Capitolo 1

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L'unica cosa che riesce a farmi definitivamente svegliare è l'odore dei pancake che cucina mia madre il lunedì mattina, dice che così la mia settimana si addolcirà. Mi alzo dal caldo letto, apro la piccola finestra rettangolare per far passare un po' d'aria e scendo dalla mansarda.

Può sembrare strano ma la mia camera è una mansarda; è all'ultimo piano della nostra abitazione. E' un po' grande per me e mia madre ma lei dice che vuole rimanere qui perché è come se fosse il suo rifugio ed ha tanti ricordi tra queste quattro mura. A me non dispiace perché di fronte ho il bosco e mi basta attraversa la strada per raggiungerlo. La nostra casa è l'ultima di una serie di abitazioni a schiera, siamo leggermente fuori città, non in periferia ma neppure nel caos trafficato.

A mia madre non è mai tanto piaciuta l'idea che la mia camera fosse la mansarda, sia perché non avrei dormito al suo stesso piano, nella stanza di fronte la sua, e sia perché in questo modo le avevo tolto uno spazio in cui poter accumulare vecchie cose che non si usano più. Alla fine però l'ho avuta vinta io, ho fatto rivestire le pareti di legno, il tetto è leggermente inclinato verso il letto e la finestra e mi ricorda tanto una piccola casetta di montagna. È come se fosse la mia piccola tana.

Scendo le scale molto velocemente per poi fiondarmi sulla sedia e assaporare il pancake di fronte a me.

"Buongiorno mostriciattolo!" esclama mia madre. Mi chiama così da quando sono piccola, è un nomignolo affettuoso. O almeno spero.

"Buongiorno!" biascico mentre mangio.

"Non si mangia con la bocca piena! Animale!" ride.

Per essere un lunedì mattina è molto allegra, con la sua vestaglia legata in vita ed i capelli leggermente spettinati, mi trasmette una sensazione di amore e calore che mi tranquillizza. La sua felicità riguarda sicuramente Phil.
Nonostante stiamo insieme da qualche anno e siano adulti e vaccinati, lui non vive con noi: è stata una scelta della mamma.

"Lo amo ma non mi sento ancora pronta a convivere."

Il bello è che lo dice da almeno cinque anni. Phil è qui a casa molto spesso, non so come faccia a rispettare la decisione della mamma, io non ci riuscirei. E poi...come fa a non sentirsi pronta a convivere dopo una relazione lunga due decenni, un matrimonio ed una figlia?

"Sabato sera Phil mi porta a cena fuori! Ha detto che sarà un locale di lusso, non vedo l'ora!" batte le mani come una ragazzina.

"Mamma calma gli ormoni!" le dico mentre ripongo nel lavandino il piatto ormai vuoto.

Cammino verso il bagno e nel frattempo la sento ridere. Lavo la faccia e i denti poi guardo il borsellino dei trucchi appoggiato su un mobiletto affianco il lavandino. Alzo le spalle, in fondo un po' di trucco non mi farà male. Traccio due linee spesse con l'eye-liner, passo il mascara sulle ciglia e vado a vestirmi.

L'aria di fine settembre accarezza le mie guance, guardo gli alberi davanti a me e mi ripeto "Devo andare a scuola, non posso correre".

L'edificio scolastico è a venti minuti di cammino da casa mia così decido di prendere la macchina che condivido con mia madre: una jeep completamente nera. Cerco le chiavi nello zaino: ci sono. Le faccio girare e parto.

Quasi mi è sembrato sentire mia madre dire:"La macchina mi serve!" Ma oramai sono lontana e non è possibile. A volte mi sembra di sentirla anche durante le giornata.

Cerco di non pensarci mentre la parcheggio nel cortile della scuola. Una folata di vento mi scompiglia i capelli (non che di norma siano molto ordinati) e sento un profumo familiare alla vaniglia nell'aria: è lei, non ci sono dubbi.

"BUONGIORNO! Come è andata la domenica?" Mi domanda Lydia. Osservo i suoi occhi verdi perfettamente truccati.

"Parli come non ci fossimo viste, ci siamo incontrate ieri mattina per ripassare biologia Lydia...l'altra parta di giornata senza di te è andata bene!" ironizzo ridendo.

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