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Oliver's POV

"Non so da dove iniziare"

Non lo sapevo davvero. Erano troppe le cose che volevo raccontarle.

Continuavo a guardare in basso, incapace di dare voce ai miei pensieri, ai miei ricordi.

"Comincia dall'inizio" posò una mano sul mio braccio, delicata, come la sua voce.

Annuii.

"Quando ero a New York ero diverso. Non diverso d'aspetto, ma come persona.

Tutto cominciò quando avevo quattordici anni.

Ero poco più di un ragazzino, andavo ad una scuola privata, una delle migliori della città. Avevo bei voti, non arrivavo mai in ritardo. Un alunno modello, in pratica.

Un giorno, a metà marzo, uscii di casa per andare a scuola. Poco distante da casa, mi ricordai d'aver dimenticato sulla mia scrivania un saggio molto importante a cui avevo lavorato per settimane, così tornai indietro a prenderlo. Appena aprii la porta di casa, vidi mio padre che si scopava la sua segretaria sul tavolo su cui mangiavamo ogni cazzo di giorno.

Rimasi sconvolto nel vedere mio padre tra le cosce di quella donna.

Ci misero un bel po' di minuti prima di accorgersi della mia presenza, probabilmente se non avessi fatto cadere un vaso all'ingresso, non mi avrebbero nemmeno notato.

Rimasero di sasso. Mio padre fu il primo a riprendersi.

Si tirò su i pantaloni e venne verso di me. Ogni passo che faceva lui, io ne facevo uno indietro.

Ero schifato ed incazzato. Molto incazzato.

Scappai da quella casa senza guardarmi indietro, con mio padre che mi chiedeva di fermarmi, di ascoltarlo.

Filai dritto a scuola.

Non parlai con nessuno. Non guardai nessuno.

Questa storia andò avanti per parecchio tempo.

In breve i miei voti precipitarono.

Ero talmente incazzato con quello stronzo che ogni sera mi guardava e mi faceva la predica sui miei doveri riguardo la scuola.

Non avevo detto niente a mia madre su ciò che avevo visto quel giorno, non dovevo farlo io, ma lui.

I giorni passavano e lui ancora non glielo diceva.

Iniziai a picchiare qualche ragazzo a scuola, rispondere male ai professori. Avevo sempre un posto riservato in presidenza.

Una volta presi a schiaffi il preside e fui espulso.

Cambiai scuola ed ogni volta venivo espulso.

Negli anni successivi incominciai a frequentare ragazzi più grandi di me. Compravano alcool e cocaina ed io ne feci uso per parecchio tempo.

Stavo fuori tutte le notti, solo per non vedere quello stronzo di mio padre che recitava ancora la parte del marito perfetto.

Stavo male.

Una notte tornai a casa molto ubriaco, avevo diciassette anni.

Feci un sacco di rumore ed i miei genitori si svegliarono.

Ricordo ancora la faccia di mia madre quando le raccontai che gran figlio di puttana fosse suo marito e cosa aveva fatto.

Mia madre piangeva ed urlava contro di lui.

Lo cacciò di casa quella notte stessa e il mattino dopo andò dal suo avvocato per avviare i documenti del divorzio.

Per qualche mese restammo in quella casa, ma poi mia madre ebbe un crollo emotivo e così decise di venire a vivere qui, dove era cresciuta.

E poi ti ho incontrata"

La guardai.

Dai miei capelli scesero alcune goccioline d'acqua lungo le mie tempie.

Non sapevo cosa le frullava in testa.

Le presi una mano ed intrecciai le sue dita alle mie.

Mi guardò. La sua espressione esprimeva tutto l'amore e la comprensione del mondo.

La amavo anche per questo.

Non mi faceva mai sentire inadeguato.

Si sporse e mi abbracciò.

Le sue piccole braccia erano avvolte intorno al mio collo.

"Grazie" sussurrò.

"Per cosa?" chiesi timoroso.

"Per avermi raccontato la tua storia prima di me"

Un timido sorriso si fece strada sul suo bellissimo viso.

La baciai.

Appoggiai la mia fronte alla sua, gli occhi che non si lasciavano.

"Ti amo" le dissi a bassa voce.

"Ti amo" rispose nel tono più dolce che avessi mai sentito.

Miele e CaffèDove le storie prendono vita. Scoprilo ora