7. Primi istinti

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Dopo essersi lavata e cambiata d'abito, Lilly si sentì molto meglio. Nel momento in cui si era immersa nella vasca e il calore aveva invaso il suo corpo, aveva avuto l'opportunità di rilassarsi davvero.

In quel momento, seduta sullo sgabello davanti a un enorme specchio ovale, teneva gli occhi chiusi e se ne stava con le braccia conserte, mentre una ragazza sulla quindicina le pettinava delicatamente i lunghi capelli. Possedeva un tocco leggero e gentile, ma non aveva aperto bocca da quando era stata mandata ad acconciarle i capelli, pochi istanti prima.

—Qual è il tuo nome?— buttò lì Lilly, mostrandole un sorriso sincero. La ragazza parve sorpresa della domanda. Poi, schiarendosi la gola, rispose: —Evelyn, signorina.—

Dal tono di voce, Lilly riconobbe la sua timidezza. Perciò le afferrò delicatamente la mano e la spostò dai propri capelli, per poi voltarsi.

—Piacere di conoscerti, Evelyn. Ti sono molto grata per il trattamento che hai riservato ai miei capelli.—

—Veramente... ecco, non ho ancora terminato di...—

Sembrava piuttosto impacciata, perché cominciò a torturare nervosamente con le mani il pettine che stringeva tra le dita.
—Non preoccupatevi— la interruppe Lilly gentilmente. Nonostante fosse ospite, in quel momento si sentiva più come una sorella maggiore che cercava di tranquillizzare una ragazzina.
—Sei stata molto gentile— continuò, alzandosi e rivolgendole un altro sorriso. Ci volle un po' perché Evelyn la ricambiasse. Poi, in tutta fretta, fece un goffo inchino e, senza dire altro, sparì oltre la porta.

**

Lilly trovò le cucine con facilità. Il cottage non era molto grande, perciò non le fu difficile capire che il locale che si affacciava su un piccolo orto, al di fuori, fosse la cucina. In realtà stava cercando il signor Jack, ma onestamente non aveva idea di dove fosse finito, così come non capiva dove si fossero nascosti tutti gli altri uomini. Si sentiva piuttosto a disagio, nonostante ogni persona che le era stata presentata avesse cercato di farla sentire a casa propria, eccetto la guaritrice, naturalmente. Una smorfia le si disegnò sulle labbra al ricordo della conversazione che aveva avuto con la donna. Non riusciva a capire come qualcuno che era così fisicamente perfetto potesse possedere un animo tanto oscuro. Soprattutto, era rimasta turbata da ciò che la donna le aveva detto. Sperava tuttavia di aver frainteso, e cercò di non considerarla una qualche specie di minaccia.

Abbassò lo sguardo sull'abito che Lena le aveva prestato e si lisciò le pieghe della gonna: le stava piuttosto largo, soprattutto in vita e in prossimità del seno, ma tutto sommato era comodo. Il corridoio che portava alla cucina era piuttosto stretto e il pavimento leggermente più polveroso rispetto al resto delle altre stanze. Si diresse lentamente verso l'entrata e bussò con un accenno di timidezza. Il vapore sprigionato da una pentola che sobbolliva sul fuoco la investì in pieno volto. Era appena mattina, perciò il locale era illuminato a giorno, e rivelava le sagome di almeno quattro donne che erano indaffarate ad assaggiare quello che Lilly immaginò fosse uno stufato, ad impastare un composto su un banco da lavoro e a raccogliere la sporcizia dal pavimento.

—Perdonatemi— disse ad alta voce, per attirare l'attenzione. Due delle donne alzarono il capo e sgranarono gli occhi. Una si pulì le mani sul grembiule, e fece cenno alle altre di fermarsi.

—Signorina Ferguson!— esclamò la più anziana. —Cosa fate qui? Non è posto adatto a voi.—

Lilly si gettò uno sguardo alle spalle per controllare che non ci fosse nessuno in vista, poi entrò nella stanza. Ignorando le occhiate stranite delle tre ragazze, si diresse verso la più anziana.
–Perdonatemi, avrei bisogno di parlare con il signor Sanders, ma non riesco a trovarlo da nessuna parte... sapete per caso dove sia?—

- IN REVISIONE- Il bacio del Conte. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora