CAPITOLO 28

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Senza nemmeno scambiarmi uno sguardo d'intesa con il resto della famiglia, subito corsi al piano superiore con i miei quasi poteri da vampira.

La porta era socchiusa ed ero sola essendo che Randall era rimasto lì, impassibile e appoggiato alla ringhiera, sorreggendosi.

<<Io andrò a coricarmi. Scusate...>>, mormorò stancamente e subito deglutii, appoggiando una mano sulla porta e contando mentalmente fino a tre.

Mi sembrava ancora troppo strano il fatto che Dominic fosse sfuggito alla morte del tutto certa; o, almeno, prima lo era di sicuro.

Avrei dovuto ringraziarlo dal principio? Chiedergli come stava? O, semplicemente, sorridergli aspettando che fosse lui il primo ad aprir bocca?

Spinsi la porta e subito sentii una mano più che conosciuta stringermi la spalla.

Adrian era dietro di me: potevo riconoscerlo dal suo inconfondibile profumo al muschio e da ciò che mi trasmetteva il suo semplice contatto fisico. Anche se lieve.

Questo gesto, per lui, stava a significare come un fattore di rassicurazione e protezione. Come se nulla sarebbe potuto andar peggio di così, ormai.

Mi decisi a entrare, spingendo la porta e trattenendo il fiato con la paura che anche solo quel rumore potesse in qualche modo danneggiare quella sottospecie di miracolo.

E, insomma, se aveva guarito lui poteva benissimamente guarire anche me. O, almeno, così speravo e continuavo a ripetermi nel cervello per non mollare la corda prima del dovuto.

Ed era lì: i capelli biondi spettinati e appiccicati alla fronte per il sudore, lo sguardo vacuo e rilassato, gli occhi socchiusi e stanchi. Persino il viso era più pallido del solito: quasi dello stesso colorito di Adrian. Soprattutto quando mi trasmetteva la sua energia grazie alla magia di Randall.

Sorrisi e gli andai incontro con l'intento di accarezzarlo.

Volevo essere lì per lui: rassicurarlo e fargli capire che tutto sarebbe andato per il meglio da ora in poi.

Finalmente era libero!

<<Lidya...>>, sussurrò il mio nome guardando solamente me.

Un gesto quasi intimo, avrei detto; ma Adrian non sembrava essere per nulla geloso. Anzi, era ai piedi del letto con le braccia incrociate e gli occhi puntati sul mio corpo tremante per la sorpresa appena ricevuta.

<<Dominic...>>, scossi la testa, incredula, e subito misi una mano davanti alla bocca, <<ancora non ci credo...>>.

<<Sono vivo?>>, domandò guardandosi attorno e notando solo ora Adrian nella stessa posizione iniziale, <<oh, direi di sì. Non credo che in paradiso possa esserci anche Adrian>>, sussurrò ridacchiando appena e tossendo subito dopo.

<<Già, e chi te lo dice che non siamo all'inferno?>>, rispose prontamente alzando un sopracciglio e mettendolo alla prova.

Dominic mi guardò e lì capimmo.

Arrossii di scatto e mi grattai lentamente il collo, giusto per fare qualcosa di diverso dall'arrossire come un pomodoro di fronte a quel complimento.

<<Vedo che il senso dell'umorismo non l'hai abbandonato nemmeno durante il tuo stato di coma perenne>>, ridacchiò Adrian andandogli in contro e fermandosi proprio di fianco a lui, dalla parte opposta alla mia.

<<Cosa mi sono perso?>>, domandò allarmato con un groppo in gola.

<<Oh, credo che tu debba essere aggiornato sulle news del mondo dei vivi. Bene, allora, non siamo più in Kentucky ma in Arizona, dispersi nel bosco del Tonto National Forest>>.

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