CAPITOLO 14

653 58 6
                                    

Vidi la macchina di Greta spuntare da dietro la curva e parcheggiarsi proprio di fianco alla pompa di benzina. Mi chiedevo che musica stesse ascoltando per passare il tempo o a che cosa stesse pensando. Se, in fondo, avesse avuto almeno un briciolo di paura da tenere per sé, nascosta all'interno della corazza coraggiosa e leale.

Presi un respiro; ma trattenni nuovamente il fiato, bloccandomi sul posto, non appena lo vidi scendere per andare a fare rifornimento. Era quello il momento in cui mi chiesi se stessi facendo la cosa giusta. Insomma, non avrei mai voluto tornare indietro solamente per farmi riportare a casa e farmi anche prendere la sgridata dal resto dei Miller e compagnia vagante.

Decisi di muovermi prima che Jason ripartisse, mollandomi lì sul bordo del marciapiede e convincendomi così a fare un altro autostop per fare da psicologa al mio taxista.

Era voltato di spalle e questo era un bene, anche se ancora non sapevo come presentarmi o farmi notare. Non volevo gli prendesse un malore per colpa mia e della mia apparizione improvvisa dal nulla.

Credo che sarei salita in macchina per l'effetto sorpresa. Almeno, per qualsiasi cosa, sarebbe svenuto con la testa sul clacson e non a terra. Forse, la cosa buona in questi casi era che i vampiri non hanno cali di pressione o improvvisi mancamenti. Questo, a parte la sottoscritta; cosa alla quale ancora dovevo darmi una risposta. Come tante altre cose che stavano succedendo, ovviamente.

Non appena Jason entrò dentro al locale per andare a pagare, ne approfittai. Salii in macchina richiudendomi la portiera alle spalle con la speranza che nessun umano nei dintorni mi avesse notata e presa per una ladra. Ci mancavano solo più loro e la situazione sarebbe finita sotto terra.

Mi accovacciai, spuntando solamente di poco per notare il suo arrivo.

Sistemai lo zaino vicino ai miei piedi, passandomi poi una mano tra i capelli e stringendo forte la felpa di Adrian.

Ancora pochi passi.

Questa sua finta lentezza umana mi dava sui nervi, dovevo ammetterlo. Lo preferivo nella versione velociraptor invisibile, per quanto alle volte mi desse noia.

Aprì la portiera e si sedette, stranamente, non notandomi nemmeno. Rimasi di sasso ed aspettai, alzandomi lentamente dalla posizione in cui ero e sistemandomi meglio sul sedile.

<<Cioè, ora hanno anche aumentato il prezzo della benzina...>>, borbottò lui tra se e se, convincendomi per un attimo di star parlando con la sottoscritta.

Si allacciò la cintura e mise entrambi le mani sul volante, sospirando.

<<Allacciati la cintura, Lidya>>, borbottò poi, mettendo una mano sulla marcia e, subito dopo, voltandosi di scatto nella mia direzione, <<Lidya?!>>, urlò spaventato, saltando sul sedile e mollando le mani da lì.

Sorrisi da ebete e scossi piano la mano, saltando in aria anch'io non appena un signore dietro di noi iniziò a suonare il clacson.

Jason sbuffò e accese la macchina, partendo velocemente e andandosi a parcheggiare in un posto più isolato. Un posto nella quale avrebbe potuto urlarmi contro senza problemi.

<<Lidya?!>>, ripeté sconvolto.

<<Sorpresa!>>, alzai le mani per aria con un sorriso sornione in viso. Sapevo che mi stava odiando e sapevo anche che, da lì a poco, Adrian mi avrebbe chiamata nero per la rabbia.

<<Cosa... cosa diamine ci fai qui?>>, domandò senza capire, voltandosi con tutto il corpo verso di me.

<<Ecco, io...>>, borbottai cercando di trovare una scusa da affibbiargli per non prendermi la solita ramanzina per aver fatto di testa mia. Cosa che mi sarei successivamente dovuta prendere da Adrian.

VERBENADove le storie prendono vita. Scoprilo ora