Chapter 24.

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Disse tutto questo in trenta secondi, con solo qualche singhiozzo, verso la fine, a calmare la velocità delle sue parole. E mi fece male, tutto. Dall'inizio alla fine. Come se tutti quei colpi, tagli, bruciature, fossi stato io a prendermele, con lei. E il colpo finale, io. Forse uno dei peggiori sensi di colpa della mia vita. Sentii il magone salire, e quasi mi spaventai della mia forte reazione, forse troppo forte, alle sue parole. Come faceva a farmi sentire così? Perché avevo voglia di piangere?

——

Cercai di guardarla ma erano passati minuti dalle sue ultime parole, e quando passai gli occhi su di lei capii che si era addormentata sul tappeto della mia camera. Mi sentivo male, male di lasciarla dormire su un divano duro, o in questo caso, male di lasciarla li per terra. Male di maltrattarla senza neanche rendermene conto, male di doverla guardare negli occhi e vedere quanto dolore avesse in lei. Ma perché? In fondo, io non dovevo attaccarmi a nessuno, non era quello il patto che avevo fatto con me stesso?

Mi sedetti sul letto e senza far rumore misi i piedi caldi sul suolo freddo, alzandomi delicatamente. Arrivai fino a lei e mi inginocchiai. Non potei fare a meno di guardarla. Era così piccola, che mi faceva pensare ad un piccolo gattino. Aveva ancora le lacrime agli occhi. Presi un respiro profondo per averla fatta piangere ancora una volta, mi chinai ancora un po' verso di lei e la presi in braccio senza fatica, un braccio sotto le ginocchia e una sotto le braccia.

CLAIRE'S POV

Sentii la luce del sole scaldarmi la pelle, solo su alcune parti del corpo, filtrata dalle tapparelle della finestra. Mi chiesi come fosse possibile, di sentirsi così comoda, su un tappeto, ma i miei pensieri erano ancora addormentati, così non ci pensai molto, credendo di essere ancora per metà in un sogno. Mossi leggermente le braccia, per cercare il telefono, che era nella tasca della mia maglia la sera prima, ma ancora prima di afferarlo, sentii le mie gambe e una parte del mio corpo sommerse da un peso leggero, qualcosa di morbido e caldo. Mi forzai ad aprire gli occhi, leggermente, e mi sedetti di scatto capendo dove mi trovavo. Nel suo letto.
Mi guardai intorno per capire se fosse accanto a me, e con un lieve sollievo al cuore, notai che no. Era coricato per terra, con solo un cuscino per renderlo più comodo.
Cercai di non far rumore, ma un verso mi uscì dalla bocca, nel vederlo. Come se mi facesse male per lui, quella posizione, quel pavimento di legno scuro. Tirai infine il telefono fuori dalla tasca, e guardai l'ora: le 9:30. Aggrottai la fronte, perché Harry non era il tipo da dormire tanto.
Sgusciai fuori dal letto e lo oltrepassai, tremante, sentendo qualche suo movimento. Non lo guardai, ma sentivo, uscendo, i suoi occhi, sicuramente intontiti, su di me.

Andai in cucina, e sospirai ricordandomi che fossi in vacanza per i prossimi 15 giorni. Mi pizzicai la punta del naso, pensando a come avrei potuto evitarlo, siccome la scuola era l'unico modo per non vederlo, e non sentire la sua voce così fredda.

Alcuni passi mi fecero girare, ed era li, all'entrata della cucina, a guardarmi. Mi venne voglia di ridere, vedendo che aveva i capelli dritti dalla parte su cui aveva dormito, e cercai di reprimere il sorriso, che divenne una specie di smorfia.

"Se sono così brutto hai solo da dirmelo in faccia" disse. La sua voce era calma, un po' dura, ma profonda. La sua voce da mattino.
Abbassai lo sguardo prendendo un bicchier d'acqua e lo posai sul tavolo, senza osservarlo.
Si sedette di fianco a me, mentre sorseggiavo il liquido chiaro, e cominciò a guardarmi, senza dire niente.
"Che c'è?" Quasi sputai l'acqua, facendomela andare di traverso. Lo vidi sorridere, un vero sorriso, Uno buono.
"Stai attenta, non vorrei portarti in inferme-" non lo lascia finirei di parlare che mi intromisi "sei tu che mi guardi così!" Dissi troppo sicura di me, arrossendo in seguito, capendo che qualcosa da ieri sera fosse cambiato. Il mio modo di parlargli, il suo modo di guardarmi. Aveva pena di me? Forse no. Avevo meno paura di lui? Forse si. Ma perché lui era diverso, allora?
"Io ti guardo come voglio, e poi ti guardo così perc-.." fece per continuare a parare, ma non disse niente. Solo cercò i miei occhi, un'altra volta. "Volevo chiederti, se ti andava di venire fuori con me e gli altri, oggi pomeriggio."
Questa volta fui io a guardarlo. Non capivo perché mi avesse invitato con loro, infondo erano i suoi di amici, non i miei, giusto?
"A Liam farà molto piacere, e agli altri anche, ne sono certo" era sereno. Quasi mai mi aveva parlato in quel modo.
Si alzò a prendersi del pane, scuro, forse integrale, e uscì dal frigo della marmellata di fragole. "Allora, ti va?" Mi chiede girandosi verso il tavolo, per posarci la sua colazione.
Annuii, un po' incerta.
Mi passò del pane e della marmellata, che stavo per rifiutare gentilmente, ma poi disse "ma se non mangi non vieni."

Don't be afraid. || h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora