Il giorno dopo si svegliò appiccicata alla schiena del ragazzo con una mano intrecciata alla sua. Aprì gli occhi e cercò di alzarsi senza dargli fastidio. Cominciò a fare avanti e dietro per la camera senza un motivo ben preciso, quando sentì suonare il campanello. Non mosse neanche un muscolo per andare alla porta, perchè sentì sua madre che la precedette.
-Ciao Matty, come stai? Sei tornato dall'università finalmente. Mi sei mancato...- Sentì parlare la donna. Si raggelò e cominciò a scuotere il ragazzo nel suo letto. Mickey non c'era. Si era ricordata che le aveva detto che doveva sbrigare delle faccende con gli altri cugini Milkovich.
-Sì, zia. Anche tu.-
-Mandy, scendi! C'è Matty, tuo cugino.- I suoi occhi si spalancarono per la paura e tirò degli schiaffi a James per farlo svegliare.
-Cazzo Mand, mi fai male.-
-No, devi andartene Cook. Adesso.- Disse terrorizzata e con gli occhi lucidi.
-Ehi calma. Perché dovrei andarmene?-
-Per piacere, non fare domande e vattene. Ti prego.-
-Dimmi che cazzo succede, mi stai facendo paura.-
-No, no. Non di nuovo, vattene Cook. Devi andare via.- E cominciò a spingerlo verso la finestra. Sentì dei passi sulle scale e si catapultò verso la porta per chiuderla a chiave.
-Mand che succede?-
-Va via!- Cominciò a piangere.
-Ehi Mand, apri la porta.- Il cugino bussò.
-È Matty!- Capì l'amico. Lei annuì.
-Cook non rompere il cazzo e vai. Per favore...-
-No, vaffanculo. No!- Ricominciò a spingerlo verso la finestra tirandogli dei pugni sul petto, lui però rimase fermo.
-Per piacere...- Sussurrò. Il ragazzo guardò i suoi occhi imploranti e l'ascoltò. Aprì la finestra e mise i piedi fuori sedendosi sul cornicione e, mentre si lanciava sull'erba, vide Mandy aprire la porta. Matty entrò con un sorriso viscido e la salutò come se niente fosse. Chiuse la porta a chiave.
-Sono contento di vederti Mandy.- Lui si avvicinò e lei indietreggiò, ingoiando il groppo che aveva in gola.
-Ehi, cuginetta, non avere paura di me.- Si avvicinò e la bloccò al muro, poggiandole le mani sul sedere e salendo, sfiorandole la schiena da sotto il tessuto della canotta. Un brivido di repulsione si fece strada dentro di lei e, istintivamente, gli diede un calcio nelle palle. Lui staccò le mani dai suoi polsi e le poggiò sulla parte dolorante. Lei corse verso la porta, ma non riuscì ad aprirla prima che lui la prendesse per un braccio e la sbattesse violentemente al muro.
-Senti, puttanella. Non puoi scappare.-
-Bastardo. Sei un figlio di puttana, viscido stronzo.- Urlò prima di sentire uno schiaffo che le fece girare la faccia e farle sbattere l'altro lato della testa al muro. Del sangue usciva dal suo naso. Cominciò a dimenarsi e riuscì a scappare, ma lui la riprese per i capelli e le sbatté con violenza la testa alla parete. Sentì un fiotto di sangue sgorgare dalla ferita.
-Io non volevo farti del male, ma tu non mi lasci altra scelta.- Senza pensarci gli sputò in faccia e lui la prese per il collo. La bloccò al muro, mentre premeva, facendole mancare l'aria e facendola diventare viola. Lei lo guardò negli occhi, terrorizzata.
-Adesso ti scoperò sul tuo letto e tu non dovrai fiatare. Chiaro?- Mandy annuì in preda alla paura e riprese a respirare quando non sentì più la morsa intorno alla gola. Matty la spinse sul letto e le tolse la maglia, poi il reggiseno, scoprendole il petto. Si tolse la maglietta e slacciò i pantaloni che lanciò a terra, lasciando intravedere il suo pacco attraverso i boxer. Lei si lasciò spogliare come una bambola, incapace di fare o dire niente. Non poteva ribellarsi, se no sarebbe stata di nuovo picchiata. Si lasciò toccare senza provare niente di diverso dalla nausea. Strizzava così forte alcune parti del corpo che ebbe la certezza che sarebbero rimasti degli enormi lividi. Si spogliò completamente anche lui, infilò il preservativo e cominciò. Le stringeva troppo le anche e le spinte erano esageratamente forti e dolorose. La ragazza fissò il cielo, inerme, lo sguardo vuoto mentre si lasciava stuprare ascoltando i gemiti del cugino. Quando finì, si rivestì e parlò.
-È stato bellissimo. Un regalo di ben tornato stupendo.- E uscì da casa sua. A quel punto lei cominciò a piangere e singhiozzare. Si tirò leggermente i capelli in preda al panico e cercò le sigarette. Indossò velocemente le cose che trovò per terra. Aveva voglia di andare sul tetto. Aprì la finestra sul soffitto, tirò giù la scala e salì sulle tegole, sedendosi rannicchiata con le gambe al petto. Fumò cercando di distendere i nervi, mentre piangeva. Mentre aveva ancora in bocca l'ultima sigaretta del pacchetto, ritornò in camera sua e cominciò a metterla a soqquadro e a urlare. Prese la lampada e la scaraventò al suolo, riducendola in mille pezzi. Calciò tutto quello che trovava lungo il suo cammino in preda alla disperazione e alla rabbia. Prese un borsone e ci mise dentro tutti i suoi vestiti, le sue scarpe e i suoi averi, che non erano molti. Prese anche le pillole per la depressione che aveva tenuto dopo che la terapia era finita, per paura che riaccadesse. Arraffò velocemente il telefono, i suoi risparmi e uscì di casa sbattendo la porta. Si tirò su il cappuccio, quando cominciò a piovere. L'acqua riuscì a cancellare un po' di sangue, ma non quello che era successo. Camminò velocemente, sapendo benissimo dove fosse diretta. Bussò alla porta e l'aprì un Cook a petto nudo, preoccupato e confuso.
-Mand, che cazzo è successo?- Vide la valigia e subito capì che c'era qualcosa che non andava.
-Cos'è successo?- Lei non parlò. Si nascose nel cappuccio per non fare vedere i segni sul suo viso.
-Cazzo, vuoi dirmi che è successo?- Si avvicinò e lei indietreggiò.
-Mand, sono io Cook. Non ti farei mai del male.- A quel punto si bloccò e il ragazzo le abbassò il cappuccio. Vide le ferite sul suo volto e sgranò gli occhi.
-È stato quel viscido bastardo?- Stette zitta.
-È ovvio che è stato lui. Schifoso figlio di puttana. Io lo ammazzo!- Urlò e camminò in modo nervoso per la stanza.
-Cook, calmati. Non è niente.-
-Non è niente? Avevamo detto che non sarebbe più successo e invece... è tutta colpa mia. Dovevo restare.-
-Non è colpa tua.- Lui frugò in un cassetto e tirò fuori una bottiglia di vodka e un fazzoletto.
-Oh no, tu non mi toccherai con quella cosa.-
-E invece sì. Bisogna disinfettarle, sono delle brutte ferite.-
-Siediti qua.- Batté la mano sulla scrivania situata davanti a lui. La ragazza fece quello che praticamente le aveva ordinato di fare. Si sedette lentamente sul tavolo di legno. James le si avvicinò e bagnò il tovagliolo con il liquore, cominciando a picchiettare sulla grande abrasione sulla fronte. Il sangue si era rappreso, ma continuava a uscire ancora un piccolo fiotto. Lei si allontanò.
-Ahia, cazzo. Fa male.- Il ragazzo si avvicinò ancora di più, perché Mandy, a ogni tocco con l'alcool, si faceva più lontana.
-Sta ferma.- Disse prendendole il viso e bloccandola. Lei sorrise vedendolo prendersi cura di lei. Lo fissò negli occhi concentrati, quando le mise un grande cerotto sulla fronte.
-Dove hai trovato tutta questa roba?- Chiese la ragazza improvvisamente.
-L'ho rubata in infermeria.-
-Sei serio?-
-Sì, mi serve in queste occasioni.- Continuò disinfettandole il naso e quando toccò alle labbra, il suo respiro si fece più pesante. Le sfiorò lentamente la bocca con le dita e le ripulì il taglio sul labbro. Lei spostò gli occhi dalla sua mascella tesa, al collo e si soffermò sulle labbra, piene e carnose, socchiuse. Il respiro del ragazzo le solleticò il naso per la vicinanza e questo le fece accelerare il battito cardiaco. C'era quasi tensione sessuale tra loro. Lui le sfiorò la guancia con un livido a forma di mano e scese sul suo collo, dove notò dei segni violacei. Sospirò pesantemente e si massaggiò le tempie.
-Ho... ho finito.-
-Grazie Cook.-
-Niente.- Disse scrollando le spalle. Si alzò dalla scrivania e prese il pigiama.
-C'è un bagno alla fine del corridoio.-
-Oh, fa niente. Mi cambio qua.- James si affacciò alla finestra per fumare. Amanda si sedette sul letto e si tolse lentamente i jeans. Aveva dei lividi sulle anche, dove Matty l'aveva stretta. Si infilò i leggins e si tolse la canotta fradicia. Si guardò allo specchio e notò molti lividi sul suo corpo. Si sentiva sporca. Le venne da piangere, ma si trattenne. Si mise velocemente la maglia e andò dall'amico.
-Ho bisogno di farmi una doccia. Puoi accompagnarmi?-
-Certo.- Prese shampoo, bagnoschiuma e asciugamano e glieli porse. Poi la guidò alle docce femminili e si mise fuori alla porta per aspettarla. Lei entrò in una doccia e chiuse la tenda. Aprì l'acqua calda con l'intento di far scivolare via tutto quello che aveva addosso. Solo sotto il getto si concesse di piangere, così l'acqua si sarebbe mescolata alle sue lacrime. Si insaponò e sciacquò, sfregando con forza sulla sua pelle per cercare di cancellare i lividi, cosa che sapeva fosse impossibile. Quando esplose in un singhiozzo, sbatté le mani al muro lasciando spazio ad un pianto disperato. Scivolò fino al pavimento e si rannicchiò sotto l'acqua che continuava a scorrere. Dopo qualche minuto chiuse il getto, si asciugò e vestì. Uscì dal bagno e Cook la scortò fino in camera sua. Si tolse la maglietta e rimase con i pantaloni della tuta.
-Tu stenditi sul letto. Io dormo per terra.- Le disse lui.
-No, dormi con me.- Lo sorprese lei. Si misero nel letto singolo della camera del dormitorio, uno di spalle all'altro e si addormentarono. Mandy finalmente si sentì al sicuro.#Spazio Autrice#
Allora, so che saranno passati più di due mesi, ma avevo una specie di blocco dello scrittore. Mi dispiace tanto di avervi fatto aspettare un sacco, ma spero che questo capitolo vi sia piaciuto quanto piace a me, perchè ci ho messo tanta passione per scriverlo. Vi ringrazio per le 1400 visualizzazioni e per gli 84 voti, siete grandi. Questa storia senza di voi non sarebbe niente. Se volete, ci vediamo nel prossimo capitolo.
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Don't you need me || James Cook
FanfictionMandy Milkovich è la classica ragazza del South Side di Chicago, ma la sua vita cambierà quando metterà piede nel suo nuovo college, il Roundview. Qui conoscerà persone disposte a fare di tutto per lei, degli amici inseparabili, e incontrerà James C...