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Camminavamo piano attraverso il sentiero alberato, mano nella mano, in completo silenzio.

Non sapevo cosa dire.

Sul bordo della stradina trovammo una panchina.

Mi fece un cenno col capo in direnzione di quest'ultima "ti va di sederti?"

Acconsentii.

"Mi piace questo posto" disse mentre si guardava intorno tra gli alberi.

"Si anche a me. Ci portavano sempre quando eravamo piccoli" risposi con un velo di nostalgia.

"A quei tempi ero più alta dei gemelli" ridacchiai, ricordando come li guardavo dall'alto.

Gli angoli della sua bocca si sollevarono e mi strinse dolcemente la mano.

"Mia mamma, invece, quando ero piccolo mi portava spesso allo zoo di Central Park"

"Vivevi a New York?" chiesi piena di curiosità.

Annuì "si, abitavamo a Manhattan"

Wow.

"Bello! E come mai vi siete trasferiti qua?"

Distolse lo sguardo e alzò le spalle "mia madre era stufa del caos. Viveva qua, quando era giovane"

"Oh" fu l'unica cosa che riuscii a dire.

Deve essere brutto lasciare il posto che ritenevi casa tua, così, di punto in bianco e senza che sia tu a deciderlo.

Come se mi avesse letto nel pensiero disse "mi piace qua. Non è New York, ma è bello" mi guardò e sorrise.

Mi fissava negli occhi con una tale intensità che mi fu difficile ricordarmi di respirare in modo adeguato.

Si avvicinò lentamente, sempre guardandomi.

Sangue ed elettricità mi bollivano nelle vene.

Il resto del mondo scomparve quando le sue labbra si posarono sulle mie.

In quel momento c'eravamo solo noi due.

Io e lui.

Maggie e Oliver.

Chiusi gli occhi per gustarmi il mio primo bacio.

Aveva le labbra morbidissime.

Si staccò leggermente e sorrise.

Occhi negli occhi.

La natura intorno a noi riprese colore.

Un trillo improvviso da dentro la mia borsa, mi fece saltare sulla panchina, rovinando il momento.

Cercai il telefono.

"Maledizione!" scattai in piedi.

Mi guardò confuso "tutto bene?"

"Si, scusa. Devo andare al lavoro" dissi mortificata.

Si alzò, mi riprese per mano e ritornammo indietro fino alla sua auto.

"Ti do un passaggio. Dove devi andare?" estrasse le chiavi dalla tasca dei jeans.

"No tranquillo, vado a piedi"

"Dai piccola, mi fa piacere"

Ci pensai un secondo.

"Ok. Puoi portarmi a casa per favore?" chiesi arrossendo.

"Certo. Salta in macchina" sorrise.

Accese l'auto e iniziai a dargli le indicazioni su come arrivarci.

Si fermò davanti casa mia.

"Grazie Oliver" lo guardai.

Si avvicinò e mi baciò.

"Di niente, piccola" sorrise.

"Ora vai, o farai tardi"

Annuii.

Aspettò che entrai in casa e poi partì.

Mi chiusi la porta alle spalle e mi ci appoggiai contro.

Un sorriso da parte a parte mi invadeva la faccia, ma non me ne importava.

Ero felice.

Fottutamente felice.

Miele e CaffèDove le storie prendono vita. Scoprilo ora