CAPITOLO TRENTA

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E non abbiamo perso nulla, è ancora tutto in ballo.

Mi aveva pensato per diversi giorni e ora era qui, davanti ai miei occhi, era venuto per parlarmi perché ne sentiva il bisogno. Ma il bisogno di dirmi che cosa?

-Ho paura Marta, ho paura per quanto ti voglio, eppure eccomi qui che ti voglio ad ogni costo. E se ho paura, è perché ho qualcosa da perdere. E tu sei troppo importante perché io ti lasci andare così-

Il mio cuore perde un battito, ha davvero appena detto tutte queste cose bellissime? Ho il terrore di sentire il suono della sveglia distogliermi da queste immagini quasi surreali e farmi tornare alla realtà, distogliendomi dal mio sogno. E non sarebbe la prima volta che succede.

-Ho il terrore di averti già perso e non riesco a non pensarci, ho rovinato tutto baciandoti e lo so, ma non riuscivo a farne a meno-

Sorrido e le farfalle nel mio stomaco si risvegliano. Lui si passa una mano tra i capelli scuri e li scompiglia, mentre gli occhi verdi sono ancora fissi sulle sue mani.

-Guardarti tutti i giorni ridere, conoscerti sempre di più e starti così vicino, mi ha fatto capire che bella persona sei e non dico solo dal punto di vista estetico, ma anche semplicemente essendo te stessa sei fantastica e bellissima-

Non riesco a non sentirmi tra le nuvole, con il terrore che, come ha fatto più volte, poi mi distrugga tutta questa felicità in una sola mossa.

-Ho imparato a conoscerti e ad amarti sempre di più, con il passare del tempo. Mi piace il suono della tua voce e della tua risata, adoro guardarti quando cominci ad impazzire per qualcosa che ti ricorda anche solo vagamente il tuo fandom, ma amo anche il tuo silenzio e i tuoi occhi assorti-

Sto trattenendo il respiro perché ho davvero paura di interromperlo e non sentire tutto quello che ha da dire e che, passo dopo passo, mi lascia ogni volta sempre più senza parole.

-Non riesco a starti lontano, Marta, perché qualsiasi cosa mi ricorda te, anche quello che con te non c'entra nulla. Non riesco a guardare una ragazza senza pensare che vorrei che ci fossi tu al suo posto, proprio non posso starti lontano-

Si avvicina e poggia le mani sui miei fianchi, un brivido mi attraversa e mi sposto di poco come scottata. Lui non capisce il perché delle mie azioni e probabilmente fraintende il tutto.

Si allontana e si dirige verso la porta.

-Riflettici, so che ne hai bisogno. Poi fammi sapere, io ti aspetto-

Detto questo varca la soglia e si chiude la porta alle spalle, lanciandomi uno sguardo come se fosse l'ultimo. Forse aspettandosi che lo inseguissi, che lo fermassi come nei più bei libri o film d'amore. Ma non lo faccio, no, perché questa è la realtà e non lo so se sono pronta a perdonarlo. Ha detto delle belle cose, questo è vero, ma mi ha fatto anche molto male quel che ha fatto prima e non sono ancora pronta a passarci sopra, nonostante quello che provo.

Salgo in camera e mi cambio, sentendo il bisogno urgente di tornare al nostro parco per riflettere e mettere anche solo un po' d'ordine tra tutti questi pensieri nella mia testa.

Indosso dei semplici pantaloni blu della tuta e una felpa molto grande rosa, fuori non fa molto freddo e la felpa è abbastanza pesante da permettermi di uscire anche senza il giubbotto, prendendo con me solo il telefono e le cuffiette.

Lascio un bigliettino alla mamma, avvertendola che sono uscita per una passeggiata al parco e che dovrei tornare in poco tempo. Dopo di che mi avvio verso la mia meta.

All'entrata del parco trovo le tipiche bancarelle di fine novembre, tra poco ci sarà la festa del paese, ma non muoio dalla voglia di andarci. L'anno scorso ci sono stata con le mie amiche, Thomas e il suo gruppo, ma non penso di tornarci questa volta.

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