I don't want to lose her

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Il giorno dopo Cook si svegliò e notò che Mandy dormiva ancora. Si alzò e andò in sala d'attesa dove vide Mickey appoggiato alla spalla di Ian, mentre entrambi dormivano. Si diresse verso la macchinetta e prese un caffè lungo e amaro, come piaceva a lui. Mentre aspettava che il caffè uscisse, si poggiò al muro di fronte e si massaggiò le tempie cercando di far passare il mal di testa. La bibita a base di caffeina non sarebbe servita a molto, anzi forse l'avrebbe peggiorato, ma aveva bisogno di svegliarsi e il caffè, stranamente, lo svegliava e rilassava al tempo stesso. Cominciò a bere quando vide Mickey alzarsi e guardare Ian con aria stranita. Il rosso continuava a dormire con la bocca socchiusa, sembrava tranquillo. Il moro si incamminò verso Cook e lo guardò confuso.
-Hai trovato il fidanzatino Mick?-
-Non sono gay.-
-Ah no?! Eri così affiatato con Ian.-
-Stavo solo dormendo...-
-E la vostra discussione di ieri?-
-Senti Cook, sì, abbiamo discusso, ma niente di che. Aveva paura per Mandy e me l'ha detto, poi è finita lì.-
-Eravate strani quando siete rientrati.-
-Ci siamo quasi presi a pugni.-
-Cosa?!-
-Eravamo entrambi nervosi. Quindi vedi di smetterla con queste domande, se no prendo a cazzotti anche te.-
-Ok ok, la finisco.- Alzò le mani al cielo. Ad un certo punto videro Mandy uscire in sedia a rotelle con il dottore dietro di lei e si catapultarono verso i due, svegliando il rosso.
-Ma che cazzo?- Farfugliò mezzo addormentato.
-Mandy sta per essere trasferita.- Ian scattò in piedi, improvvisamente sveglio.
-Possiamo andare con lei?- Chiese il fratello.
-Certamente. Volete avvisare gli altri?-
-Sì, però non possiamo venire tutti, giusto?-
-No, voi tre potete. Il resto no, sareste troppi.-
-Allora glielo diciamo.- Ian chiamò gli altri e chiarì la situazione.
-Non hanno fatto molti problemi. Freddie voleva venire e ha insistito, ma gli ho fatto capire che sarebbe stato un po' d'intralcio e ha fatto il bravo.-
-Ok, dobbiamo andare. La traferiremo in ambulanza e voi verrete con noi. Dobbiamo solo firmare delle liberatorie.- Disse Shephard.
-Altri documenti?- Interruppe il più grande tra i ragazzi.
-Sì, sono le dimissioni dall'ospedale.- Gli porse dei fogli che firmò. Si diressero verso il parcheggio, fecero entrare in ambulanza prima Mandy con la sedia a rotelle e poi gli altri. In circa una mezz'oretta arrivarono all'ospedale psichiatrico e andarono alla reception. Mandy si guardò intorno e notò l'ambiente bianco, troppo asettico per i suoi gusti: gli infermieri erano troppo bianchi; il pavimento troppo pulito; le pareti troppo spoglie. Era tutto orribile, ma doveva avere coraggio. Aveva tanta paura di quello che avrebbe visto al suo interno, delle persone che avrebbe conosciuto, delle cose che le avrebbero detto. Aveva soprattuto paura dello psicologo, era terrorizzata da quello che avrebbe pensato di lei. Aveva cercato di uccidersi due volte e la prima non era neanche guarita. Aveva paura che sarebbe successo di nuovo, però questa volta c'era qualcosa di diverso. Prima era da sola, mentre adesso aveva i suoi amici e suo fratello che, fortunatamente, non era in galera. Era fiduciosa, ma aveva comunque timore di tutto. Sperava che questi tre giorni sarebbero passati velocemente e che, alla fine di essi, sarebbe tornata alla normalità. Non ricordava niente della sua vita e non sapeva se ci sarebbe mai riuscita, ma sperava di poter riacquisire i ricordi che aveva perso, però era terrorizzata. Aveva il timore che la sua vita non le sarebbe più piaciuta, che tutto quello che aveva costruito non le andasse più a genio, ma niente poteva essere peggio di quello che ricordava. Avrebbe voluto passare del tempo con le persone che tenevano a lei, per cercare di ricordare le sensazioni che si provano quando si sta con qualcuno di cui ci si fidi. Dopo che il dottore ebbe mostrato tutti i documenti, lei fu portata all'accettazione, dove poteva salutare i ragazzi che l'avevano accompagnata. Il primo fu Ian.
-Ehi Mand, so che non ti ricordi niente, però noi abbiamo fatto una chiacchierata su questo posto. Io ci sono stato e non è un bel luogo, però devi essere coraggiosa.-
-Perchè sei stato qui?-
-Ho una malattia. Sono bipolare... e in un certo senso sto meglio da quando sono stato qua. Prendo tutte le medicine e quando non lo faccio, non conviene stare con me. Te lo dico solo, perchè non voglio che tu finisca come me. Avevo paura e sono tornato a casa peggio di prima, però poi Lip e Fiona, mio fratello e mia sorella, mi hanno fatto capire che non potevo continuare così, quindi solo... parla con lo psicologo e non stressarti.-
-D'accordo Ian. Mi fa piacere che tu ti sia confidato con me.- E si abbracciarono. Il secondo fu Mick.
-Ehi sorellina...-
-Verrai a trovarmi Mick?-
-Sì, adesso vedo i turni di visita. Ehi, io sarò sempre con te.-
-Ho paura...- Cercò di trattenere le lacrime.
-Non devi averne. Domani vengo a farti compagnia. Non sei più da sola, ok? E non piangere, ti prego. Basta piangere.-
-Va bene...- E le diede un bacio sulla fronte, stringendola a sè. L'ultimo, come sempre, fu Cook. Aveva visto le due scene da lontano, cercando di pensare a cosa dirle, ma non gli era venuto niente in mente. Avrebbe improvvisato. Si avvicinò lentamente come per non far sentire i propri passi. Si sentiva a disagio.
-Cook...-
-Mandy...-
-Il gatto ti ha mangiato la lingua?-
-In realtà me l'hai mangiata tu. Sono a disagio. Non so che dirti. Ho pensato tanto a questo momento e alla fine non so che dirti.-
-Ti prego, non dirmi di stare tranquilla e non avere paura, ne ho abbastanza. Potresti raccontarmi un'altra storia su di noi?-
-Sicuro?-
-Sì, mi piacciono.-
-Vuoi una storia a caso o la vuoi in ordine?-
-In ordine, voglio cercare di creare un ordine nella mia testa.-
-Allora, ti racconto quello che è successo dopo che ti ho lasciata lì. Sono andato da Effie e lei mi ha dato una lista di cose da fare per arrivare, alla fine, a scoparla. Sono andato da Freddie e gliel'ho fatta vedere. Lui non era d'accordo, ma io sì. Sono proprio un coglione, lo so. In quel momento sei passata tu, l'hai sentito e mi hai guardato in modo strano. Pensandoci bene, mi ha colpito. Non ho mai dato peso alle parole delle persone, ma il tuo sguardo mi ha ferito e mi ha fatto capire che non stavo facendo la cosa giusta, ma alla fine ho messo da parte quel pensiero e ho fatto tutto quello che c'era sulla lista.-
-Cosa c'era scritto?-
-Una serie di divieti della scuola come guardare porno o cose del genere. E me la sono fatta. Freddie ci ha visti, si è incazzato molto e abbiamo iniziato a litigare. Poi sei arrivata tu e hai detto che ti facevo schifo e io non ci ho visto più. È stata la cosa più brutta che io abbia mai fatto, non volevo e ancora mi sento in colpa per quello che ho fatto, per come ci siamo conosciuti.-
-Cosa hai fatto?-
-Scusami immensamente, adesso probabilmente non ti fiderai più di me. Penserai che sono come gli altri, ma ti assicuro che non è così.-
-Mandy è ora di andare.- Interruppe Shephard.
-Che hai fatto Cook?-
-Dai Mand, andiamo. Saluta Cook e andiamo.- I due si diedero un abbraccio veloce, la ragazza aveva le lacrime agli occhi e lui pure. Si separarono quasi subito e il dottore la trascinò oltre il cancello sbarrato. Lui la guardò scomparire oltre la porta e, in seguito, oltre il corridoio. Era pieno di sensi di colpa, non voleva lasciarla così. Forse non avrebbe dovuto raccontarle quella storia, non avrebbe dovuto raccontarle qualcosa che le avrebbe fatto perdere fiducia in lui, ma ormai il danno era fatto. Si girò diretto verso l'uscita e Ian lo prese da una spalla, per farlo girare.
-Che succede Cook?-
-Non l'ho salutata come si deve. Sono un coglione, solo un coglione. Le ho quasi raccontato di quando le ho fatto male nel corridoio della scuola. Non dovevo farlo, dovevo tralasciare quel dettaglio.-
-In che senso quasi raccontato?-
-Non le ho detto che le stavo facendo male, mi sono fermato prima. Ho fatto uno strano discorso per prendere tempo, ma lei prima o poi vorrà saperlo. E non sono pronto a perderla di nuovo, non voglio perderla per una cazzata fatta in passato.-
-Ehi, secondo me ti perdonerà. L'ha fatto una volta, potrà farlo anche adesso. Ha visto come sei veramente. Quello è stato solo uno sfogo momentaneo. Non avere paura.-
-Non lo so, Ian. Non voglio perderla. Non l'ho neanche salutata come avrei voluto fare. Sono un coglione, cazzo. Sono uno stronzo che fa solo del male alla gente.-
-Cook, da quanto ti conosco io? Dall'asilo, vero? Ed è la prima volta che ti vedo così. Di solito non hai timore di niente ed è bello vederti come sei adesso. Sei cambiato tanto e mi piace questo Cook, non farlo scomparire solo perchè sei stato un coglione. Non smettere di prenderti cura di chi ti circonda, perchè quello che fai, alla fine, verrà ricambiato.-
-Ti voglio bene, amico. Non penso di averlo mai detto.- Lo abbracciò.
-No, infatti. È la prima volta che lo sento.-
-Stronzo.- Rise piano e si separarono.
-Avete finito con questo siparietto gay? Perchè fuori c'è un taxi che ci aspetta e se non lo prendiamo, dobbiamo tornare a casa a piedi e fateveli voi quaranta kilometri a piedi.-
-Mick, ti hanno mai detto che sei uno stronzo?- Parlò il rosso.
-Sì, dolcezza. Me lo dicono tutti.- Cook li guardò curioso con un sorrisetto ambiguo e capì che stavano flirtando. Presero il taxi e tornarono a casa.

#Spazio Autrice#

Buongiorno people. Ultimamente mi sento molto ispirata, cosa che non succedeva da decenni ormai, e sto scrivendo tanto. Ho già qualche capitolo pronto e continuerò ad aggiornare, spero una volta a settimana. Quindi, concludo brevemente, anche perchè dico sempre le stesse cose. Se la storia vi piace ancora, commentate, votate e soprattutto continuate a leggerla. Ci vediamo nel prossimo capitolo.

Don't you need me || James CookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora