Chapter 9.

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Dal capitolo precedente..

Non mi sentivo a mio agio. Non mi sentivo a casa. Ma ormai nessun posto mi avrebbe più fatto sentire così, probabilmente. Dovevo solo capirlo, accettarlo. Dovevo farlo eppure questa cosa mi opprimeva.
Come avrei potuto continuare a fingere di star bene quando dentro di me c'era la guerra? Come avrei fatto a non cadere? E a rialzarmi? Chi sarebbe stato li con me, pronto a tenermi?

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Ero seduta da quasi un ora su quel divano, immobile. Avevo di nuovo freddo e avevo ormai le formiche alle gambe.
Cercai di alzarmi, ma sembrava impossibile. Ero stata lì per troppo tempo, e la mia stanchezza fisica non aveva intenzione di lasciarmi fare altri movimenti.

Obbligai il mio corpo a muoversi e pian piano mi alzai in piedi, e con qualche passo indeciso arrivai alla mia valigia, che era ancora tutta da disfare-anche se non sapevo dove avrei messo i miei vestiti.
Presi l'intimo, dei leggins neri e una vecchia felpa grigia che mi era stata regalata in seconda media, forse.
Fino a qualche paio di mesi prima non mi sarebbe andata, ma ero dimagrita dalla morte di mia madre, perdendo così le mie poche forme.

Feci un profondo respiro e andai in bagno, chiudendomici a chiave.
Mi tolsi i vestiti di dosso, e senza neanche volere mi guardai allo specchio.
Ero davvero pallida, quasi bianca.
Non ero anoressica, ma di certo qualche chilo in più non mi avrebbe fatto male, anzi.
Ancora molti ematomi erano visibili, cosa che mi fece togliere lo sguardo dallo specchio.
Non solo odiavo il mio corpo, ma dovevo anche lottare contro degli orribili e dolorosi lividi.

Entrai nella vasca -fatta per essere però utilizzata sia come doccia che come vasca- ed aprii il rubinetto lasciando che l'acqua calda cominciasse a scorrere sul mio corpo.
Sentii i brividi ricorprirmi il corpo per il cambio di temperatura, e i muscoli rilassarsi.

Mi feci lo shampoo, mentre continuavo a lottare per non crollare dal sonno, e poi risciacquai.
Dovetti appoggiarmi al muro freddo, per non cadere.

Continuavo a pensare, e io odiavo farlo.
La pressione dentro la mia testa era a mille, e mantenere il controllo sembrava sempre più difficile.
In quei giorni non avevo fatto altro che fingere- di star bene, di sorridere. Era tutto falso e non c'è la facevo più.
Tutto ciò di cui avevo bisogno era una famiglia, e probabilmente nella mia vita non avrei mai più saputo cosa fosse averne una.

Non potevo sentirmi a casa, se non ne avevo una. Non potevo chiedere aiuto, se nessuno era pronto ad ascoltarmi.
E ancor meno potevo crollare, ma in parte già l'avevo fatto.

Il calore della doccia era come un getto freddo ormai, mentre i miei singhiozzi rimbombarono nel vuoto di quella stanza.

Mi ripetevo mentalmente di smettere, ma il mio corpo reagiva al contrario, facendo si che cominciassi a piangere ancor di più.

Forse non sarebbe servito a niente piangere, eppure era il mio unico modo di sfogarmi, anche se non era una vita di scampo.
Il pianto non risolveva niente, a parte un piccolo peso in meno nel petto.
Eppure non era il bruciore agli occhi di quando non vuoi piangere, il vero male.
Era quello che provavo nel cuore, nel cervello e nelle ossa, il male maggiore.

Utilizzai velocemente il bagno schiuma, e decisi che non c'era il caso di utilizzare il balsamo, visto che le mie forze si riducevano a tenermi in piedi e con gli occhi aperti, anche se ancora pieni di lacrime.

Uscii dalla doccia tenendomi alla tendina, e una volta su due piedi presi velocemente un grande asciugamano e mi avvolsi tremante al suo interno, pregando di riuscire a riscaldarmi un po'.
Mi asciugai, cercando di smettere di singhiozzare, e facendo il più velocemente possibile. Indossai i vestiti profumati che avevo preso dalla mia valigia qualche decina di minuti prima, e facendo dei respiri profondi per smettere quest'agonia, uscii dal bagno.

Don't be afraid. || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora