•Prologo•

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Inghilterra, 1582

Lentamente, la febbre la stava consumando. La lampada ad olio posta al lato del letto le illuminava il volto scarno, evidenziando gli zigomi che sembravano tirare la pelle tanto da bucarla quasi. Le dita della piccola Lilly stringevano quelle della donna riversa tra le coltri del letto con impotenza, come se sapesse già che lei, una ragazzina di soli dodici anni, non avrebbe potuto far nulla per sua madre. La consapevolezza di ciò stava rischiando di annientare tutte le sue certezze. Strinse i denti, il dolore corrugò ogni centimetro del suo corpo fino a renderlo quello di una donna anziana che non si reggeva più nemmeno in piedi. Si sentiva debole, sfinita, perché sua madre stava morendo e lei lo sapeva, e nessuno sapeva come salvarla. Suo padre, il conte, non aveva mandato a chiamare il medico e Lilly era... furiosa.

— Madre, madre, madre — mormorava di tanto in tanto, ma lei non rispondeva mai. Lilly sapeva cosa stava per accadere. Sapeva che quelli sarebbero stati gli ultimi istanti di vita di sua madre. Piangeva, nonostante il conte Ferguson le avesse imposto di non farlo, dicendo che nessuna lacrima sarebbe valsa a salvare la vita della moglie. Eppure la bambina non aveva fatto altro da tre giorni, da quando Suzanne, l'anziana cuoca del palazzo, era corsa nelle sue stanza e l'aveva svegliata gridando che la contessa stava male e stava male sul serio. Non faceva che tossire. Era cominciato tutto con colpi di tosse leggeri, come fossero dovuti a un pizzicore di gola, ma poi l'intensità era aumentata fino a far piegare Emily Ferguson in due dal dolore. Le aveva detto che faticava a respirare, che sentiva freddo, che gli occhi le bruciavano.

Lilly non aveva capito subito cosa significasse.

Aveva chiesto spiegazioni alla cuoca, perché sapeva che sua madre non le avrebbe mai e poi fatto capire che stava per morire, e lei si era limitata a scuotere la testa, e poi a condurla nello studio del padre. Suzanne le aveva serrato forte il polso quando l'aveva portata da lui, come se volesse in qualche modo proteggerla, perché entrambi sapevano che tipo d'uomo fosse il conte.
Anche a lui la bambina aveva chiesto cosa stesse succedendo. Richard Ferguson le aveva risposto con estrema e crudele chiarezza, indifferente al dolore della piccola, indifferente ai sentimenti di chiunque altro all'infuori di se stesso.  Sta morendo. Presto tua madre scomparirà da questa casa e noi avremo un peso in meno.

Richard Ferguson non si era presentato al capezzale di sua moglie nemmeno una volta.
Richard Ferguson non aveva mai amato sua moglie.
Richard Ferguson, pensava Lilly, poteva bruciare all'inferno.

Lilly strinse più forte le dita della madre morente, e poi si portò la sua mano sul cuore.

— So che non potete sentirmi, madre... — sussurrò, tra i singhiozzi. —Ma io sono qui con voi. Non vi lascerò.—
Lilly tirò su col naso sbattendo le palpebre.
— Vi prometto che dove andrete quando i vostri occhi si chiuderanno per sempre sarà un posto tranquillo... potrete riposare in pace. L'ho chiesto a Dio e sono sicura che lui esaudirà le mie preghiere. —

Emily Ferguson ruotò lentamente e involontariamente il capo verso di lei, come se l'avesse sentita.
—Bambina mia... — sussurrò in un filo di voce appena percepibile. Con un movimento lento e sofferente, Emily sollevò una mano tremante. Lilly, colta di sorpresa perché sua madre non aveva più parlato da quando si era ammalata, si chinò meglio su di lei. —L'anello, Lilly— mormorò la donna tossendo. Sembrò contorcersi su se stessa quando il fiato le venne quasi a mancare. —Prendilo e cercala...
Un altro colpo di tosse la scosse violentemente; una lacrima le inumidì l'angolo di un occhio. — Ricorda, Lilly... Sta' attenta agli uomini. Se piangi, dimostri agli uomini quanto sei debole. Se piangi, gli dai il permesso di approfittarsi di te. Se piangi, non hai più il controllo di te stessa. Lilly...

Lilly avvertì una morsa al cuore. Le condizioni di sua madre erano davvero precarie. Provò l'impulso di piangere, ma sapeva che non doveva cedere, che doveva essere forte almeno fino a che sua madre fosse stata in vita. Perciò, ricacciando indietro le lacrime, si concentrò su cosa Emily le stesse cercando di dire. —Di cosa state parlando, madre?— sussurrò. Lei cercò di prendere aria. —Gli uomini... Lei, la devi cercare... 
Emily chiuse gli occhi e le lacrime cominciarono a rigare le sue guance scarne. —Verità— mormorò facendo ricadere di lato la testa. Lilly non capiva cosa significasse. Stava delirando di nuovo. Confusa, addolorata e incapace di risponderle, le accarezzò una di quelle guance che sembravano non essere più quelle di sua madre. Poi si ricordò dell'anello. Lentamente, senza tremore, glielo sfilò dal dito e lo strinse tra le mani con fare protettivo. Non importava che non sapesse cosa lei stesse provando a dirle, sapeva solo che avrebbe dovuto custodire quell'anello come un tesoro prezioso per tutta la sua vita.

Guardò Emily, che ormai doveva essersi addormentata, e il dolore le incrinò il cuore. Centimetro dopo centimetro.
I suoi capelli corvini, che fino a pochi giorni prima erano stati boccoli morbidi e ondulati, ora erano appiccicati alla pelle, talmente umidi da sembrare bagnati. Il colorito era pallido e spento, quasi giallognolo, le labbra secche.
Intorno agli occhi, profonde ombre scure.
Lilly si abbassò a baciare la sua fronte madida di sudore, lasciando che le labbra si impregnassero per sempre del sapore della pelle della donna che l'aveva partorita, nell'attimo della fine.

— Papà non è mai venuto a trovarvi —continuò la ragazzina, tirando su con il naso.
— Ma forse è meglio così. Non vi merita, madre. Lui non vi merita. Non vi ha mai meritata... e lo sapete... —

E poi, mentre scoppiava di nuovo in lacrime, la porta si spalancò e Richard Ferguson, seguito dalla cuoca e da un altro paio di serve, irruppe nella stanza.

Lilly sussultò, accostandosi di più al corpo della madre. Per cercare protezione, forse. O perché era consapevole del fatto che quello sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista.

— Portatela fuori — ordinò la voce del conte, senza alcuna venatura di dolcezza o paternità. — E non fatela rientrare. Mai. —

Lilly impiegò qualche attimo a comprendere cosa quelle parole significassero. La mano di Suzanne si posò sulla sua spalla, stingendola delicatamente.

— Signorina Lilian — la chiamò sommessamente.
Lei percepì, al di là delle proprie, anche le lacrime della donna, alle sue spalle. Lacrime che, probabilmente, anche lei stava cercando di nascondere. —Avreste dovuto chiamare un medico!— singhiozzò rabbiosa rivolgendo al padre uno sguardo colmo di odio. —Maledetto...
Disperata, Suzanne cercò di allontanare Lilly, ma era come tentare di spostare un masso inchiodato al terreno.
La bambina scosse vigorosamente la testa, mentre baciava la mano della madre e vi affondava il volto.

— Non voglio lasciarla... lasciatemi qui! — gridò fra le lacrime.

— Contessina, vi prego... venite via, vi supplico. Vostro padre ve la farà pagare, lo sapete— aggiunse in tono più basso. Suzanne era terrorizzata da cosa il conte avrebbe potuto fare alla bambina se non se ne fosse andata subito.

Quando Lilly scosse ancora la testa, la mano di suo padre, ruvida e potente, si avventò sui suoi capelli trascinandola indietro con violenza.

— Esci da questa stanza, immediatamente!

— È mia madre! — urlò la piccola dimenandosi. Non sentiva nemmeno il dolore, voleva solo restare accanto a sua madre. — Sta morendo!

Il conte digrignò i denti e strinse più forte, fino a quando Lilly non lasciò la mano di sua madre con un grido feroce per poi accasciarsi contro la gonna di Suzanne, in lacrime.

— Signore, vi prego... state... — balbettò l'anziana donna, addolorata.

— Ti ho forse detto di intervenire, cuoca? — tuonò Richard Ferguson, con lo sguardo carico di rabbia.
— Vattene da questa stanza e porta mia figlia con te. Subito!

Tremante, la donna aiutò la piccola Lilly a sollevarsi e la trascinò via, mentre la bimba, con la vista appannata dalle lacrime, vedeva per l'ultima volta il volto di Emily Elizabeth Ferguson.

— E voi — il conte apostrofò le altre due serve, che si misero immediatamente sull'attenti.

— Rimanete qui e assistetela. Non appena sarà morta venite a chiamarmi. Bisognerà disinfettare la stanza da questo putrido odore di morte.

- IN REVISIONE- Il bacio del Conte. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora