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Ero rotta. Rotta dentro.

Non provavo niente. Il vuoto più assoluto. Navigavo nel limbo.

Sentivo, ma non ascoltavo. Guardavo, ma non vedevo.

Ero entrata in uno stato di coma apparente.

Non sapevo che giorno era e non mi interessava.

Mi rendevo conto della situazione, ma non riuscivo ad uscirne.

Lo stereo non smetteva mai di funzionare.

Appena sorgeva il sole, uno dei gemelli mi svegliava con la colazione e tornavo a dormire. Pranzavo e dormivo. Ogni sera al tramonto venivo trasportata verso il bagno e venivo depositata dentro la vasca piena di acqua calda e venivo lavata. Cenavo e dormivo.

Svariati giorni passarono in questo modo.

Non parlavo. Sostanzialmente ero come un vegetale. Ecco cosa facevo: vegetavo.

Una mattina venni svegliata da una canzone. L'unica canzone che poteva far tornare a galla tutto il dolore. L'unica canzone che avrei dovuto evitare a tutti i costi.

Behind Blue Eyes.

No, no, no, no.

Aprii gli occhi e di scatto scesi dal letto.

"No, no, no!" urlai.

"Maggie! Cosa succede?" Chiese Thomas con tono preoccupato.

"No, no, no!" continuavo a ripetere.

Arrivata davanti allo stereo iniziai a schiacciare ogni tasto.

Perchè non si spegne?! Perchè questo fottutissimo oggetto non smette di funzionare?!

"Maggie fermati!" disse Thomas, ormai in piedi di fianco a me. Avvolse una mano intorno al mio polso.

"Fermati" disse ancora.

"No!" ripetei, spingendo via la sua mano.

Schiacciavo tutti i pulsanti ma niente da fare. Quell'aggeggio non voleva spegnersi.

Frustrata, staccai la spina dalla presa e la musica cessò.

Appena il silenzio si fece spazio nella stanza, mi accasciai a terra contro il muro.

Thomas si inginocchiò davanti a me. Aveva gli occhi spalancati e la bocca leggermente aperta.

Lo guardai. Lo guardai davvero, non come i giorni precedenti.

I suoi occhi erano spenti e circondati da occhiaie violacee.

Se lui aveva questo aspetto, chissà com'ero io.

Dopo quello che mi sembrò un tempo infinito, parlai.

"Stai di merda" la voce mi uscì bassa.

Un sorriso gli incurvò le labbra, illuminandogli un po' gli occhi.

"Dovresti vedere la tua faccia" rispose con tono divertito.

Involontariamente un sorriso si fece strada sul mio volto. Sempre più ampio, divenne presto una risata.

Stavo ridendo. Cazzo, stavo ridendo. Non credevo d'essere in grado di far uscire ancora questo suono dalle mie labbra.

Thomas si unì alla mia risata.

Stavamo letteralmente rotolando sul pavimento.

Ero ufficialmente uscita dal mio stato catatonico, se così si poteva chiamare.

Certo, il dolore non sarebbe scomparso, ma stavo reagendo.

Dopo giorni passati a sopravvivere, ero pronta per tornare a vivere.

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