secondo a me? Sei un'egoista, Cloe!» grida l'Originale. Nelle sue parole c'è rabbia , c'è disperazione.
«Hai ragione , sono un'egoista ma sappi che ho pensato a te per tutto questo tempo ed è proprio perché ti amo che ho preso questa decisione!» affermo, sentendo delle lacrime rigarmi le guance.
«Se veramente mi amavi, non mi avresti lasciato su quel letto con uno stupido pezzo di carta a darmi il buongiorno!» sibila Kol, conficcandomi un pugnale nello stomaco.
«Giusto, Kol. Non ti amo e , come puoi vedere, sto per porre fine alla mia vita per te. Ci vediamo all'Inferno» rispondo, concludendo la chiamata. Infilo di nuovo il telefono in tasca e mi lascio dominare da un crisi di pianto. Sono a pezzi, sono stata sbriciolata.
Solo adesso mi rendo conto che cosa significa amare qualcuno così tanto da essere disposti a dargli addio... E solo adesso riesco a comprendere le frasi dei libri che tanto amo .
Ora come ora me ne viene in mente una in particolare .

"Il bambino non pianse mai più e non dimenticò mai ciò che aveva imparato: che amare significava distruggere e che essere amati significava essere distrutti".

Mi alzo e mi asciugo le lacrime. Devo farmi forza, devo andare avanti. Respiro profondamente e chiudo gli occhi. Questa è stata l'ultima volta che ho pianto. Devo andare a New Orleans e distruggere Tanya. Voglio vedere Fabio in ginocchio davanti a me e desidero ardentemente sentirlo pronunciare inutili preghiere affichè non lo uccida. Voglio vendicare mio padre e i miei nonni e , soprattutto, voglio vedere il sangue dei miei nemici sui miei abiti. Riapro gli occhi e comincio a camminare a passo svelto verso un angolo ben nascosto dove nessuno possa vedermi, ma una risata maligna mi costringe a fermarmi. Quella risata ... Mi suona familiare. L'ho già sentita da qualche parte.
Mi volto lentamente e mi ritrovo a pochi metri di distanza da un ragazzo con gli occhi più azzurri del ghiaccio.
«Non stai passando una delle più belle serate della tua vita, vero? Adesso preferiresti sicuramente essere a casa a baciare quell'idiota del tuo ragazzo e vivere una lunga e felice vita insieme a lui, non è così?» parla l'individuo.
Adesso mi ricordo di lui? Come fai a dimenticarti la faccia dell'uomo che ti pugnala con la speranza che tu muoia?
«Jack Red. È un piacere per me rivederti» lo saluto, sfoggiando un falso sorriso.
Lui risponde inarcando un sopracciglio.
«Anche per me, Cloe Amato. Oh, aspetta, temo di aver sbagliato nome. Tu sei Clara Amato» sorride Jack, avanzando di qualche passo verso di me. Incrocio le braccia al petto e lo guardo inespressiva. Tutto ciò che desidero fare ora è staccargli la testa dal collo.
«Che diavolo vuoi da me? Ho da fare, non posso perdere tempo dietro ad un pagliaccio manovrato da una strega bionda ossigenata» dico fredda, guadagnandomi una risata divertita da parte dell'eritico.
«Caspita, sei davvero cambiata . Il potere del ciondolo ti ha resa una belva. Mi piacciono le ragazze cattive» commenta, sfoggiando un sorrisetto di quelli che spesso sono dipinti sulle labbra di Kol.
«Motus!» dico, stendendo il palmo della mano verso di lui e facendolo schiantare addosso alla parete. «Stai lontano da me» sibilo, guardandolo storto.
«A quanto pare , odi gli eritici da morire. Immagino che anche Kai abbia ricevuto lo stesso brutto trattamento che sto subendo io adesso. L'ho trovato a terra con il collo rotto, povero ragazzo. Immagino che sia opera tua» dice Jack, alzandosi da terra e mostrandomi i canini sporgenti. Non ho paura di un paio di zanne, ne ho viste di più lunghe e letali.
«Che cosa gli hai fatto?» gli chiedo , rendendomi conto di ciò che ha appena detto. Probabilmente ci stava già seguendo da un po' ed ho paura di ciò che gli potrebbe aver fatto.
«Oh, tranquilla, tesoro. Non gli ho fatto niente di male. L'ho solo spedito a New Orleans» dice scagliandosi contro di me.
«Occulto!» grido, scomparendo dalla sua vista.
Jack si guarda intorno, spaesato e cerca di rompere l'incantesimo che ho lanciato.
Merita di soffrire, di soffrire come un cane.
«Phesmatos incendia» sussurro, facendo comparire un cerchio di fuoco intorno all'eretico.
«Dove diavolo sei?» urla Jack, non muovendosi di un passo. Sorrido e mi materializzo davanti a lui, sorridendo crudele.
Gli infilo una mano nel petto, proprio dove si trova il suo cuore , e rompo l'incaresimo di occultamento.
«Proprio qui, Jack» sussurro, strappandogli quel viscido organo vitale dal suo petto prima che possa dire qualcosa. Il suo corpo cade a terra con un tonfo sordo e io getto tra le fiamme il suo cuore. Dò fuoco al corpo ormai grigio dell'eretico e sorrido.
«Nessuno puó intralciare il mio cammino» sussurro , andandomene via.
Ho appena compiuto un omicidio, ma non provo alcun rimorso. Sfilo un candido fazzoletto di carta dal mio pecchetto e mi pulisco la mano insanguita.

Insegnami ad amare |#Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora