CAPITOLO 6

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Cominciavo a sentirmi sempre più forte. Di giorno in giorno.

Gli allenamenti con Adrian andavano sempre meglio, anche se il nostro rapporto sembrava essersi distaccato. E mi chiedevo il perché.

Mi chiedevo se, da vampira, non gli piacessi più. Se fosse stato così non me ne sarei mai fatta una ragione; forse, perché l'unico motivo per la quale ero contenta della mia trasformazione era lui. Nessun altro.

Però, tutto sommato, quando Jason chiedeva di dargli il cambio lui scuoteva la testa e rispondeva in modo freddo e brusco.

Voleva esserci solo lui come mio insegnante. L'unico e il solo.

Ma, la cosa più spaventosa e glaciale di tutte, e che non dormivamo nemmeno più assieme. Insomma, io avevo la mia vecchia camera da ospedale e lui la sua.

Non avevo nemmeno mai visto la sua stanza e la cosa mi faceva stringere il cuore in una morsa.

<<Ehi, anche tu qui?>>. Sentii una voce femminile alle mie spalle e mi chiesi chi potesse essere a quell'ora di notte.

Credevo che solamente io fossi l'unica a non riuscire a dormire in questo splendido posto.

La natura e il rumore proveniente da essa confortava il sonno. Tranne a me, naturalmente.

Io pensavo ad Adrian.

<<Rachel>>, feci il suo nome e la guardai farsi avanti nel buio della cucina.

Ormai, era diventata abitudine tenere la luce spenta. Riuscivamo a vedere al buio come degli animali e la cosa mi faceva persino piacere.

Prese due bicchieri in vetro e me ne poggiò uno davanti, prendendo poi dal frigo una bottiglietta di sangue e versandone metà e metà.

Cos'era tutta questa gentilezza da parte sua? Aveva davvero calato l'ascia di guerra, allora?

Lo presi in mano e cercai di tramutarlo in acqua solamente con la forza del pensiero.

<<Ci vorrà tempo prima che io mi abitui a bere il sangue...>>, sussurrai, chiudendo gli occhi e bevendolo tutto d'un fiato.

Il sapore era buono, l'odore era rassicurante e persino quando mi scorreva nella gola mi dava quel senso di pace. Eppure, qualcosa in tutto ciò ancora non mi convinceva pienamente. Non al cento per cento, almeno.

<<Oh, ci farai l'abitudine... tranquilla>>, mi sorrise e bevve il suo, lentamente, <<allora, che cosa ci fai qui a quest'ora? Insonnia?>>, domandò poi, cambiando discorso.

Avrei dovuto parlargliene?

Certo che sì! Non potevo tenermi tutto dentro o sarei scoppiata.

Annuii e sospirai.

<<Non riesco a dormire. Ho troppi pensieri che mi frullano nel cervello>>, le rivelai.

<<Sì, l'ho notato. Ti vedo molto più... triste, silenziosa e distaccata da tutti. Persino con Greta e Adrian>>

<<È lui ad essere distaccato da me. Ed io faccio lo stesso con gli altri>>

Per un attimo rimase in silenzio e mi osservò. Potevo sentire il suo sguardo addosso.

<<Sai, Lidya... Adrian è vivo. È vivo e vegeto e qualsiasi cosa sia successa tra voi due sarà aggiustabile. E se non si aggiungerà oggi lo si potrà fare domani, o dopo domani. Sempre>>, scosse la testa e tremò, posando il bicchiere ormai vuoto sul tavolo, <<ma io... io sono così perché Jackson non c'è più. E senza di lui nulla si può aggiustare. Però tu puoi farlo e ti direi di andare da lui anche in questo preciso istante se non vuoi finire come me>>

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