Chapter 20.

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Mi ero quasi scordato tutto quello che stava succedendo, forse era perché risentivo questo bisogno, di essere qualcuno senza niente a cui pensare, un ragazzo tranquillo e in armonia. Ma non lo ero mai stato, qualcuno di spensierato, e mai lo sarei stato, e non perché fosse arrivata la ragazza, creando nuovi pasticci e incoerenze, ma anche perché non avevo mai avuto una vita normale. Non sapevo neanche cosa fosse. Ma esisteva forse davvero?
Annuii infine alla richiesta di Liam e chiusi, una volta che lo vidi camminare via, verso la sua dimora.

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Era tardi e lei continuava a dormire, ma era già da un oretta che non era un sonno tranquillo. Ero seduto dall'altra sponda del divano a guardare un programma sullo sviluppo economico dell'India, ma non ero molto preso da quello che dicevano. I miei occhi facevano avanti e indietro tra lo schermo e il suo piccolo corpo nascosto quasi completamente dalla vecchia coperta grigia.

Non avevo ancora mangiato, pensando che da un momento all'altro si sarebbe svegliata, ma il mio stomaco cominciava davvero a farsi sentire e avevo il cervello che faticava a concentrarsi su qualsiasi pensiero, come un timing che dopo 20 secondi di proiezione di un'immagine si disconnetteva per mostrarne una nuova, che lo volessi o meno.

Mi alzai pian piano dal divano, con l'intenzione di spegnere la TV e andare in cucina a preparare tavola, l'avrei svegliata una volta tutto pronto.
Non sapevo che cosa mi stesse succedendo ed infondo avrei sicuramente tenuto il mio solito scudo per non permettere a nessuno di vedere la mia confusione. Io non potevo non capire qualcosa, capivo sempre tutto, era quello che facevano tutti, no?
Però in quel momento no, sentivo come un velo di malessere che mi ricopriva con leggerezza tutto il corpo, e non era qualcosa che una doccia potesse sciacquare via. Non avevo una spiegazione logica per trarne le cause, ma ne sapevo le conseguenze. Non volevo finire nel cambiare, perché, se ero sempre stato così attento nel capire tutti i dettagli della vita, era per non permettere a nessuno di scombussolarmi, non ancora un'ennesima volta.

Entrai in cucina senza neanche accorgermene, preso dai miei pensieri.
Misi dell'acqua sul fuoco quasi automaticamente, mentre l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era a tutte le persone che nella vita avevano preteso potermi lasciare andare come fossi un vecchio straccio, solo perché visto come diverso, un po' tra le nuvole, o troppo complicato. Il mio passato non aiutava d'altronde, e potevo anche capire che, una volta scoperto le possibili perturbazioni causate dallo shock subito, potessero spaventare il prossimo.

Smisi di pensare quando il nodo alla gola si strinse fino al farmi quasi soffocare, cosa che mi fece di conseguenza cadere per terra il mestolo, in legno per fortuna, che non fece molto rumore quindi nel finire sul pavimento.

Ero solito a non voler perdere il controllo in niente, e lo stavo facendo. Forse perché vedere qualcuno non aver minimo freno nella sua vita mi faceva, in qualche modo, andare in tilt.

Un altra volta tornai alla realtà, e scrollai leggermente la testa sorridendo un po', amaramente, intuendo che come al solito la mia mente passava da uno stato cosciente alla trance; era una sorta di malattia che avevo da sempre, o almeno da quando iniziavano i miei ricordi del passato, e dunque da più o meno vent'anni.

L'acqua bolliva e così buttai gli spaghetti, sperando di non tornare nei miei pensieri ancora una volta.
Lo trovavo divertente, ma solo quando mi evitava di ascoltare stupidi programmi che Louis mi obbligava a guardare o le solite storielle di Zayn che raccontava dopo una serata passata in discoteca ad ubriacarsi o far festa. Non so come facesse, tra l'altro, ad essere così amico con uno come me, che preferiva passare serate a leggere o ascoltare musica coricato tranquillamente sul divano.

Don't be afraid. || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora