Chapter 2.

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Dal capitolo precedente..

Continuavo a fissarmi le converse bianche. Per secondi e secondi, non ne potevo più. Quel silenzio era devastante. E sapevo che mi stava guardando, me lo sentivo. Mi tirai più giù le maniche, sempre cercando di non far caso al ragazzo dai capelli ricci a qualche metro da me.

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"Perché sei qui" sputó acido. Non era nemmeno una domanda.

Però mi spaventó il suo modo aggressivo di parlarmi. Mi avevano detto di cercare di agitarmi il meno possibile, o avrei potuto riavere un attacco di ansia, e non era bello averlo, e neanche da vedere. E non volevo spaventare il ragazzo dagli occhi verdi, Harry credo. Anche se lui mi stava spaventando.. Ma di certo non volevo fare lo stesso con lui.

"Mi hanno dato questa stanza" mormorai, ma era quasi difficile sentirmi.
Ma lui sembrava aver capito, perché si avvicinó. Ma lo fece troppo in fretta, troppo per me.
Non sarei più riuscita a controllare le mie emozioni, e io odiavo perdere il controllo di me stessa, odiavo piangere davanti agli altri. Odiavo far stare male gli altri per colpa mia. Mi odiavo per quello che ero diventata. Una stupida e paurosa ragazza.

Ma lui continuó ad avanzare, chiusi gli occhi pensando al peggio.
Mi fece indietreggiare spingendomi. Solo quel contatto mi fece sentire male. Come un vuoto nello stomaco, un allarme che mi diceva di star lontana da lui, dal pericolo.
Indietreggiai mettendo del distacco tra noi. Sentivo il cuore in gola. I miei occhi passavano dai suoi occhi smeraldo alle sue mani sulle mie spalle che mi spingevano.

" no, no. Sia chiaro, nessuna bambina nella mia vita " Urló la fine della frase, forse pensando che sarebbe stato ultile farmi sentire ancora più piccola e stupida di quel che mi sentivo già.

Con una spinta mi buttó letteralmente a terra, per poi lanciare le mie cose fuori e sbattermi la porta in faccia. Non riuscivo nemmeno a respirare, e il rialzarmi non era nemmeno da prendere in considerazione, non in quel momento.

Le immagini di mio padre mi assalirono la mente, era quasi impossibile farle andare via. Scrollai la testa più volte, aprii gli occhi, li richiusi. Niente.
Lo vedevo lì, con me nel l'angolo della stanza, che mi tirava pungi, ceffoni, calci. Lo ricordavo così bene da poter sentire la stessa nausea di quel momento, ma il dolore non lo sentivo, quello era impossibile da riprodurre mentalmente. Quello era troppo forte.

Cominciai a piangere e singhiozzare, appoggiandomi al muro, avvicinando anche le valigia a me.
Sbattei la testa contro il muro, guardando il soffitto.

" grazie " sussurrai tremante, parlando con un Dio che forse neanche esisteva probabilmente. "Grazie per avermi fatto capire".
Neanche io capivo cosa avessi inteso, c'erano molte spiegazioni. Avermi fatto capire che ero una stupida illusa, che pensava di stare meglio qui, o una ragazzina che pensava ancora di valere qualcosa, o anche solo di avermi fatto capire che non meritavo niente, e che forse era davvero colpa mia, come diceva mio padre.

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Passó chissà quanto tempo, più di due ore di sicuro, quando la porta si riaprì di scatto. Vidi il riccio comparire da dietro la porta, mi sentivo tremare pure le ossa, non riuscivo a muovermi e lui che mi guardava non era di grande aiuto.

" alzati prima che cambi idea " disse nervoso.

Quelle parole mi fecero accelerare il battito, non riuscivo a fare neanche un gesto. Un piccolo insignificante gesto. Con lui lì che mi guardava male sembrava impossibile anche solo respirare.

" veloce alzati! " Urló, facendomi gelare il sangue. Non ne potevo più, avevo solo voglia di nascondermi sotto una coperta e dormire, cosa che non facevo da tempo.

Don't be afraid. || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora