White

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Nel frattempo Mandy fu scortata dal dottor Shepard attraverso i corridoi dell'ospedale. Ad un certo punto lui la lasciò in una sala, dove dovette depositare i suoi oggetti personali e dove le diedero dei pantaloni e una maglia bianchi. Ecco che il bianco tornava, il colore che più odiava al mondo. Un colore troppo perfetto, troppo pulito, tutto il contrario di com'era lei: incasinata e con l'anima sporca.
-Ok, ora questo infermiere ti accompagnerà nella tua stanza. Dovrai condividerla, quindi sta tranquilla e non farti prendere troppo dal panico. Il nostro cammino finisce qui. Spero che ne uscirai a testa alta e che io sia stato d'aiuto.-
-É un brav'uomo, dottore. Sono fortunata ad aver avuto un uomo come lei accanto.- Lui le sorrise sinceramente e lei vide gli occhi stanchi leggermente lucidi.
-Grazie dottore.- E improvvisamente lo abbracciò. Lui fu preso alla sprovvista, però dopo un po' ricambiò l'abbraccio.
-Grazie a te, Amanda. In questo mese ho riscoperto il motivo per cui ho scelto di diventare medico. Sei una brava ragazza, devi solo credere in te stessa.-
-Le voglio bene.- Ci fu silenzio per alcuni secondi, poi lei lo interruppe.
-Dice che posso scendere da questa cosa? Non la sopporto più, vorrei tanto camminare.-
-Sì, prova a camminare. Ti senti le gambe?-
-Sì, non sono più intorpidite come prima.-
-Ok, alzati e proviamo.- Si alzò piano, si mantenne alla sedia e poi a Shephard. Fecero alcuni passi, durante i quali lei si mosse lentamente e accompagnata. Dopo un po' il dottore la lasciò e lei continuò da sola.
-Perfetto, puoi anche fare a meno di questa cosa.-
-Grazie anche per questo.-
-Basta dirmi grazie, faccio solo il mio dovere.-
-Grazie, perchè ha creduto in me. Dopo tre settimane ha pensato che mi potessi svegliare, non ha semplicemente staccato le macchine. Grazie per aver creduto in me, quando proprio io non l'ho fatto.- Trattenne le lacrime.
-Di niente. Adesso vai che l'infermiere ti aspetta.- Si diedero un ultimo abbraccio e Mandy camminò piano verso l'altro ragazzo. Aveva anche lui più o meno trent'anni e una faccia gentile, come quella del medico.
-Io sono Jasper Frost, ma puoi chiamarmi solo Jasper.-
-Io sono Mandy Milkovich, ma puoi chiamarmi solo Mandy.- Lo imitò.
-Per qualunque cosa puoi chiedere a me.- Le disse, prima di cominciare il tour dell'ospedale.
-Allora... questo è il bagno.- Indicò una stanza grande a destra di un corridoio.
-So che non è il massimo, ma penso resisterai per tre giorni.-
-Sembra più pulito del bagno di casa mia, comunque.- Scherzò lei e il ragazzo sorrise.
-Questa è la sala per il ritrovo. Qui potrai incontrare i tuoi parenti o parlare con le altre.- Le mostrò una grande sala con un pianoforte in fondo.
-Questa è la mensa, mentre di qui ci sono i dormitori.- La guidò verso un corridoio a sinistra della mensa. Quel posto era un labirinto.
-La tua camera è questa, la 306. Dovrai condividerla con alcune ragazze, sono anche loro qui per dei controlli di tre giorni. Il coprifuoco è alle 8.00 pm. A quel punto chiudiamo tutte le porte.-
-E se dovessi andare in bagno?-
-In quel caso hai un pulsante accanto al letto, premilo, verrò io e ti accompagnerò.-
-Non mi stuprerai, vero?- Esordì lei improvvisamente con tono preoccupato.
-Stai scherzando, giusto? Sei simpatica.-
-Non sto scherzando. É una cosa seria.- Lo guardò impaurita come una preda che osserva il proprio carnefice.
-Non farò niente di tutto ciò. Sta tranquilla. Senti, so quello che hai passato. Proprio per questo mi hanno assegnata a te, ok? Sono un ragazzo tranquillo. Mi sono laureato con il massimo dei voti in psicologia, però non posso aprire un mio studio. Sono troppo giovane.- Alzò le sopracciglia infastidito dalla sua stessa frase.
-Come fai a sapere quello che ho passato?-
-Prima di affidarci a un paziente ci fanno leggere la sua cartella clinica.-
-Ah, quindi sarei un paziente?! Ho persino la cartella clinica, non ci credo. Sono una pazza a tutti gli effetti.- Sorrise sarcasticamente.
-Ehi.- La prese per le spalle e lei sussultò, allontanandosi.
-Ok... puoi fidarti di me.- Tolse subito le mani, capendo.
-Non ti farò del male, va bene? So cosa significa, non sei la prima ragazza che fa così e non sei pazza. Quelle sono altre malattie. Quelle vengono curate in altri piani di questa struttura. Abbiamo solo bisogno di sapere che non ti farai più del male. Puoi fidarti.- Lui allungò una mano e lei la strinse. Il ragazzo aveva la faccia dolce con delle strane sopracciglia e degli occhi azzurri amichevoli. Forse lui aveva ragione, non le avrebbe fatto del male.
-Posso andare in bagno a cambiarmi?- Gli indicò gli abiti pallidi che aveva in mano.
-Certo, ti accompagno.-
-Posso fare da sola, non preoccuparti. Solo un'altra domanda: qui siamo solo ragazze?-
-Sì, questa è l'ala femminile. Dall'altra parte c'è quella maschile, ma non preoccuparti, non possono arrivare qui.-
-Ok... forse potrei essere più tranquilla.-
-Avevi paura che qualche ragazzo ti avrebbe toccata?-
-Sinceramente sì, forse era la cosa che mi preoccupava di più.-
-Allora menomale che ci sono io qui con te. Ho fatto un corso di auto-difesa, nel caso tu piaccia a qualche ragazza.- Lei lo guardò stranita e lui scoppiò a ridere.
-Stai cercando di farmi sentire a mio agio?-
-Forse...- Fece spallucce. Arrivarono in bagno e lei entrò, chiudendosi e cambiandosi. Uscì e ritrovò il ragazzo appoggiato al muro, mentre giocherellava con un lembo del suo camice.
-Ti sta bene il bianco.-
-Fa schifo.-
-Dai, ti accompagno in camera. Comunque sui muri ci sono delle piantine. Se ti perdi, sai dove cercare.-
-Grazie per essere così gentile con me.-
-Non sembri una ragazza cattiva. Sono gentile con coloro che se lo meritano.- La ragazza sorrise leggermente e appena arrivò in stanza, si sedette su un letto.
-Ehi novellina, quello è il mio letto.- Si avvicinò una ragazza magra, pallida e con i capelli corti.
-Scusa, pensavo non fosse occupato.-
-L'unico letto non occupato è quello sotto la finestra. Ti conviene andare là, se non vuoi scatenare l'ira delle altre ragazze. Non ti conviene far arrabbiare Cassidy, ha qualche rotella fuori posto.- E si indicò la fronte con un gesto teatrale.
-Io sono Mandy comunque.- Rispose alzandosi dal letto.
-Io Franky. Non siamo amiche, ti ho solo fatto un favore, quindi non ti aspettare che ti racconti la storia della mia vita o cazzate simili. Non succederà mai.-
-Ok...- La guardò stranita e si sdraiò sul proprio letto. Non aveva fame e l'ora di pranzo era già passata. A un certo punto arrivò una ragazza con dei lunghi capelli biondi e cominciò a urlare.
-Quella stronza di Emma. Mi ha rovesciato tutto il fottuto piatto a terra e avevo una fame atroce e quello stronzo di un infermiere le ha dato ragione. Odio questo posto, voglio andarmene.- La ragazza si gettò sul letto e Franky guardò Mandy, indicandosi la fronte con il gesto teatrale di poco prima. A quel punto capì che la ragazza in questione fosse la famosa Cassidy.
-Menomale che c'era quel fottuto Jasper, se no le avrei spaccato la testa con il vassoio.- Quando sentì il nome del ragazzo, istintivamente sorrise. Allora era serio sull'auto-difesa.
-Cosa c'è da ridere capelli perfetti?- Le chiese la bionda.
-Capelli perfetti? Sono stata un mese in ospedale.-
-Rispondimi. Cos'è, ti fa così tanto ridere la mia faccia?-
-Decisamente no. In realtà stavo pensando al "fottuto Jasper". É il mio infermiere.-
-Sei innamorata di lui, per caso?-
-Cosa?!-
-Dai, hai capito. É sveglio, carino ed esageratamente attraente.-
-Adesso sarei io quella innamorata di lui?-
-Stronza.- E rimase in silenzio, mentre una ragazza dai capelli rossi entrava e cominciava ad applaudire.
-Grandiosa. Sei la prima che riesce ad azzittire Cassidy. Sei la mia eroina.-
-Ok... Tu saresti?-
-Che maleducata. Sono Alyssa. Siamo qui da ieri e la bionda qui presente ha fatto più casino di ragazze che sono qui da un anno.-
-Siete arrivate tutte insieme?-
-Sfortunatamente sì.- Rispose Alyssa.
-Vi conoscete?-
-Cosa sei dell'FBI? Hai finito con tutte queste domande?- Interruppe la ragazza dai capelli corti.
-Ero solo curiosa.-
-Adesso te le faccio io le domande. Perchè sei finita qui?- Continuò.
-Preferisco non dirtelo.-
-Cos'è hai violentato un povero bambino? Hai fumato così tanto crack da fotterti il cervello? Hai sniffato coca e hai distrutto casa dei tuoi? Papino è troppo ricco, ma non ti ha voluto comprare la macchina nuova e gli hai distrutto la testa con una chiave inglese?- Le si avvicinò pericolosamente e la mora si ranicchiò contro il letto leggermente impaurita. Nel frattempo stava cercando di capire se veramente avesse l'aspetto di una ragazza ricca.
-Dai Frank, ha capito. Basta.- Cercò di salvarla la rossa.
-No, le avevo detto di non fare troppe domande, ma a lei non è fregato un cazzo. Adesso vorrei sapere cosa è successo alla vita perfetta di questa ragazzina viziata.- A quel punto gli occhi di Mandy divennero infuocati. Si alzò, improvvisamente, costringendo l'altra ragazza a indietreggiare.
-Ho tentato il suicidio per la seconda volta. É una cosa che può interessarti?- Gli occhi della castana si spalancarono e capì di averla colpita. Adesso andava solo affondata.
-Non te l'aspettavi vero? Quindi, la prossima volta, invece di parlare e giudicare la mia vita, pensa alla tua inutile esistenza. So che genere di persona sei: una di quelle che generano una rissa solo per il gusto di farlo, perchè ti fa sentire potente. Una che sniffa coca e beve alcol solo per sentirsi più matura. Ma guarda un po', di maturo non hai proprio un cazzo. Sei solo una bambina troppo ricca che voleva trasgredire ai genitori, ma sei solo un'immatura. Pensa un po' di più a quello che dici, perchè mi hai praticamente servito su un piatto d'argento la descrizione della tua insulsa vita.- Concluse colpendole il petto con un dito. L'altra ragazza rimase in silenzio e lì capì di averla colpita in pieno. Le altre avevano la bocca spalancata e, in tutto questo, lei uscì dalla stanza, sbattendo la porta. Doveva cambiare aria. Cercò la sala comune e si sedette su un divanetto, da sola. In fondo una ragazza suonava un solo tasto del pianoforte, quello più acuto. Un'altra ragazza dai capelli rasati piangeva, mentre cercava di giocare a scacchi da sola. A un angolo c'era una ragazzina, che poteva avere dodici anni, ranicchiata, mentre si teneva le ginocchia al petto e sbatteva la testa al muro. In quel posto tutti i suoni sembravano amplificati: dal piano, al pianto, terminando con la testa. Cominciò a guardarsi intorno, freneticamente e impaurita. Tutto rimbombava nella sua testa, creandole un'emicrania che sembrava non attenuarsi mai. Decise di alzarsi e abbandonare quella stanza, per chiudersi in un bagno. Aprì una porta e si sedette per terra, chiudendola prima a chiave. Quel posto, invece, era troppo silenzioso, però aveva sempre preferito la calma alla tempesta. Poggiò la testa al muro, portò le gambe al petto e si addormentò sul pavimento di quel lurido bagno.

#Spazio Autrice#
Sono tornata con un nuovo capitolo leggermente di passaggio. Osserviamo il primo giorno di Mandy in ospedale psichiatrico. Prometto di non annoiarvi con questo evento, però dovevo un po' cambiare location. Quindi, mi raccomando, leggete, votate e commentate. Ci vediamo nei prossimi capitoli.

Don't you need me || James CookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora