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Il mio cervello era in tilt.

Volevo scappare, non guardare più la scena davanti a me. Ma i miei piedi non ne volevano sapere di muoversi di un solo millimetro ed i miei occhi non volevano chiudersi.

Ero paralizzata.

Tutto il sangue sembrò essere scomparso dal mio organismo.

Il respiro aumentò mentre il mio cuore si sgretolava ed i frammenti finirono sul pavimento, come piccole schegge di vetro.

Guardai il corpo di Amber sopra quello di Oliver.

Il mio Oliver. Il mio ragazzo.

Lui era sdraiato sul materasso, le mani appoggiate su di esso mentre lei gli stava a cavalcioni.

Un urlo agghiacciante uscii strozzato dalle mie labbra.

Non potevo crederci.

Le loro teste si girarono rapidamente appena il suono si liberò nell'aria intorno a me.

Gli occhi e la bocca di Oliver erano spalancati, sorpresi.

Un ghigno malefico si formò sul volto di Amber.

No, no, no.

No.

Non poteva essere possibile.

Oliver spinse la ragazza sul letto, venendo verso di me.

I miei piedi ripresero vita e fecero un passo indietro.

"Non ti avvicinare" dissi a bassa voce.

"Lascia che ti spieghi. Non è come pensi" disse cercando di prendermi la mano.

Spostai bruscamente il braccio prima che potesse toccarmi.

Rabbia e dolore si impossessarono di me.

Ero sull'orlo delle lacrime, ma non avrei pianto. Non lo avrei permesso per nessun motivo al mondo.

Il mio cervello sembrò riconnettersi.

Dovevo andare via da lì. Via da loro, via da lui.

Mi girai e velocemente percorsi il corridoio fino alle scale, le scesi.

Spingevo ogni persona che ostacolava il mio cammino, non mi interessava.

Dovevo respirare.

Presi le chiavi della mia macchina e la giacca ed in un lampo fui fuori da casa mia.

Potevo sentire i passi di Oliver dietro di me.

"Maggie! Aspetta!" Urlò.

Continuai a correre verso la mia Golf. Salii al volo e chiusi le sicure.

"Maggie cazzo! Devi ascoltarmi!" urlava e sbatteva le mani contro il finestrino.

Avevo paura che si frantumassero.

Misi in moto e sgommai lungo la strada.

L'adrenalina infuocava le mie vene.

Guidai senza sosta e senza meta per chilometri.

La nebbia prodotta dalla rabbia si schiarì lasciando mille domande.

Perchè? Perchè?

Trovai uno spiazzo vuoto e mi parcheggiai.

Il telefono continuava a vibrare nella mia tasca. Sullo schermo lampeggiava l'icona dei messaggi. Ricominciò a vibrare, questa volta era una chiamata. Nell'istante in cui il suo nome apparve, lo spensi.

Non volevo sentirlo. Non volevo sentire la sua voce che mi spiegava per quale cazzo di motivo fosse finito sotto il corpo seminudo di Amber.

L'immagine era viva nella mia testa.

Cazzo! Perchè?

"Non è come pensi" le sue parole ancora nelle orecchie. Non era riuscito a dire nulla di più originale.

Sentivo tutto il peso dell'umiliazione sulle mie spalle. Un macigno si era posizionato dentro il mio petto.

Le farfalle che svolazzavano nel mio stomaco fino a solo qualche ora fa, erano state torturate e infine uccise.

Ero ferita nell'anima.

Umiliata.

Appoggiai la testa contro il volante e lasciai che le calde lacrime amare tracciassero indisturbate la loro strada lungo le mie guance, bagnando tutto ciò che sfioravano, fino a depositarsi sui miei jeans e filtrando attraverso il tessuto, formando piccole chiazze.

Miele e CaffèDove le storie prendono vita. Scoprilo ora