Teddy

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Cominciai a provare strani sentimenti riguardo all’orsetto quando lo portarono a mia sorella la prima volta. Lei era solo una bambina al tempo, io avevo quattro anni. Avevamo un cane, in quel periodo, a cui piaceva tanto mangiucchiare gli oggetti che trovava in giro per casa, così mia madre mise l’orsetto su una mensola nell’angolo del corridoio, al piano di sopra. Ogni volta che salivo le scale vedevo quel dannato peluche sbucare dalla mensola, come se mi stesse osservando. La cosa comincia a farsi interessante quando mia madre, avendo mia sorella perso ogni interesse per quell’orsetto, lo ripose nella vecchia vetrinetta. Il problema è che la vecchia vetrinetta era nella MIA camera!

Avevo nove anni, e secondo i miei genitori ero abbastanza grande per andare a dormire da solo. Il momento in cui mi infilavo sotto le coperte e spegnevo la luce era quello più terrorizzante, abituato all’abbraccio materno e al bacio della buonanotte. Solitamente, quando il sonno cominciava a calare sui miei occhi, mi ricordavo che l’orsetto era nella vetrina. Allora giravo lentamente la testa, fino ad incontrare lo sguardo vitreo del pupazzo. Non riuscivo a guardarlo più di qualche secondo, poi mi rintanavo sotto le coperte, in posizione fetale in modo da proteggermi da ciò che poteva esserci al di fuori. Una sera, avevo più o meno dieci anni e volevo crescere e lasciarmi dietro tutte le mie paure, decisi di lasciar perdere il solito rituale di occhiate e fughe. Mi lasciai andare stancamente sul cuscino senza pensare a nulla, e il sonno non tardò ad arrivare. Fu quando dovetti accomodare le coperte che vidi qualcosa che mi segnò a vita. Alzandomi, notai seduto in fondo alla camera, l’orsetto. Dopo lo spavento iniziale constatai che era solamente lì fermo, e il cuore ricominciò a battermi normalmente. Probabilmente mia madre l’aveva spostato per fare le pulizie, istintivamente però continuai a guardarlo, senza staccargli gli occhi di dosso. Rimasi così, seduto sul letto, per circa due minuti, finché non dovetti sbadigliare. Chiusi gli occhi, e quando li riaprii per fissare il peluche in fondo alla camera mi venne un colpo. L’orsetto era ancora seduto, stavolta però più vicino al letto. Spaventato, mi guardai intorno cercando qualcuno della mia famiglia che avrebbe potuto spostarlo, quasi svenendo dalla paura. Quando mi ripresi l’orsetto non era più lì. Mi guardai attorno per cogliere un possibile segno, ma era veramente sparito.

Caddi pesantemente sul letto, e, sperando di riaddormentarmi in fretta, aprii gli occhi. Sopra la mia testa, c’era quel coso che mi osservava, e gridai quando cadde sopra di me. Non avrei mai più guardato un orso con gli stessi occhi di prima.Dopo anni di orrore, presi la decisione di bruciarlo, e le notti ricominciai a dormire tranquillo, sapendolo ridotto in cenere nel mio caminetto.

Passai l’adolescenza normalmente, senza problemi di alcun tipo, come un ragazzo normale, dimenticando tutte queste storie che ormai reputavo infantili.

Ora sono un ragazzo di diciannove anni, in procinto di andare a vivere da solo, nella mia nuova casa. Mi erano appena state date le chiavi di casa e finalmente portai davanti all’uscio l’ultimo scatolone. Entrai in casa e chiusi la porta dietro di me, appoggiando il pacco sul tavolo della cucina. Lo aprii e vidi una vecchia vetrinetta. Non mi ricordavo di averla impacchettata, ma non mi importava più di tanto, dato che ero eccitato al pensiero che avrei abitato da solo. Tornai in cucina a prendere la televisione da portare in salotto, quando mi girai e lo vidi.

L’orsetto.

Che mi guardava.

Che mi guardava

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