"Hazel, siamo arrivati!"
Dice mia madre svegliandomi.
Sbadiglio.
"Uh. Vivremo qui?"
Chiedo con un misto di stanchezza e confusione.
Vedo gente che va, gente che viene. Parchi verdi con tanti fiori ed alberi. Persone con i cani, bimbi che s'inseguono.
"Sì Hazel, l'hanno presa in affitto i nostri capi, e ovviamente è pagata da loro. Se ci trasferiamo continuamente è per colpa loro."
Dice mio padre.
"Ah. Sì, vero."
Dico."Prendete i bagagli ragazze."
Dice mia madre.
Appena usciamo dalla macchina prendiamo le valigie e saliamo sopra la nostra nuova casa.
"Wow."
Dico facendo sfuggire la valigia dalla mano.
"È... è tutto bellissimo!"
Dice Amber.
È una casa a due piani. La mia camera è al piano di sopra, e anche quella di Amber. Fortunatamente ognuna ha la sua camera, perché nelle vecchie case litigavamo sempre. Sparivano oggetti, una voleva dipingere la camera di un colore, una di un altro, una voleva invitare le sue amiche, l'altra voleva stare in santa pace (io ovviamente)."Ragazze domani ricomincia la scuola. Andate a vederla!"
Urla mia madre.
"Uff. Ma io sono stanca."
Dico.
"Niente ma, correte. La scuola d'arte è qui di fronte."
Dice mia madre con tono severo, il ché lascia intuire che o lo facciamo, o lo facciamo.
Intanto siamo arrivate a scuola, sotto dittatura di nostra madre.
"È enorme."
Sussurro.
"Scusi, ci potrebbe dare i moduli con gli orari?"
Chiedo ad una collaboratrice.
"Non datemi del lei. Per voi e per tutti sono Dina. Ecco i moduli."
Dice sorridendo.
"Grazie, Dina."
Dice Amber.
Come corsi extra avevo segnato solo ceramica, chissà se ne frequenterò altri...
Appena usciamo Amber dice:
"Io vado a cercare amiche nuove. E spasimanti. Faccio un giro per la città, insomma. Niente ma, chiederò informazioni ai passanti per le strade."
"Okay. Io vado a casa."
Torno a casa. Sono annoiata.Dove vivevo prima non avevo moltissime amiche... in realtà ne avevo solo una, e si chiama Sarah. Mi ha detto di chiamarla, appena arrivata.
La chiamo.
"Sarah! Sono appena arriv-"
M'interrompe.
"Ora che non sei più qui con me lasciami perdere! E la vuoi sapere la verità? La verità è che non ti ho mai sopportata. Come dire... fingevo! Uscivo con te solo perché le altre ragazze avevano già una comitiva. Per me eri solo una ruota di scor-."
Non posso più sentire nulla. Riattacco la chiamata prima che possa farlo lei, senza nemmeno farla finire di parlare.
Scoppio lentamente in un pianto silenzioso. Io fino a poco fa la consideravo un'amica vera. L'unica.
La sola cosa che voglio fare è piangere, forse leggere un libro o fare un disegno, ma soprattutto stare sola.
E allora, dopo lo sfogo, prendo un foglio per disegnarci una bozza, delle tempere e una matita e faccio un giro per la città con le cuffie nelle orecchie, per avere qualche spunto. Scendo giù.
Palazzi, grandi palazzi; semafori, macchine, persone. Tante persone, skateboard, fumo.
Tossisco sentendo l'odore sgradevole di quest'ultimo.
Alzo lo sguardo verso la persona che sta fumando, e trovo di fronte a me un ragazzo decisamente più alto di me, con gli occhi marroni e i capelli scuri.
Il ragazzo mi scruta attentamente.
"Che c'è, vuoi fare un tiro?"
Chiede avvicinandomi la sigaretta.
"Anche no..."
Rispondo con tono secco, scansandomi in modo abbastanza evidente.
"Ci si vede allora."
Risponde continuando a camminare, o meglio dire a ciondolare come se i suoi piedi fossero due pesanti mattoni. Eppure si muove in modo sexy, pur essendo una camminata da ragazzaccio.
Mi immergo nei miei pensieri, pensando che il ragazzo non si è neanche scusato per avermi fumato in faccia!
La mia passeggiata continua con la testa altrove, che mi riporta al ragazzo. Il suo incontro mi ispira, il ché mi porta a fare un disegno tranquilla e sola, come piace a me.
Prendo la matita e inizio a disegnare una bozza, quando noto che è già piuttosto tardi e il buio pesto è alle porte. Mi dirigo a casa senza troppi problemi; ricordo perfettamente (o quasi) la strada.
Fortunatamente ho una buona memoria!"Ho sonno..."
Dico sbadigliando pesantemente.
"Vai a dormire allora!"
Risponde con la sua mentalità geniale mio padre.
"Domani si va a scuola, dai. A nanna bimbe."
"Mamma, quando la smetterai di chiamarci bimbe? Siamo ragazze di 14 e quasi 16 anni!"
Sbuffa Amber infastidita con tono di voce alto.
"Non rispondere a tua madre!"
L'ammonisce papà.
"E allora falla finire! Questa storia mi ha stancata! Lei deve capire che non può chiamarmi bimba davanti alle mie amiche come faceva prima! Non mi va di passare per lo zimbello della città."
Urla Amber.
"I soliti capricci da quattordicenne."
Penso, ma non lo dico per evitare furiose risse.
"Amber hai solo 14 anni, non puoi sentirti già donna vissuta e matura!"
Urla a sua volta mamma.
Nel caos sussurro un
"Buonanotte."
Dato che ormai litigate del genere sono frequenti in famiglia. I miei sono abbastanza stressati, non passano molto tempo con noi e quando lo fanno, dimostrano di non conoscerci bene. Amber è peggiorata nel tempo proprio per questo. Sarà capricciosa all'apparenza, ma in realtà chiede solo disperatamente attenzioni dai nostri genitori.
Salgo dalle scale in stanzetta e mi tuffo sul letto, sperando di chiudere gli occhi velocemente e di sognare tranquillamente.
Spazio autrice:
Salveee. Primo capitolo. Cosa ne pensate? Ah, volevo dirvi che probabilmente non sempre ci sarà uno spazio autrice, poiché sarebbe inutile infilarlo ovunque, anche dove non ce n'è bisogno!
Un bacioo.
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"Il Bacio."
ChickLitDAL CAPITOLO 43: "Lui ti ama. Tu lo ami. Siete però troppo orgogliosi e preferite sbattere di testa al muro mille volte piuttosto che dirvelo. E non chiedermi come ho fatto a capirlo. Guardavo i vostri occhi: avevano voglia di non smettere di guarda...