6. Incontri e scontri

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Lilly si svegliò, la mattina seguente, in preda agli incubi. Incubi in cui Richard Ferguson la picchiava, in cui la Lilly di dodici anni veniva strappata alle braccia di una madre morente, incubi in cui degli uomini tentavano di usarle violenza.

Ansimando, si passò una mano sul volto e si accorse di aver sudato. Poi, confusamente, si guardò intorno, nella penombra della stanza. Su un tavolino laterale c'era una lampada ad olio, che illuminava l'ambiente di notte. Si sporse appena di lato e notò il pavimento in pino, lucido e senza la minima traccia di polvere. Non ricordava quasi nulla di quanto era accaduto. Quella non era la sua camera. Dov'era capitata? Cosa era successo?

Mentre cercava di riavvolgere i ricordi, udì dei colpi leggeri alla porta.

—Signorina, siete sveglia?—

Lilly si bloccò nel letto, paralizzata. Il primo impulso fu quello di rispondere che sì, era sveglia, ma subito dopo rifletté. Non conosceva nessuno, e quella non era casa sua. Se fosse stato qualcuno che avesse voluto farle del male? Decise di rimanere in silenzio, mentre tentava di domare il battito impazzito del proprio cuore. Ma poi, quando i colpi si fecero risentire e divennero persino più insistenti, l'istinto prevalse sul buon senso.

—Sì!

Si accorse di avere la voce bassa, rauca. Si schiarì la gola. —Sono sveglia.—

La porta si spalancò, cigolando leggermente lungo il cardine.

Quella che si presentò sulla soglia, con in braccio un vassoio colmo di cibo e una brocca contenente del liquido, era una ragazza. Una volta superato un iniziale momento d'incertezza e di timore, Lilly si rilassò e dedusse che doveva essere poco più grande di lei.

—Buongiorno, signorina— la salutò con un timido inchino e si avvicinò per appoggiare il vassoio sul comodino accanto al letto.
—Il signor Sanders ha pensato che avreste gradito una buona colazione, dopo il giusto riposo. L'ho preparata personalmente con le mie mani.—
Si sfregò le mani sul grembiule che teneva allacciato in vita. Aveva un sorriso dolce, non troppo esagerato ma nemmeno fasullo. Deglutendo nervosamente, Lilly si spostò una ciocca di capelli mettendosela dietro un orecchio.

—Ti ringrazio. Davvero.

Si inumidì le labbra secche con la lingua e le rivolse un sorriso incerto.

—È il minimo, dopo quello che vi è accaduto la notte scorsa. Sono rimasta sconcertata, dal momento che né Erwin né Douglas avevano mai fatto, o mai tentato di fare, una cosa del genere...

—Di che cosa stai parlando?— chiese Lilly confusamente. La ragazza la fissò con una certa riluttanza, poi le si avvicinò lentamente e allungò una mano a tastarle la fronte.
—Oh, per fortuna non avete la febbre. Però siete un po' pallida... vado a chiamare Lena, magari lei avrà qualcosa da darvi.—

—Aspetta!

Prima che Lilly potesse fermarla la ragazza sparì, apparentemente sorda al suo richiamo, e si chiuse la porta alle spalle.

Lilly fissò il punto in cui era sparita con le sopracciglia inarcate. Cosa era accaduto? Perché d'improvviso la ragazza aveva assunto quello strano comportamento?

Spostò lo sguardo sul vassoio accanto al letto. Osservò il cibo per alcuni istanti e valutò se fosse il caso fidarsi o meno. La ragazza aveva parlato di un certo signor Sanders. Chi era? Perché nessuno si decideva a darle una spiegazione su quanto era successo?

Scostò le coperte e gettò le gambe fuori dal letto. Attese un attimo prima di poggiare il piede sul pavimento, temendo che la caviglia avrebbe ricominciato a pulsare dolorosamente. Invece, con suo grande stupore, scoprì che non c'era più nemmeno un minimo del dolore che ricordava.

- IN REVISIONE- Il bacio del Conte. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora