Capitolo 34

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I'm pretty when i cry

Lana Del Rey




Saranno diversi minuti che stiamo viaggiando in macchina senza che qualcuno si sia azzardato a dire un'altra parola.

Non mi entra assolutamente in testa il discorso che abbiamo appena avuto con suo padre. Perché non vuole che si sappia dove stanno? Quale malato genitore avrebbe il coraggio, se non il suo, mandare la propria figlia in viaggio con una persona praticamente sconosciuta?

Se pensavo di togliermi l'ansia una volta aver parlato con lui, beh... ora mi sento anche peggio e ne ho un milione di domande al posto di mille.

"Dove vuoi che andiamo?" Rompe il silenzio Dylan dandomi una veloce occhiata. "Abbiamo circa quaranta minuti prima che tu possa tornare in comunità." Mi avvisa.

Resto appoggiata sul finestrino a guardare il cielo piano piano cambiare. La California non conosce il brutto tempo, ma quelle poche poche volte in cui inizia a diventare grigio, iniziano a girarmi le scatole che neanche nella fase premestruale.

"Senza offesa, ma non ho voglia di andare da nessuna parte." Dico, chiudendo gli occhi.

Non riuscire a dormire per ore per poi farsi salire l'ansia peggio di prima, assurdo. Devo muovermi io a capire dove cavolo sta, ma non so da dove iniziare.

 "Ally." Sospira. "Di cosa sei preoccupata? Ci ha già detto che l'ha sentita ieri."

Mi giro verso di lui "Non dirmi che ci hai creduto."

"Perché dovrebbe mentire? E' suo padre."

Scuoto la testa per niente d'accordo con lui. Ho una bruttissima sensazione nel corpo e non riuscirò mai a togliermela di dosso fino a quando non l'avrò vista davanti a me.

"Secondo me ti stai facendo tanti problemi per niente."

Alzo le spalle. Io ho un'idea lui ne ha un'altra e non voglio sfociare in una discussione; non ne ho comunque la forza.

Dopo aver girato per molti minuti tra le strade di Los Angeles senza una meta precisa, sono tentata di dirgli di riportarmi in comunità visto che io non sono dell'umore e lui non sa come comportarsi.

"Ci sediamo ad un bar?" Propone dopo il silenzio imbarazzante.

Sospiro. Come faccio a dirgli che non ne ho voglia? Sono solo i primi giorni e i momenti in cui ci vediamo stanno iniziando a diminuire, ma per quanto possa dispiacermi, ora proprio non ce la faccio a passare del tempo con lui. Ho voglia di restare sola e ragionare su cosa fare senza pressioni esterne.

"Ho afferrato, ti riporto in comunità." Mi dice, cercando di non suonare deluso, ma la sua voce non mente mai.

"Scusami." Lo guardo e lui accosta da una parte per poi fare retromarcia.

"Tranquilla." Gli angoli della sua bocca si tirano su con un sorriso forzato.

Mi dispiace davvero, ma è meglio così che fingere di stare con una persona totalmente assente con la testa.

Dopo una decina di minuti arriviamo davanti a quel grande edificio anonimo. Dovrebbero colorarlo, almeno un po'. Visto dall'esterno sembra una vera e propria carcere e beh, visto dall'interno forse anche peggio per quante persone ci sono a vigilare la comunità.

Mi giro a guardare Dylan che ha già spento il motore. "Scusami." Ripeto, sentendomi maledettamente in colpa.

"Non importa." Mi sorride. "Ci vediamo domani, no?"

Ricambio il sorriso annuendo.  "Sei incazzato o qualcosa del genere?"

Scuote la testa. "Avrei voluto passare del tempo con te, ma ti capisco se non sei dell'umore."

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