Hobo Heart Stitches

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Era un pallido pomeriggio d’inverno. E come molti altri pomeriggi invernali il cielo era coperto, nuvoloso con un po’ di pioggia, il vento soffiava e le foglie venivano spazzate via dal marciapiede dalle folate, mentre C.C. e la sua amica Elizabeth stavano tornando a casa da scuola.

«È stata una piacevole passeggiata tanto per cambiare», disse C.C. quando le due stavano per separarsi.

Elizabeth sorrise. «Grazie a te di esserti allungata fin qua. Non riesco ancora a credere che Britany non si sia fatta vedere neanche oggi. Non ha chiamato né si è fatta viva...».

C.C. aveva alzato gli occhi al cielo. «Probabilmente ha fatto buca ed è andata al lago con Glen».

Elizabeth rise. «Probabilmente hai ragione. Bene, ci vediamo domani». Le due ragazze si divisero e C.C. proseguì da sola. Le mancavano ancora un paio di isolati e poi sarebbe arrivata a casa. Mentre camminava vide un piccolo cagnolino dall’ aria trasandata scalpitare contro la grondaia.

«Ehi piccolo che cosa stai cercando?». Si accovacciò e vide un osso incastrato in una crepa del muro. C.C. lo tirò fuori e il cane lo afferrò, per poi schizzare via verso il vicolo.

La ragazza incalzò «Ehi, almeno potevi lasciarti coccolare?».

Quando si voltò indietro verso il vicolo, vide il cane masticare l'osso ai piedi di un ragazzo seduto su una cassa per le bottiglie del latte.
Indossava una felpa grigia e dei jeans sporchi. Era alto, aveva la pelle grigiastra in contrasto con una chioma di capelli bianchi, occhi azzurri che parevano due cristalli e un teschio che sembrava dipinto sul suo viso.

«Ehi ciao». C.C. era rimasta un po' sorpresa «È il tuo cane?».

Il ragazzo guardò C.C. con un'espressione perplessa. «Sì».

C.C. sorrise. «Posso accarezzarlo?».

Ancora un po' confuso il ragazzo si avvicinò a C.C. «Certo... sicura di non sentirti triste?».

C.C. ridacchiò mentre accarezzava il cane «Perché dovrei essere triste?».

«Non lo so, tutti quelli che incontro sono tristi». Rispose il ragazzo.

C.C.aggrottò la fronte. «Beh, questo è orribile. Forse, se non avessi quel teschio sulla faccia la gente avrebbe un umore diverso nei tuoi confronti. È un po' presto per Halloween sai...».

Il ragazzo si strinse le palle.

«Non posso. È una parte di me. Non ho mai incontrato nessuno prima d'ora che fosse felice».

C.C. si voltò per esaminare il volto del ragazzo in modo che potesse vedere meglio il cranio. Allungò una mano e gliela mise timidamente sulla guancia. Ma quando aveva tentato di strisciarla per togliere quella lei pensava trattarsi di vernice, si rese conto che invece era proprio la sua pelle. Tolse rapidamente la mano dal cranio quando i suoi occhi incrociarono il suo sguardo.
Erano di un blu brillante e sembravano illuminati di una intensa luce. Lei iniziò a sentirsi disorientata e scosse col capo per schiarirsi le idee. Riuscì a dire qualcosa mentre cercava ancora le parole per esprimersi.

«I tu... tuoi occhi... uhm il tuo nome... giusto, com'è che ti chiami?».

Il ragazzo sorrise. «Non penso di avere un nome. Sono un Gemberling».

«Un cosa?». Ribatté lei.

«Un Gemberling. Sono stato creato per servire a uno scopo». Rispose il ragazzo.

«Quale scopo?». Domandò C.C. con uno sguardo perplesso.

«Non penso che tu voglia saperlo».
Disse mentre i suoi occhi sembrano diventare blocchi di grigia cenere.

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