Chapter 16.

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Dal capitolo precedente..

Quella frase rimbombó più volte nel mio cervello, prima che fossi distratta dalla voce di Liam che salutava Harry.

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Mi strofinai gli occhi per qualche secondo, un po' per il sonno che mi schiacciava le tempie ed un po' per cercare di riprendermi dalla freddezza di quel ragazzo.

Liam stava parlando con Harry, ma non appena mi vide sul suo volto nacque un leggero sorriso, mentre continuava il suo discorso con il riccio.

Mi appoggiai alla testata del divano, e non sapendo come comportarmi accesi la televisione, e cominciai a guardare 'catfish' su mtv. Non che mi importasse davvero di ciò che stavo guardando.
Passarono una trentina di secondi, quando smisero di parlare.
Con la coda dell'occhio vidi Harry entrare in cucina, e Liam quindi venire verso di me. Feci però finta di essere completamente presa dalla tv, mentre però il mio corpo non riusciva a nascondere la paura.

"Non disegni oggi?" Mi chiese sedendosi dove si trovava poco prima Harry.
Scossi leggermente la testa e finsi un sorriso, senza portare lo sguardo su di lui.
"Ah.. Pensavo lo facessi spesso, visto che disegni belli come quello non si vedono spesso " sorrisi alle sue parole, era davvero dolce Liam. E a pensarci mi chiedevo perché Harry non riuscisse a trattarmi almeno la metà di come faceva Liam. Ma infondo Harry non era cattivo, era solo il suo tono di voce che non corrispondeva affatto ai suoi gesti.
Riusciva a compiere gesti gentili e a rovinare il tutto con parole troppo fredde. Era incomprensibile.

Ritornai a Liam quando continuó a parlare. "Chi ti ha insegnato?"
"Mia mamma" risposi con spontaneità e tristezza allo stesso tempo. Mi meravigliai di aver detto quelle parole, quasi come se il mio istinto mi avesse per un attivo lasciato uscire le parole che non avevo più pronunciato.
Però in effetti mi aveva dato lei la 'dote' del disegno, ma lei disegnava molto meglio. Molto.
Mi vennero in mente le giornate intere che passavo quando ero più piccola a fissarla realizzare sorprendenti e magici capolavori artistici. Era incredibile come la sua mano sembrasse realizzare opere con tanta facilità quanto bere un bicchier d'acqua.

"Ti va di parlarmi di lei?" Mi chiese guardandomi, e io feci lo stesso.
Mi misi seduta meglio, con le gambe incrociate, mentre cercavo di convincere me stessa che avrei potuto superare una conversazione con Liam. Lo guardai ancora, e vidi che mi stava sorridendo leggermente, cosa che mi calmó un po'.

"Disegnava meglio di me" la mia voce uscì in un sibilio, e giurai di sentire il nodo alla gola formarsi in qualche secondo.
"Era un'artista" continuai lo stesso, poco importava del magone. Mi importava di più far sapere che mia madre non era solo la migliore madre del mondo, ma anche l'artista che è riuscito a passarmi l'amore per l'arte e il disegno.
Spostai lo sguardo sulle mie mani, mentre i ricordi si impossessavano di me.

HARRY'S POW

Andai in cucina a bere un po' d'acqua. Tutto ciò era stressante. Stavo impazzendo e neanche sapevo il perché.

Riempii il bicchiere di acqua del rubinetto, e la bevvi in qualche sorso, senza pensare a respirare. Poco mi importava respirare, dal momento che li sentii parlare.
Mi avvicinai alla porta, dopo aver posato il bicchiere nel lavabo.
"Ti va di parlarmi di lei?" Sentii dire da Liam, e cercai di indovinare di chi stesse parlando, ma la risposta non si fece aspettare molto. "Disegnava meglio di me" credevo di aver sentito. Ma non era ciò che aveva detto che aveva importanza, ma era la sua voce che ne aveva. "Era un'artista". Ero sicuro parlasse di sua madre, partendo dal fatto che il mio tono di voce era lo stesso, quando parlavo della mia.

Aprii senza far troppo rumore la porta, e aspettai che notassero la mia presenza mentre mi avvicinavo al divano.
Claire si stava guardando le mani, mentre dei capelli scivolavano davanti al suo viso.
Liam sembrava preso dal suo discorso, e potevo capirlo infondo. Aveva perso sua sorella, che aveva, proprio come Claire, sei anni in meno di lui.
Più volte già Liam mi aveva accennato il fatto che trovasse una certa somiglianza tra di loro, almeno caratterialmente. E se inizialmente mi irritava sentir pronunciare anche solo il nome della ragazza che era entrata in casa mia senza chiedere il permesso, ora trovavo in un certo senso sollievo a sapere che il mio amico riuscisse a trasmettere la fratellanza a Claire, e sapevo che Liam aveva bisogno di sentire di nuovo quella sensazione di sentirsi il fratello maggiore. Cercava sempre di sembrare così, infatti. Un po' il più grande, il padre del nostro gruppo.

Il moro si giró verso di me, non appena mi sentì, e Claire seguì il movimento di Liam, e mi guardó anche lei.
Mi appoggiai allo schienale del divano, e portai la mia attenzione su di lei, ed ebbi l'istinto di sorriderle, cosa alla quale- per mia sorpresa, ricambió con un sospiro, seguito da un lieve sorriso, forse un po' imbarazzato.

Avevo bisogno di spiegazioni. Fremevo dalla insipiegabile voglia di sapere cosa stava succedendo a lei e a tutto ciò che la circondava.
E quasi come se Liam mi leggesse nella mente, si alzó dal divano. "Che ne dite se vado a prendere dei kebab?" Annuii, ringraziandolo piscologicamente, anche se non sapevo se avrei detto o chiesto qualcosa alla ragazza.

"Continuiamo a parlarne dopo, se ti va" disse a Claire. Invidiai il suo tono di voce, perché riusciva ad essere quello che la mia mente mi obbligava a non fare: me stesso.
Lui riusciva a far emergere la sua vera personalità, il suo lato dolce e maturo, mentre io.. Io neanche sapevo più com'era il mio carattere. Forse non ne avevo uno.

Lei annuì, portando lo sguardo prima su di lui e poi su di me.
Liam prese la sua giacca e, dopo aver appoggiato velocemente la sua mano sulla mia spalla, si avvió verso la porta, per poi uscire.
Cercai di decifrare il suo gesto. Forse aveva capito che avevo bisogno di sapere cosa stava succedendo. O forse il mio volto era così stanco, dovuto alla notte in bianco che avevo passato a pensare, che aveva fatto quel gesto per rassicurarmi. E se di solito un suo gesto fraterno mi avrebbe in parte scrollato e fatto riprendere, in quel momento non aveva funzionato.

Dovevo sapere. Non mi importava cosa, volevo soltanto sedermi li e sentirla raccontarmi qualsiasi cosa avesse voluto dirmi della sua vita.
Ma dovevo sapere qualcosa, qualsiasi cosa che mi facesse capire perché Claire fosse così impaurita dal mondo, o del perché riuscisse ad essere così diversa e a trasmettere quel vuoto che nessuno mi aveva mai trasmesso.
Forse era il fatto che sembrasse così indifesa, o così piccola, che mi faceva fremere in questo modo sul sapere chi lei fosse davvero.

Don't be afraid. || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora