CAPITOLO 32

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<<Sei pronta, Lidya?>>, mi domandò Randall con voce seria e per nulla spaventata.

Annuii.

<<Non appena lo sei tu, sarò pronta anch'io>>, risposi in maniera decisa.

Ed era questo ciò che volevo: rimanere tranquilla e positiva con la convinzione che tutto sarebbe andato per il meglio.

<<Io sono pronto>>, sentenziò lui non lasciandomi nemmeno un attimo per me stessa.

Subito fui presa dal panico improvviso e addio positività.

L'idea di non saper minimamente che cosa mi avrebbe aspettato mi metteva solamente più angoscia.

<<Farà male?>>, domandai stringendo il pugno della mano destra.

Annuì.

<<Un po'; ma non sarà nulla di che. Una cosa alla quale potrai resistere>>, alzò le spalle come se nulla fosse e già mi sentii molto meglio rispetto a prima.

<<Okay...>>, mormorai senza saper cos altro aggiungere per allungare il momento di tortura. 

Sarei voluta rimanere altro tempo ad aspettare proprio per non arrivare a questo esatto momento; ma sapevo che sarebbe stata una lotta contro me stessa alla quale non avrei potuto rifiutare. 

<<Stenditi, rilassati e chiudi gli occhi>>, m'ordinò con voce tranquilla. 

Feci quanto richiesto, appoggiando la testa sul cuscino troppo morbido e sprofondando nel materasso con le braccia distese sul ventre. 

Attorcigliai le dita e presi un respiro profondo per poi non pensare più a nulla. 

Non volevo soffrire ancor prima d'iniziare e dovevo assolutamente farmi trovare preparata.

Ne andava della mia vita!

<<Pensa a qualcosa di bello, positivo...>>, aggiunse subito dopo. 

Sorrisi e subito il mio pensiero arrivò ad Adrian. 

<<Pensare a qualcosa di bello t'aiuterà>>, mi spiegò subito dopo.

Sentii un respiro profondo e, subito dopo, le sue mani si appoggiarono sul mio petto. 

<<Sentirai una leggera pressione che ti brucerà appena>>, spiegò ancora, <<il bruciore crescerà e si dilanierà in tutto il corpo; ma dovrai resistere>>. 

Annuii.

<<Rimarrai addormentata fisicamente; quindi non potrai muoverti>>, sospirò, <<starà a te decidere se resistere e risvegliarti o darti per persa>>. 

Annuii nuovamente, ora molto più sicura rispetto a prima. 

Adrian mi aspettava fuori da questa maledettissima stanza e non potevo lasciarlo con l'amaro nel petto per tutta la vita: non potevo farlo uccidere per me. 

<<Iniziamo>>, sussurrò lui e, dopo qualche millisecondo, sentii un colpo pesante dritto nel petto che mi lasciò senza fiato. 

Annaspai alla ricerca d'aria e strinsi i denti non appena le sue mani iniziarono a bruciarmi i polmoni. 

Avrei voluto urlare; ma non riuscivo nemmeno più ad aprir bocca. 

Mossi un dito, l'indice, ancor opponibile e tentai di richiamare l'attenzione di Randall per farlo smettere; ma sapevo che sarebbe stato inutile. 

Un altro colpo, ora più forte, mi fece sussultare. 

Sentii il mio corpo saltare in aria di qualche millimetro per poi riposizionarsi sul materasso sgualcito. 

Rimasi immobile e con il calore che, a poco a poco, si propagava in tutto il corpo fino a dilaniarmi del tutto. 

Volevo urlare, trasformarmi e morderlo fino a farlo smettere; ma niente di tutto ciò era possibile. 

Resistetti solamente a tutti i miei impulsi e mi lasciai travolgere da quel calore sempre più presente per poi sentirlo arrivare nelle tempie.

Tentai di respirare ancora e mi aggrappai alla mia poca forza di volontà ormai rimasta. 

Sembrava di essere stata gettata dentro alle fiamme ardenti e, in quel momento, non c'era nessuno in grado di spegnermi. 

In quel momento di assoluto terrore pensai ad Adrian: al ricordo dei suoi baci, del suo corpo nudo disteso sopra al mio e alla sua voce. 

Quest'ultima mi risuonava in testa frasi d'amore come un angelo custode che tenta in tutti i modi possibili di tenerti in vita. 

L'ascoltai cercando pace e mi diressi verso quella luce che, sicuramente, mi avrebbe portato alla salvezza. 

Tentai di non ascoltare il dolore del corpo; ma solamente al canto della mia mente per poi avvicinarmi sempre di più allo sguardo di Adrian che mi osservava da lontano. 

Cercai di corrergli incontro e di aggrapparmi a quell'unica speranza; ma più m'avvicinavo e più la voce ed il suo profumo si allontanavano di tutta corsa. 

Mi fermai nel bel mezzo del vuoto, ricoperta dalle fiamme e dal fumo ormai più che visibile. 

Niente più luce, se non leggeri bagliori qui e là.

Tentai di urlare e mi spinsi le mani sulle tempie per calmare l'ustione. 

Vidi la mia pelle cadere a terra e sgretolarsi del tutto per poi farmi risucchiare via dal fuoco. 

Iniziai a sussurrare preghiere di conforto a qualsiasi persona mi stesse ascoltando; ma sapevo di essere sola come sapevo che nessuno poteva aiutarmi. 

M'immaginavo semplicemente lì, in quel letto, probabilmente impassibile a tutto ciò che mi stava capitando. 

Magari ero senza fiato e sudata; ma nient'altro avrebbe potuto far capire quello che stavo passando dentro me stessa, persa nell'oblio. 

Poi, subito dopo, un boato. 

La terra iniziò a tremare e subito vidi l'inferno. 

Mi spostai cercando un appiglio; ma non riuscivo a vedere ad un palmo dal mio naso finché, spostandomi all'indietro, non caddi nel baratro.

Mi aggrappai saldamente ad una sporgenza rocciosa per poi guardare di sotto ed iniziare a piangere e urlare come una dannata. 

Mi sentivo risucchiata da quel vortice di calore e, probabilmente, ci sarei anche caduta dentro. 

Sapevo di non dover mollare, di dover continuare a lottare e sperare che tutto andasse per il meglio. 

Volevo vivere. 

Lo volevo con tutte le mie forze. 

Presi una boccata d'aria, socchiusi gli occhi, e mi aggrappai anche con l'altra mano per poi cercare d'issarmi fino a quando, sfortunatamente, la roccia si sgretolò sotto al mio peso fin troppo pesante.

Tentai di risalire, ormai troppo tardi, e subito dopo caddi nel vuoto, ingoiata dalle fiamme. 

VERBENADove le storie prendono vita. Scoprilo ora