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L'occhio venne catturato dall'immagine stampata sulla copertina.

Era la foto di una donna che sorridendo spingeva un bambino altrettanto sorridente, probabilmente suo figlio, su un'altalena. Sembravano così felici.

Il titolo era 'Tu sei qui'.

Sfogliai le pagine ed andai direttamente alle note sull'autore.

La scrittrice era Kelly Goldman, residente a New York, autrice di altri romanzi tra cui molti recensiti positivamente dal New Yorker e New York Times.

-Wow. Deve essere brava- pensai, guardando la foto che occupava metà pagina.

Capelli biondo cenere liscissimi facevano da sfondo ad un viso molto giovanile. Sicuramente non aveva più di una quarantina d'anni. Occhiali neri dalla montatura rettangolare incorniciavano due grandi occhi blu che sembravano gentili. Un sorriso brillante fece intravedere dei denti bianchi e drittissimi.

Era una bellissima donna.

E aveva un'aria vagamente famigliare.

Senza soffermarmi troppo su quest'ultimo particolare, chiusi il libro e lo riposi sopra gli altri.

"Ho delle cose da fare" la voce di Mister Bates mi fece sussultare.

"Va bene Mister Bates, ci penso io a chiudere stasera, non si preoccupi"

Annuì e prese dei fogli vicino alla cassa.

"A domani" disse in modo quasi sgarbato.

"A domani. Arrivederci Mister Bates" gli dissi mentre uscì dal negozio.

Mi guardai in giro.

Avrei dovuto fare un po' di ordine in mezzo a quel caos.

Mi rimboccai le maniche ed armata di forza e coraggio, mi misi all'opera.

Tra volumi da spolverare e tavolini da spostare, mi ritrovai a pensare ad Oliver.

Un brivido scese lungo la mia spina dorsale.

Il pensiero delle sue mani su di me, mi mandava in cortocircuito.

La parte bassa del mio corpo fremeva per il suo contatto.

Mi trovai a fantasticare su come sarebbe fare l'amore con lui.

Curiosità e voglia mi spinsero a desiderarlo in ogni modo possibile.

Le campane della chiesa in fondo alla piazza suonarono, riportandomi alla realtá.

Guardai l'orologio situato sulla parete dietro il bancone con la cassa e notai con grande sorpresa che mancavano poco più di una trentina di minuti alla chiusura.

Il tempo era letteralmente volato.

Andai dietro il bancone e tirai fuori il telefono dalla borsa.

Composi il numero con dita tremanti.

"Ciao piccola" rispose al secondo squillo.

"Ciao Oliver. Tra circa venti minuti finisco, vieni a prendermi?" chiesi timidamente.

"Certo! Sarò lì tra poco"

Chiusi la telefonata.

Finii di sistemare alcune cose sul bancone e guardai fuori.

Era buio. La strada principale era illuminata dai lampioni ma oltre quella luce, tutto era avvolto dall'oscurità.

Sinceramente, avevo un po' di paura.

La porta si aprì.

Il mio cuore mancò un battito e un urletto soffocato si fece spazio nella mia gola.

Mi si formò la pelle d'oca sulle braccia.

Mentre un brivido di terrore attraversò tutto il mio corpo, spuntò una persona da dietro uno scaffale.

"Piccola!"

Ci misi poco meno di un attimo per riconoscere a chi appartenesse la voce.

"Oliver! Mi hai fatto spaventare!"

La mia voce era salita di un'ottava.

Con il cuore ancora martellante, feci un respiro profondo per tentare di calmare i nervi.

"Scusami piccola, giuro che non volevo spaventarti" il tono era dolce ed un po' preoccupato.

Annuii e mi rilassai un poco.

"Dai vieni, ti porto a casa"

Annuii ancora.

Presi le mie cose, chiusi il negozio e insieme ci dirigemmo alla sua Mustang.

"Mangi da me?" mi voltai per guardarlo mentre guidava.

"Si va bene" mi sorrise, ancora concentrato sulla strada davanti a noi.

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