CAPITOLO 18

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Mi svegliai grazie ad una piccola folata di vento proveniente da non so dove.

Sentivo la testa leggera e avevo come l'impressione di non riconoscere il posto in cui ero sdraiata. E non né camera mia né la mia vecchia casa.

Sbattei le palpebre appoggiandomi al materasso sotto di me. Un materasso alquanto duro, oltretutto.

<<Oh, ti sei svegliata>>, mormorò qualcuno.

Sentii la voce provenire da sotto di me e, spalancando gli occhi per la stranezza di quella situazione, mi guardai con il corpo su quello di Jason. Nemmeno me n'ero accorta!

Mi alzai di scatto battendo la testa contro alla punta della tenda troppo bassa e mi portai una mano, massaggiandomela. Mi sedetti con i piedi sotto al sedere e, lentamente, spostai una ciocca di capelli alquanto arruffata dietro all'orecchio destro.

Arrossii.

<<Dormito bene?>>, domandò lui ancora sdraiato e con la maglietta che gli lasciava scoperti gli addominali fin troppo visibili.

Sgranai gli occhi e annuii.

Splendidamente, avrei voluto dire; ma non mi sembrava poi così giusto da aggiungere alla mia risposta più che fredda.

<<Scusami...>>, mormorai poi ancora imbarazzata, <<non me ne sono accorta>>.

Alzò le spalle, alzandosi e abbassandosi e togliendosi del tutto la maglietta.

A quel punto fui costretta a voltarmi verso il lato sinistro della tenda con la speranza che non notasse ciò che stavo provando in quel momento: vergogna e niente più. Oltretutto, c'era da specificare che era il cugino del mio ragazzo. Se Adrian fosse venuto a sapere tutto ciò ci avrebbe uccisi entrambi.

<<Tranquilla>>, si voltò e per un attimo lo sbirciai per guardarlo negli occhi.

Notando il mio imbarazzo sorrise e uscii fuori dalla tenda a petto nudo scuotendo piano la testa.

Rimasi per un attimo immobile a guardare il nulla e, solamente quando fui convinta di aver fatto scivolare via il rossore, uscii fuori sotto l'accecante luce del sole con il mio zainetto in spalle. Chiusi gli occhi portandomi una mano alla fronte e subito indietreggiai cercando Jason con lo sguardo.

Volevo solamente andarmene via da lì il prima possibile. Quindi, trovare le sirene, fare uno stupido patto con loro, prendere la belladonna e riaffrontare il lungo viaggio verso casa. Solo questo e niente più.

<<Jason!>>, lo chiamai facendo un altro passo avanti e appoggiando un pugno sul fianco. Mi sentivo una vecchia campagnola in quella posizione; così, ritornai normale.

<<Sono qui!>>, urlò lui. Misi in funzione il mio super udito ed iniziai ad incamminarmi in direzione dell'auto di Greta, <<aspetta, però. Mi sto cambiando>>, mi fermò prima che io potessi avvicinarmi troppo.

Deglutii decidendo di non rispondergli e feci qualche passo indietro, giusto per fargli notare che non avevo visto proprio un bel nulla.

Iniziai ad ammirare il cielo coperto solamente da due o tre nuvole. Qualche pettirosso cinguettava sui rami ed io ero certa di essere impazzita in quel preciso istante.

<<Eccomi>>, sussurrò lui al mio fianco.

Sobbalzai portandomi una mano al petto e facendo un salto bello alto.

<<Jason! Mi hai...>>, sospirai.

<<Spaventata?>>, finì lui ridacchiando allegramente.

VERBENADove le storie prendono vita. Scoprilo ora