5. Respirare ancora

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—Vi ho fatto una domanda. Esigo una risposta, e subito, prima che vi tagli via quelle mani e le appenda in aria come carne da macello.—

La voce dell'uomo era talmente profonda e arrabbiata che Lilly rabbrividí. Le mani del soldato erano ancora avvinghiate al suo corpetto, come un'esca nella gola di un pesce. Avrebbe desiderato liberarsene con uno strattone, ma tutto quello che riusciva a vedere in quel momento era lo sguardo autoritario dell'uomo che si stagliava alto nell'oscurità della notte.

Possedeva la tipica postura rigida di chi è abituato a comandare, eppure non aveva l'aria di essere un tiranno. Il suo busto era leggermente inclinato verso destra.
Stesa a terra, con le mani tremanti che cercavano di riallacciare i lacci del corsetto, Lilly dedusse che doveva essere ferito, da qualche parte. Il labbro che suo padre aveva spaccato pulsava ancora dolorosamente. Nella foga dell'accaduto la gonna le si era sollevata all'altezza dei fianchi, lasciandole scoperte le gambe. L'aria fredda della notte le colpì la pelle nuda, procurandole un lungo brivido lungo la schiena. Quando le mani del soldato mollarono la presa sui suoi vestiti, Lilly tornò a respirare normalmente.

—Stavamo solo... pensavamo che lei volesse... —

—Pensavamo che fosse una ladra venuta a rubare la nostra legna, mio signore— intervenne l'altro soldato, alle loro spalle, in tono più deciso. —Volevamo solo darle una lezione.—

L'uomo li scrutó con uno sguardo duro per quelli che sembrarono istanti interminabili, poi si avvicinò di qualche passo, lentamente.

—Rispondete a una domanda: credete forse che quello che stavate per fare sia sinonimo di coraggio? Vi avrebbe forse reso uomini di valore e d'onore?—

I due uomini si scambiarono uno sguardo avvilito, poi abbassarono il capo, impotenti.

—No, signore— risposero all'unisono.

—Molto bene— convenne l'uomo in un tono sempre più duro. —E ora porgete le vostre scuse. In ginocchio.—

I soldati avvamparono, ma dopo qualche attimo di incertezza si inginocchiarono a terra e, chinando ancora il capo, sussurrarono le loro scuse.

Lilly si sollevò con un gemito quando appoggió il piede e un dolore intenso la colpì alla caviglia.
—Sparite— ordinò l'uomo ai due soldati, che si dileguarono in un istante, con il cane al seguito.

—Siete ferita— disse poi inginocchiandosi accanto alla ragazza. —Cosa vi è successo?—

Il suo tono ora era più gentile, niente a che vedere con quello che aveva usato solo pochi minuti prima.
Lei si premette una mani intorno alla caviglia, scuotendo la testa.

—Io... io non posso...— Tacque, mentre un'ondata di lacrime le invadeva le guance, ancora una volta.

—Mi dispiace, non riesco a camminare.—
—Non preoccupatevi— la interruppe lui con gentilezza. —Avrete tempo e modo di spiegare. Spero che non pesiate molto.—

—Come dite?—

Prima che lei potesse avere il tempo di rendersi conto di quelle parole, il braccio dell'uomo passò sotto la sua schiena, poco sopra le natiche.
Lilly si ritrovò sollevata a mezz'aria, senza sapere bene come ci fosse arrivata.

—Mettetemi giù!— gridò colma d'imbarazzo, —Posso camminare da sola.

—Sapete meglio di me che non sareste in grado di muovere un solo passo— fu la risposta. Con lei in braccio, l'uomo imboccó il sentiero che portava al proprio accampamento.
Lilly suppose che non doveva trovarsi molto lontano da lì.

—Anche voi siete ferito... davvero, lasciatemi provare a camminare da sola.—

Non capiva come riuscisse a sostenere il suo peso avendo un fianco ferito, ma doveva ammettere che, per qualche ragione, le sue braccia delicate eppure forti le suggerirono di potersi fidare, anche quando lui non rispose.

Inconsapevolmente, Lilly abbandonó il capo contro il petto di lui. Ascoltò il battito del suo cuore, quel battito che le rimbombó nelle orecchie anche nelle ore successive, quando il sonno arrivò e la trascinò con sé.

***

Un sottile filo di fumo proveniente dal camino gli fece capire che Gareth aveva acceso il fuoco, nel cottage. Il respiro della ragazza gli scaldava il petto. Ogni tratto di pelle toccato da lei si era scaldato. Il dolore al fianco era quasi svanito del tutto. A dir la verità, si era stupito del fatto che una sconosciuta si fosse preoccupata della sua ferita, avendolo visto camminare incerto. La ragazza doveva essersi addormentata, perché non aveva fiatato per tutto il tragitto.
Jack si era aspettato che pesasse di più, invece era l'equivalente di una piuma.

Raggiunse il portico e aprì la porta con un calcio. Il rumore dovette svegliarla perché dalla sua bocca uscirono un paio di gemiti.

—Cosa...

—Non temete— la tranquillizzò lui, entrando nel cottage. La porta si chiuse alle loro spalle con un tonfo, e Lilly sussultò di nuovo. —Siete al sicuro, adesso.—

Un ragazzo sulla ventina li raggiunse, goffo e impacciato come suo solito.

—Mio signore— esclamò, per poi bloccarsi non appena si accorse della ragazza fra le sue braccia. —Che cosa... —

—È ferita— lo interruppe Jack in tono sbrigativo.
—Vai a chiamare Lena, Gareth.—
—Subito, mio signore.—
Il ragazzo chinò il capo, voltandosi e correndo.

—Dove mi state portando?— sussurrò la ragazza quasi incosciente.

—Vi siete storta una caviglia— rispose Jack percorrendo un lungo corridoio in legno e cominciando a salire una ripida scala. —Lena vi rimetterà a posto in un batter d'occhio e poi avrete tutto il tempo di riposarvi.—

—Chi è Lena?—non poté fare a meno di chiedere.
—La nostra guaritrice. Realizza degli intrugli miracolosi, vedrete.—

Il tono dell'uomo era gentile, si rese conto lei, gentile e premuroso. Non esattamente quello che si era aspettata vedendolo piombare addosso ai soldati nel buio della notte.
–Non è davvero necessario, signore. Io devo andarmene...
Ma le sue parole suonarono assurde perfino mentre le pronunciò. Dove mai sarebbe potuta andare ridotta in quelle condizioni, con il corpo e la mente distrutti? Almeno lì, suppose, suo padre non aveva modo di trovarla. Quantomeno, non subito. Decise che ne avrebbe approfittato per riposare e poi, l'indomani, avrebbe proseguito con il suo piano. Anche se ancora non sapeva bene dove l'avrebbe condotta.
–Avete bisogno di stendervi e di dormire, milady– le disse l'uomo con un tono gentile. –Non credo che al momento siate proprio in condizioni di pensare con lucidità a quello che dovrete fare.
Suo malgrado, Lilly doveva convenire con lui. Il sonno la reclamava brutalmente a sé e lo stomaco formicolava per la fame, ma in quel preciso istante la cosa di cui più necessitava era qualche ora di riposo.

—Io vi... ringrazio, signore.—

La sua bocca rimase spalancata, nel tentativo di aggiungere qualcos'altro.
Ma prima che ci riuscisse, priva di forze, si riaddormentò.

- IN REVISIONE- Il bacio del Conte. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora