Capitolo 15

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Una foto. Una sola foto. Quella foto mi rovinò la giornata. Perché non me l'aveva detto? Perché mi aveva tenuto tutto nascosto? Sapeva che io prima o poi venivo a scoprire tutto. In un modo o nell'altro la verità viene sempre a galla. E quella verità venne a galla nel modo più orrendo possibile. Avrei voluto urlare dalla collera in quel momento, ma non ci riuscii. La voce mi era morta in gola. Non me lo aspettavo. Eppure Jen mi aveva detto tante volte di stare attenta e io glielo avevo promesso. La vendetta di Lucrezia si era compiuta senza che io ne sapessi assolutamente nulla. E questo mi faceva innervosire ancora di più. Rendeva tutto più 'viscido'. Quella maledetta foto rappresentava Luca e Lucrezia che si baciavano appassionatamente durante una festa. Intanto Jen doveva avermi fatto una domanda, che io ovviamente non avevo ascoltato a causa del mio estraniamento emotivo, perché mi scosse. Fu come far uscire la testa fuori dall'acqua quando finalmente riesci a risalire dal fondale oppure come essere svegliati di soprassalto quando si sta facendo un sogno. Ma quello non era un sogno, era la dura realtà. Quella che a volte ti punisce, quella che a volte ti volta la faccia per darti le spalle quando pensavi che stesse andando tutto bene e ti rendi conto che quel 'tutto bene' non é mai esistito, non esiste e non esisterà mai.  Uscii da quello stato di trance in cui ero entrata e chiesi a Jen di ripetersi ciò che aveva appena detto, ma lei non mi rispose. Mi guardò in viso come se mi stesse facendo una radiografia. Appena ebbe finito mi disse: "Jess stai bene?" e io: "Beh, sì dai..." Stavo sudando freddo senza neanche sapere perché. Jen appoggiò la mano sulla mia fronte e poi sulla sua.
"Jen. Stai sudando. Non stai bene. Che hai?"
La mia mano si mosse senza che il mio cervello le desse il comando per farlo e portò nella visuale di Jen il suo cellulare. Lei lo scansionò visivamente e inizialmente non capì perché io glielo avessi mostrato. Poi aprì la bocca, non sapeva neanche lei per dire cosa. Quindi la richiuse, inspirò profondamente e parlò tutto d'un fiato: "É uno stronzo"
Poi mi guardò negli occhi per cercare di decifrare attraverso la mia espressione i miei sentimenti e quello che provavo in quel maledetto momento. Io ero impassibile. Fissavo un punto imprecisato oltre Jen. I miei occhi non mostravano alcuna espressione, era come se una cortina di ghiaccio avesse avvolto i miei occhi escludendo le mie emozioni dal mondo esterno. In quel momento Jen pensò che volessi uccidere qualcuno, o meglio che io stessi guardando chi volevo uccidere. Non mi aveva mai visto così. Non era gelosia, non era rabbia, non era tristezza, non era delusione. Il nulla più totale, il vuoto. I miei occhi erano come due buchi neri. La mia migliore amica era quasi spaventata da quello che vedeva davanti a sè.
Due secondi dopo io spostai il mio sguardo da quel punto imprecisato a Jen e le dissi: "Lui non é degno di me. Ormai é finita tra noi. L'avevo avvisato. Nessuna spiegazione gli permetterà di essere perdonato. Nulla. Assolutamente nulla. "
Non avevo lacrime da piangere perché lui non ne era degno, non avevo voce da sprecare per uno come lui, non avevo tempo per ascoltare le sue menzogne, non avevo più tempo da sprecare con lui. Non avevo già sprecato troppo.
Jen mi abbracciò, capii che voleva sostenermi in qualche modo in quella situazione difficile, io ricambiai, ma anche lì non piansi, ma parlai con voce più dolce di quella che avevo usato prima: "Jen grazie"
"Per cosa Jess?"
"Tu me lo avevi detto e io avrei dovuto ascoltarti. Ma ormai quello che é stato é stato e io ho chiuso con il passato". La mia voce era decisa, la mia mente era decisa, io ero decisa. Ancora una volta in quella giornata Jen si stupì del mio comportamento. Percepiva quel pizzico di durezza e rigidità che c'era nella mia voce, ma per il resto le mie parole erano dolci, quasi consolatorie. Ma lei mi conosce bene e sapeva che quella sensazione era solo una maschera di qualcosa di più complicato. Tornò a guardarmi negli occhi e mi disse: "Lo sai che, se hai bisogno di me, io ci sono, sempre" calcò soprattutto l'ultima parola. Lo sapevo, lo sapevo benissimo. Lei sarebbe rimasta anche quando altre persone se ne sarebbero andate. Così la rincuorai dicendo: "Tranquilla, io sto bene. Adesso torniamo a fare i compiti". Lei non sembrava comunque rincuorata, però lasciò stare. Non voleva rigirare il coltello nella piaga, anche se io non ne varei sofferto comunque più. Era come se avessi chiuso il mio cuore.
Il resto della giornata trascorse relativamente in modo tranquillo. La questione non ci sfiorò più almeno per quel giorno.

19 ottobre

Non volevo incontrare mai più Luca. Ma questo non era evidentemente possibile. L'unica alternativa che mi rimaneva era quella di ignorarlo, ma prima di fare questo avrei dovuto spiegargli il perché di quello che avrei fatto. Questo era decisamente un problema. Parlare con chi ti ha ferito di quello che ti fa soffrire é difficile. Ma come tutte le cose che avevo passato, avrei passato anche questa e l'avrei archiviata nei file da dimenticare della mia vita.
Così quella mattina non lo aspettai. Non ne avevo più ragione.
Quando ormai ero già a scuola, mi scrisse e io non gli risposi.
Arrivò a scuola in ritardo e quando entrò in classe, mi guardò come per chiedermi cosa fosse successo. Io lo guardai come se fosse una persona qualunque e lui, appena se ne accorse, mi fece segno che avremmo dovuto parlare. Mi ero già ripassata tutto ciò che volevo dirgli. Lo feci ancora un paio di volte e poi cercai di ascoltare la lezione. 
A fine lezione Luca si alzò dalla sedia, venne da me e mi chiese: "Tutto ok, tesoro?"
Io inspirai profondamente e dissi con voce fredda: "Dovresti sapere che cosa c'è che non va"
Lui mi guardò storto, si passò una mano tra i capelli guardando verso il basso come per cercare di ricordare di che cosa potesse trattarsi, dicendo: "Devo essermi perso qualcosa"
"Non qualcosa, qualcuno" la mia voce era decisa, ma dentro di me stava iniziando un temporale.
"Qualcuno? In che senso?" questa volta aveva alzato gli occhi e mi stava guardando dubbioso.
"Hai perso me" quella frase suonò come un giudizio immutabile.
Nel suo sguardo vidi il più completo smarrimento. Non capiva cosa fosse successo. E per questo mi chiese ancora mettendomi le mani sulle spalle: "Jess, come ho fatto a perderti? Dimmi cosa ho fatto di male e io mi scuserò con te"
"Davvero non sai cosa sia successo? Pensi forse che io sia stupida? Ebbene non lo sono. Ho scoperto che tu hai baciato Lucrezia. E beh adesso é finita tra noi due. Te l'ho detto più volte che non volevo essere presa in giro. Dovevo capirlo prima che tu non facevi sul serio e invece ho chiuso gli occhi. Ma ormai é successo ed é meglio adesso che mai" a quel punto feci per andarmene, ma lui mi prese il braccio.
"Jess io te lo giuro: io non ho fatto niente, io non ho baciato Lucrezia e se l'ho fatto, é avvenuto due anni fa. Io non ti ho mai tradita! E come fai a dirlo? Perché non ti fidi di me?"
Io gli presi il telefono, andai su Facebook e gli feci vedere la foto. Appena la vide sgranò gli occhi e disse: "Ma non é possibile! Io non l'ho baciata! Io non sono andato da nessuna parte con lei!"
"Non negare l'evidenza" lo guardai fisso negli occhi e notai sconforto. Non mi guardava più ed ebbi la certezza di quello che aveva fatto. Andai via e questa volta non mi fermò. Jen era rimasta a guardare la scena e mi venne incontro abbracciandomi. Io non ricambiai l'abbraccio e lei capì che non era il momento, che volevo stare sola. Infatti andai a sedermi sul mio banco, ascoltai un po' di musica e chiusi gli occhi come a voler relegare il mondo al di fuori delle mie palpebre.
Finita la scuola Jen decise di accompagnarmi a casa, ma io la convinsi a lasciarmi da sola.
Quando entrai in metro, andai a mettermi in un angolino e mi misi ad ascoltare la musica. Le canzoni che lasciai ascoltare alle mie orecchie mi comunicavano rabbia, delusione, tristezza e tutte quelle emozioni che avrei potuto provare in quel momento. In realtà la musica era solo una colonna sonora per l'altro mondo in cui era la mia mente. Quel mondo era super partes. Un buio infinito lo dominava. Tutto quel piccolo universo scomparve quando qualcuno mi scosse. Era già successo. E come quella volta, la sensazione fu quella di uscire dall'acqua, ma la mia reazione a quello che vidi davanti a me fu completamente diversa.

Ebbene sono tornata con un nuovo smagliante capitolo. Ovviamente il lieto fine non poteva esserci tra i nostri due sfortunati amanti la cui relazione adesso é spiacevolmente terminata. La faccenda in realtà é un pelino più complicata di così perché adesso entreranno in gioco i personaggi che per qualche capitolo si sono assentati fisicamente, li abbiamo solo nominati.
Grazie a tutti per visualizzazioni e per i voti e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

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