CAPITOLO DICIOTTO

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All'intervallo mi era venuto a trovare e si era presentato a quell'altra pazza della mia amica Federica, o anche soprannominata Fee.

Come previsto da Anna, lei se lo era divorata solo con lo sguardo e mi ero dovuta intromettere per evitare il peggio. Fede era una ragazza davvero carina, mora e con gli occhi blu, la più alta e slanciata delle tre, spiritosa e divertente, ti trasportava sempre in un milione di risate.

Quando la campanella era suonata mi aveva lasciato un veloce bacio sulla guancia e se n'era andato. Quanto avrei voluto sentire ancora le sue labbra sulle mie, ma era tutto un sogno.

Ero rientrata in classe, con questo pensiero fisso nella testa, mentre le mie amiche mi prendevano in giro per l'espressione che avevo assunto dopo quel piccolo bacio.

Ed ora eccomi qui, in sella alla sua moto, stretta forte a lui. Sento il suo profumo volarmi in faccia e con il vento sbattermi addosso la realtà, nuda e cruda, per quello che è.

Lui non è mio ed è inutile che io continui ad illudermi sul fatto che probabilmente quando lascerà Gaia tornerà da me, perché non è così, quando l'avrà mollata sarà di nuovo libero di stare con tutte le ragazze del mondo.

In un attimo arrivammo davanti a casa mia, non me ne ero nemmeno resa conto. Scesi dalla sua moto, lo abbracciai ed entrai in casa. 

'Ho bisogno di un pomeriggio di shopping, solo noi tre. Devo pensare e con lui intorno proprio non ce la faccio'

Non dovetti aspettare troppo tempo per ricevere la conferma delle mie due ragazze, erano pronte e troppo entusiaste per farmi essere tranquilla. Sapevo che mi ero praticamente condannata al suicidio, anche perché quelle due non erano mai d'accordo su nulla.

Sapevo che, appena arrivate in centro, avremmo dovuto prendere un caffè da Arnold, come prevedeva la prima regola dei pomeriggi in centro, questa scritta da Anna.

Poi avremmo dovuto dedicare il triplo del tempo speso per il caffè nello shopping, come aveva deciso Fee nella seconda legge, e infine saremmo dovute passare al parco, come previsto da me, per sdraiarci sulla nostra collinetta a riflettere su cose esistenziali.

'Aspettaci in giardino tesoro, stiamo arrivando' il messaggio di Anna non tardò ad arrivare e sapevo che avrei dovuto evitare di addormentarmi sul divano, perché non ero lontanamente pronta al pomeriggio infernale che mi aspettava. In che guaio mi ero cacciata?

Misi un paio di jeans neri strappati sul ginocchio e una maglietta a maniche corte rossa decorata sul davanti. Infilai le mie adorate vans nere e mi passai il lucidalabbra. Uscii di casa dopo aver abbracciato Jona. 

Salii in macchina e le mie amiche mi accolsero con un urletto, salutai la mamma di Anna che ci stava dando un passaggio in macchina e poi mi sistemai sul sedile centrale posteriore.

Passammo davanti a casa sua e lo intravidi che sistemava il giardino, la canottiera che faceva risaltare i muscoli e il petto, improvvisamente cominciai a sentire caldo e d'istinto presi il telefono, volevo mandargli un messaggio per ricordargli che, in quello stato, se lo sarebbero prese anche le vecchiette e che quindi doveva coprirsi.

Ancora prima di poter sbloccare il mio cellulare lo sentii staccarsi dalle mie mani e volare via, Anna dal suo sedile davanti si era sporta verso di me e se lo era preso. Cercai di riprendermelo, ma lei me lo sventolò davanti al viso, contrariata.

-no tesoro, questo lo riavrai solo alla fine del pomeriggio- disse sicura di quel che stava facendo e poi si mise il telefono in tasca. Cominciamo bene.

-E come faccio se mi chiama mia mamma?- sperai davvero di averla convinta quando sospirò, ma per mia sfortuna Federica aveva avuto la bella idea di risvegliarsi proprio adesso.

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