Chapter 21.

136 11 0
                                    

"No, Claire, non tu. Le ferite devono guarire, il male che provi. Tu vai bene così come sei." Deglutii, la mia voce non era mai stata così. Una forma di amarezza gentile? Non ero io. O non lo ero mai stato prima? Cosa succedeva?
Forse erano soltanto le parole che anche io mi aspettavo quando ero in una situazione delicata come la sua, parole che nessuno mi aveva mai detto.
Oppure le pensavo sul serio? Perché non mi era mai successo di dire una cosa sulla quale non ero certo al cento per cento. Era il caso anche in quella situazione, allora?

---

Avevamo appena finito di cenare, ed era davvero tardi. Stavo lavando i piatti, mentre Claire se ne stava seduta su una delle sedie vicino al tavolo, che da dove ero posizionato potevo vedere giocava con le sue mani.

Sorrisi vedendo che i suoi capelli erano più scompigliati del solito, e continuando a fare i piatti pensai a qualche settimana prima, a quando era arrivata e al suo sguardo sempre confuso, e stanco. Non era migliorato il suo stato da allora, e non sapevo se si fidasse di me. No, sicuramente no, perché avrebbe dovuto? Ero sempre così freddo con lei, rigido. Non gli avevo mai rivolto un sorriso, e il suo modo di rifiutare la mia vicinanza mi toglieva ogni dubbio alla domanda.
Però allo stesso tempo aveva questa lontananza con tutti, e questo provocava in me un desiderio di sapere cosa nascondesse in lei di così doloroso. Non glielo avrei mai chiesto, almeno non in quel momento, non dopo quello che era appena successo.

Sapeva a presente di potermi parlare di tutto, ma perché avrebbe dovuto farlo? E perché proprio con me si sarebbe voluta aprire? Infondo avevo sempre scacciato le persone da me, e non sarebbe cambiato. Ne ero certo.

CLAIRE'S POW

Continuavo a fissarmi le mani seduta su una sedia in cucina, mentre Harry lavava i piatti.

A tavola non avevamo parlato molto, però il silenzio con lui sembrava essere leggero, tranquillo. Non era imbarazzante, nessuno dei due cercava cose da dire e questo era quello che lo rendeva confortante. Forse era anche per il fatto che quando parlava diventava così freddo, che quasi preferissi la sua sola presenza. Ma qualcosa mi diceva che non lo capivo fino in fondo, che aveva qualche motivo per essere così, e forse speravo anche in fondo che non fosse il vero lui, quello che dava a vedere. Magari non era neanche lui, come me, se stesso.

Chiuse l'acqua del rubinetto, cosa che mi risvegliò dai pensieri, e facendomi portare lo sguardo ai suoi occhi.
Quel verde smeraldo questa volta guardavano in basso, e mi sorprese di vederlo lui, per una volta, in quella situazione.

"Claire io.." si fermò a metà frase, e mi accorsi malgrado tutto che il suo modo di dire il mio nome aveva fatto uno strano effetto al mio stomaco, come un formicolio leggerissimo ma allo stesso tempo molto potente.

"Lui chi? Non sei come 'lui' chi?". Non sapevo se essere sorpresa per il fatto che avrei dovuto spiegarli quello che voleva sapere, o perché stesse ancora pensando a quello che avevo detto io un oretta prima, quando parlavo del l'aver o meno bisogno di parlare, bisogno di aiuto.

Smisi di guardarlo, e ripensai alla Miss che mi parlava della psicologa. Mi stava comparando a mio padre? Oppure ero solo io a risentire questa paura di essere come lui? O piuttosto, a essere come lui era diventato.

"Buona notte" sussurrò con la sua solita tonalità, questa volta macchiata di una leggera amarezza.
Avevo lo stomaco sotto sopra e per un attimo restai ferma seduta sulla sedia chiedendomi se avessi dovuto fare la cosa giusta o meno, ma poi capii di non sapere neanche quale fosse l'una e quale l'altra. Non avrei perso niente al dirglielo, però non volevo macchiare l'unica speranza che avevo di ritornare all' essere quella di prima, o almeno senza che gli altri sapessero quello che avevo passato, per poi comportarsi magari diversamente con me. Ma forse non sarebbe più stato possibile ugualmente, tornare quella di prima.

Insomma cosa avevo ormai anche vedere con la ragazza che ero in passato, la solita ad indossare vestitini a fiori o dai colori vintage? Quella che sorrideva sempre e che arrossiva al complimento di una amica per poi rispondere con quel tocco di ironia?
Quella non ero più io, dovevo accettare di essere quella che ero. La nuova me, con i capelli scompigliati e delle occhiaie sotto gli occhi. Che non vedeva l'ora di buttarsi sotto la doccia per poter calmare il mal di testa o che sperava di star sola per poter lasciar uscire un po' i propri demoni.

-

Era passata un oretta, e niente riuscivo a fare fuor che star seduta su quella sedia a guardare la lancetta dell'orologio compiere cerchi su cerchi, di minuto in minuto, sempre più numerosi.

Qualcosa mi fece reagire. Era la luce di un lampione che si accendeva nel giardino, e che passando attraverso la finestra della cucina si proiettava direttamente sul muro, di fianco al l'orologio.
Tra me e me mi dissi che la luce era diversa da quella della sala, perché era immobile, non come quando era una macchina che passava.
Ripensai al fatto che anche Harry la volta prima le stesse guardando, con attenzione. Come se per lui come per me quel dettaglio non fosse irrilevante, un qualcosa che catturasse il nostro sguardo.

Mi alzai alla fine da quella sedia, e chiusi gli occhi. Forse non stavo per fare la cosa giusta, ma poco mi importava. Harry non era cattivo. Harry non era cattivo. Non dovevo aver paura. Perché aver paura di lui? Solo per il suo carattere duro o le parole ghiacciate? Infondo mi ribolliva il pensiero che quello non fosse lui, ma un finto lui.

Non ebbi tempo di smettere di pensare che già ero davanti alla porta di camera sua. Non mi restava che bussare. Bastava ormai solo quel piccolo atto di coraggio.

Don't be afraid. || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora