(capitolo 6) Perdono

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Il giorno dopo Lexa di buon'ora andò a bussare alla porta dell'alloggio di Clarke.

Quando Clarke aprì rimase sorpresa di vedersi Lexa davanti e disse "comandante...", ma non proseguì.

Lexa notò subito la differenza Clarke l'aveva appena chiamata comandante, (raramente l'aveva chiamata così) e non Lexa come aveva sempre fatto.

Lexa non disse nulla al riguardo si limitò a chiedere "posso entrare?". "certo" rispose Clarke mentre la invitava ad entrare con un gesto della mano.

Poi mentre si richiudeva la porta alle spalle disse "non mi aspettavo una visita, perché è qui?" chiese.

"dammi del tu Clarke, siamo sposate te lo sei dimenticata?" disse. "no, io non l'ho dimenticato, e tu? Tu invece? l'hai dimenticato?" chiese Clarke guardandola dritto negli occhi.

"Clarke non sono qui per litigare" rispose Lexa. "ah no? Perché sei qui? Che cosa vuoi?" chiese. "te, VOGLIO TE" rispose Lexa ricambiando il suo sguardo.

Clarke la guardò non se l'aspettava, a quelle parole il suo cuore prese a battere così forte nel suo petto. Avrebbe voluto buttargli le braccia al collo e baciarla fino a perdere il respiro. Avrebbe voluto tanto baciare quelle labbra, quelle labbra rosee, dolci e morbide che adorava tanto. Gli era mancato baciare quelle labbra, ma non poteva. "non posso" disse quasi in un sussurro. "Lexa non posso", ripeté.

Lexa capì cosa intendeva e disse "sono qui anche per lui", proprio in quel momento come se si fosse sentito chiamare il bambino scoppiò a piangere.

Clarke corse da lui e lo prese in braccio "cosa c'è piccolo?" chiese al bambino urlante.

Quando Clarke lo prese in braccio per farlo calmare, lo sguardo del bambino ricadde sul viso di Lexa, all'improvviso il bambino smise di piangere.

"ah però, mi sa che gli piaci" disse rivolta a Lexa. Poi aggiunse "scusami ma lo devo cambiare".

Mentre Clarke mise il bambino sul tavolo e prendeva l'occorrente per cambiarlo, il bambino si mise a piangere di nuovo.

"Lexa non è che potresti distrarlo mentre io lo cambio?" chiese. "certo" rispose Lexa che poi si mise accanto a Clarke e si limitò a guardare quel bambino così piccolo, indifeso e spaccatimpani, pensò.

Lexa rifletté, era stata una stupida si stava di nuovo perdendo nel dolore, quando li c'era qualcuno che desiderava solo essere amato.

Ma come Lexa si avvicinò il bambino fu di nuovo rapito da quello sguardo magnetico e smise di nuovo di piangere.

Mentre Clarke toglieva il pannolino sporco, Lexa fece una smorfia "oh...ma cosa gli dai da mangiare Clarke?" chiese. Clarke rise e disse "tranquilla è normale".

Poi mentre lo puliva disse "però mi sa che qualcuno ha fatto colpo, guardalo non ti toglie gli occhi di dosso".

Poi si girò verso Lexa "aspetta, aspetta ma è rossore quello che vedo sulle sue guance mio comandante?" chiese prendendola in giro.

Poi mentre finiva di cambiarlo aggiunse "hai visto piccolo cosa hai fatto? Sei riuscito in una impresa impossibile, hai fatto arrossire il comandante". Poi lo prese in braccio e si girò verso Lexa.

"Venite a stare a palazzo" disse Lexa di punto in bianco. Poi aggiunse "posso farvi avere una stanza tutta per voi".

Clarke la guardò, era chiaro Lexa stava cercando una seconda possibilità. Clarke sapeva che quel giorno sarebbe arrivato. Lexa aveva solo bisogno di tempo, ma prima o poi si sarebbe resa conto qual era la cosa giusta da fare. Lo sapeva sempre.

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