Chapter 30.

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"La ragazza di cui parlavi, dicendo che era l'unica ad essere stata nel tuo caldissimo e comodissimo letto, ero io?" Stavo per piangere dicendolo, e sembrava averlo intuito. Si avvicinò ancora di più a me, carezzandomi anche il viso. "Certo, pensavi di essere un cane?" Ridacchiò, ma sembrava preoccupato.
"Non lo so, temevo mi vedessi come una stupida bambina" sbuffai, cercando di non crollare tra le sue morbide mani.
"Non penserei mai quello di te, e non l'ho mai fatto." Sorrisi, mentre una lacrima rigò il mio viso. Me la asciugò non appena la vide, aggrottando un po' la fronte, per poi baciarmi lievemente la fronte. "Sei più importante di quel che credi, per me"

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Mi svegliai di soprassalto, il cuore in gola. Non riuscii quasi ad aprire gli occhi, se non fosse stata per la paura. Mi suonava il telefono, e senza neanche accorgermene lo presi da sotto il cuscino. Numero sconosciuto. Guardai l'ora, e ci fu un tonfo al cuore. Erano le sei del mattino. Chi mi avrebbe mai chiamato a quell'ora? Risposi, mentre guardai al mio fianco: Harry.
Cercai di uscire dalle coperte in silenzio, ma una voce familiare mi fece congelare ogni parte del corpo. "Claire." Era mio padre, al telefono.
"Sono uscito dalla prigione, lo sapevi? Come non hai voluto testimoniare, non avevano abbastanza prove." I brividi percorsero tutta la mia spina dorsale in qualche secondo.
"Ti chiamavo solo per dirti che, ovunque tu sia, non sei mai al sicuro. Ma non perché ti cerco. Basta che guardi nello specchio, e vedrai la persona di cui ti parlo, il mostro che ha divorato tutta l'umanità e l'amore che avevo. Il demone che ha ucciso mia moglie. Tutto quell'odio che hai nel cuore, è solo contro te stessa, e lo sai. Sei una bomba, pronta a distruggere chiunque ti passi affianco, chiunque tu ami." La sua voce rauca, e le sue parole, mi fecero aumentare il battito cardiaco, ma non ebbi il tempo di dire niente, che chiuse la chiamata. Mi asciugai una lacrima senza neanche essermi resa conto di star piangendo, così ridacchiai con nervosismo, che fece solo aumentare il mio pianto.

Corsi in bagno per vomitare, ma tutto quel che uscì fu l'alcol della sera prima. Mi facevo schifo, provavo odio, e basta. Niente dolore, niente disperazione, solo e soltanto odio.
Finii davanti allo specchio, e solo dopo essermi sciacquata la bocca, mi ci guardai. Schifo. Ma non abbassai lo sguardo, continuai a fissarmi, per talmente tanto tempo e con talmente tanta rabbia, da poter giurare di potermi spaccare i denti con la forza con la quale premevo la mascella. Tirai un pugno contro lo specchio, senza pensarci due volte. Tutta la rabbia repressa che finiva contro quel vetro ormai distrutto, e ci tirai un secondo pugno, senza riflettere a tutte le schegge di vetro che avevo sulle guance e sulla mano, ormai in sangue.
Volevo solo portar via quel mostro che c'era in me, e ormai capivo perché mio padre mi faceva del male: per scacciarlo.
Presi coraggio, che con l'adrenalina in corpo non mancava, e mi chinai sul pavimento, dove tutto il vetro infranto era finito. Raccolsi un triangolo ben affilato, e lo guardai. Sorrisi amaramente, vedendo una parte del mio riflesso proiettato su quel frammento. Toccai la punta con il dito, e quasi quel secondo di dolore mi fece bene, era affilata come i coltelli di papà. Toccai il mio avambraccio con quel che ormai era come una lama tagliente, e feci scorrere, veloce, con forza. Respirai, ed era come metter aria nei polmoni dopo aver passato ore sott'acqua.

Sentii bussare alla porta. Non mi fermai, non volevo fermarmi. E più lo facevo, più il mostro sembrava uscire da me. Ribassarono. Ma più il mostro usciva, più avevo paura. Stavo perdendo tanto, tantissimo sangue. La porta si aprì senza esitazione, ed Harry entrò, mentre lasciavo cadere dalla mia mano il frammento di specchio, ormai pieno di sangue.
Non piangevo, restai priva di emozioni mentre Harry si chinò verso di me, parlandomi, forse arrabbiato. Non capii niente di quel che disse, e lo guardai preoccupata. Avevo le orecchie ovattate. Mi prese il viso tra le sue mani e mi parlò di nuovo, ma non riuscivo a sentirlo. Scossi la testa e lui mi afferrò il braccio, con forza, stringendo sui tagli più profondi. Sentii il mio urlo, e non sentii nient'altro.

Don't be afraid. || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora