17. #Un vampiro a scuola

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L'idea folle che mi sta frullando per la testa inizia a farmi dubitare della mia sanità mentale, per davvero sta volta. Ci scherzo sempre su ma talvolta non sono sicuro di essere psicologicamente stabile, non che io sia pazzo ma ci arrivo piuttosto vicino.

L'unica cosa certa è che qualcosa mi sta sfuggendo e ormai mi è piuttosto chiaro che centri quella lupa in tutto questo. Quelle bestie, i draken, sono in qualche modo collegati a lei e ora ho davvero intenzione di scoprire perché. Sono rimasto ai margini della questione anche fin troppo, amo risolvere le equazioni, sono piuttosto bravo e risolverò anche questa.

Ogni dove va lei la seguono, che sia in forma di lupa o umana non fa differenza e voglio davvero capire il motivo, cosa li spinge a seguirla in quel modo.
Poi lei, beh quella stronzetta continua a infestare la mia mente come uno spirito, senza ritegno, senza lasciarmi spazio nemmeno nei sogni.

La sogno spesso si, lo ammetto.

Cerco di distrarmi, di pensare ad altro, ci provo davvero, ogni volta ma il suo ricordo e il suo odore sono ben stampati nella mia mente. Incisi a fuoco dentro la mia testa, non ha nemmeno senso provare a depistare la mia mente. Ormai mi sto arrendendo.

Lei è un pensiero fisso.

Solaya.

Sospiro ricordando perfettamente quando la sua lupa è mutata davanti ai miei occhi, lasciandomi di stucco e con una bambolina tra le mani. Il suo corpo, nudo, bagnato e completamente indifeso, il solo ricordo mi fa fremere di desiderio.

SAMUEL! Adesso fai pure pensieri erotici su un lupo?

Come uno schiaffo la mia coscienza tenta di riportarmi sulla retta via. Sorrido quasi spontaneamente. La mia parte vampiro è quasi schifata dai miei pensieri. Ma io sono uno e l'altro. E poi sono stato davvero un cavaliere con lei: ho guardato, poco, e non l'ho toccata nemmeno con un dito. Ho solo afferrato la coperta e l'ho appoggiata delicatamente sul suo corpo. Mi pento di non essermi fermato ad osservarla ancora un po'.

Ha qualcosa di.. speciale. Di.. diverso.

Qualcosa che mi attira.

I miei pensieri subiscono un cambio di rotta virando sull'omicidio che è avvenuto dentro la scuola. In quella precisa scuola e io devo captare qualche informazione in più per vederci chiaro.
Inclino la testa di lato osservando la sveglia sul comodino di legno. Sono già le sei e quarantacinque. È ora di entrare in scena.
Faccio una doccia bollente per lavare via ogni distrazione. Lei compresa. Devo andare in quella scuola e capire cosa sta succedendo.

Indosso una semplice maglia nera, una felpa e dei jeans chiari.

Niente di troppo invadente o facile da ricordare, piuttosto anonimo.

L'edificio davanti ai miei occhi non ha niente di spettrale o che faccia pensare a qualche omicidio. Ragion per cui è invaso da studenti di ogni età che gironzolano per i parcheggi chiacchierando. I corridoi si stagliano per tutto il perimetro, ognuno ha il suo colore in base alla classe. Beh, non è poi così male. Riesco a trovare la presidenza con facilità.

«Posso aiutarla?» domanda una donna sulla cinquantina piuttosto baffuta e buffa. «Si, ho un incontro con il preside, e il modulo compilato.» aggiungo appoggiandolo sulla scrivania. «Prego.» la donna bussa alla porta dove è affolla la targhetta con scritto "PRESIDENZA" a caratteri cubitali. È quasi buffo essere in un posto del genere.
«AVANTI!» la voce è maschile. L'uomo si alza porgendomi la mano prima di afferrare il modulo dalle mie mani. Gli porgo anche le carte che attestano e dichiarano la morte dei miei genitori. Oltre a dichiarare di essere il tutore legale di me stesso. Il preside mi osserva al di sopra degli occhiali che indossa. «Povero ragazzo non te la passi tanto bene non è così?» gli sorrido. Non è umano. Lo percepisco. Così azzero totalmente la mia aura. «Si va avanti signore e lo studio per me è l'unico modo di non pensarci.» farei pietà a chiunque.

OLTRE OGNI CONFINEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora