Cook aveva passato una notte insonne, l'ennesima. Era sdraiato su delle coperte gettate sul pavimento della camera di Isak e fissava il soffitto con le braccia sotto la testa. Per tutte quelle ore non aveva chiuso occhio, il suo cervello era stato troppo impegnato a pensare. Voleva parlarle, ma era troppo orgoglioso e triste per le cose che gli aveva detto. Avrebbe voluto con tutto se stesso perdonarla, ma non ci riusciva. Aveva sempre creduto che per lei fosse stato come un pilastro a cui aggrapparsi per non cadere, ma si era sbagliato. Per lei era stato solo un oggetto, un mezzo per aiutarla a ricordare. Non si era mai fidata completamente di lui e lui, dal canto suo, le aveva donato tutto il suo cuore senza un motivo esatto. Stava cercando di capire perchè si fosse comportato in maniera così poco prudente e avventata. Non aveva riflettuto su quello che lei volesse, sulle conseguenze che quel rapporto avrebbe potuto creare fin dall'inizio. Anche quando l'aveva conosciuta, non aveva valutato quello che sarebbe potuto succedere se quel rapporto si fosse evoluto. Era solo colpa sua, perchè già dal primo giorno, dalla prima volta in cui i suoi occhi avevano scontrato quelli della mora diffidenti e pieni di odio, avrebbe dovuto capire che la loro conoscenza non avrebbe portato a niente di buono. A quel punto cominciò a meditare su come sarebbe stata la sua vita se non l'avesse conosciuta e tutto gli sembrò vuoto e privo di senso. Il suo cuore perse un battito all'immaginare la freddezza che avrebbe avuto la sua esistenza, perchè lei era stata una ventata d'aria fresca durante un'estate afosa e gli aveva riscaldato l'anima. Poteva sembrare un controsenso, ma lei era un'antitesi vivente: diceva una cosa e ne intendeva un'altra; voleva fare qualcosa, ma in realtà non voleva fare niente di particolare; provava qualcosa, ma non voleva provarla. Si alzò per affacciarsi alla finestra e fumare. Si accese una sigaretta e fissò la strada di fronte a sè: le macchine sfrecciavano veloci anche di domenica mattina. Probabilmente stavano andando al centro commerciale per comprare i regali di Natale, dato che mancavano pochi giorni. Al ragazzo piaceva guardare quello che succedeva intorno a lui e immaginare delle storie, vite inventate che sicuramente erano più belle della sua.
-Cook, ti ho detto di non fumare in camera.- Blaterò il biondo, svegliatosi a causa della puzza di nicotina.
-Ma c'è la finestra aperta.-
-Ti hanno mai detto che il vento riporta tutto il fumo dentro?-
-Isak, ti hanno mai detto di andare a fanculo?-
-E a te, Cook?-
-Ah, guarda, ho perso il conto.- Il riccio sorrise sedendosi contro la spalliera del letto.
-Che hai deciso? Le parlerai?-
-Non lo so.-
-Perchè?-
-Non sono sicuro di volerla vedere.-
-Dopo tutto quello che avete passato, vuoi arrenderti a causa di qualche parola cattiva che hai ricevuto? Ti credevo più coraggioso.-
-Non sono coraggioso e non sono forte. Sono solo un debole codardo che scappa dai problemi.- Gettò il fumo fuori dai polmoni sospirando e osservando il ragazzo seduto di fronte a lui.
-Non è forse arrivato il momento di fermarsi e non sprecare più tempo per scappare?-
-Non lo so. Non sono pronto. Non voglio che mi dica di nuovo quanto sia inutile, perchè quello lo so già. E la cosa che mi ha fatto più male è che mentre diceva quelle parole ci credeva. Lei credeva al fatto che io non fossi servito a niente, quindi non voglio che anche lei me lo ricordi, perchè non ce n'è bisogno. Lo so e non voglio sentirlo da una persona a cui ho dato tutto me stesso.-
-Ti chiedi mai perchè tu ti sia comportato così con lei? Perchè fin dal primissimo giorno abbia voluto conscerla? Perchè il tuo atteggiamento sia cambiato da un momento all'altro?-
-Perchè è diversa dagli altri. Ha voluto capirmi e farmi migliorare, ma non so se lei sia ancora lì. Quando l'ho trovata in camera, svenuta, ho creduto di morire. Quando non si ricordava di me anche. Pensavo l'avessi convinta a fidarsi, ma era tutto finto. Da quando si è svegliata è diversa, non la riconosco più. So quello che ha passato, ma non riesco comunque a perdonarla, perchè ha fatto troppo male.-
-Perchè non le parli? Lei è lì da qualche parte. Devi solo cercare di risvegliare quella parte di lei che si è assopita. Un giorno, dopo aver litigato con te, è venuta qui da me e abbiamo parlato un po'. Non so perchè lo abbia fatto, ero uno sconosciuto, ma secondo lei ero una delle persone che forse ti conosceva meglio. E probabilmente aveva ragione. Abito qui da quando ti sei trasferito, abbiamo parlato un po' da ubriachi e mi hai raccontato qualcosa di te. Ho sentito tutti i litigi che hai fatto con i tuoi amici, ho sentito tutte le tue emozioni. È difficile non sentirle con dei muri di carta pesta. Fatto sta che abbiamo parlato un po' e mi ha raccontato quello che provava per te. Adesso non so dove sia quella parte di lei, ma è lì e tu puoi farla tornare, perchè so che non ti reputi forte e coraggioso, ma lo sei.-
-E cosa provava per me?-
-Quello devi scoprirlo tu. Non posso renderti le cose troppo facili.-
-Devo dire che sei un buon amico, Isak. Mi dispiace per quello che è successo con tua madre.-
-Non preoccuparti. Ciò che non ti uccide ti fortifica, no?-
-Già...-
-Vai adesso.-
-Grazie...-
-Non c'è di che.-
Il bruno mise le scarpe e si passò le mani sul viso, frustrato. Aprì la porta sospirando nervoso e la vide di fronte a sè. Anche con le occhiaie e gli occhi rossi rimaneva bella. Si grattò la nuca imbarazzato e si chiuse la porta alle spalle.
-Che ci fai qui?- Le domandò.
-So che ti nascondevi da Isak. Volevo parlarti.-
-Anch'io.- Si morse il labbro guardandola dall'alto: era dimagrita, fin troppo, e sembrava ancora più piccola e fragile di quanto già non fosse. Lei camminò verso la sua stanza e lui la seguì, senza proferire parola. Si poggiò alla scrivania, il ragazzo al muro di fronte e si fissarono per un momento che gli parve infinito.
-Volevo chiederti scusa.- Proferì parola lei.
-So che queste scuse non le pensi veramente, ma ti sembra giusto porgermele, per educazione.-
-Perchè devi essere sempre così arrogante?-
-E tu perchè devi essere sempre così stronza?-
-Cos'ho fatto adesso?-
-Vogliamo parlare del fatto che tu mi abbia praticamente detto che sono inutile? Ah no, quasi dimenticavo. Parliamo del fatto che hai baciato Lip.-
-Cosa ti importa?-
-Mi importa, perchè dopo avermi detto che non ti sono servito a niente, dopo averti donato tutto me stesso, dopo aver trascurato la mia vita per te, sei andata da lui. Hai idea di come mi possa sentire? Hai idea di quanto abbia fatto male? Hai mai pensato a qualcun altro oltre che a te stessa? Hai mai creduto solo per un attimo di fidarti veramente di me o è stato veramente tutto finto? Perchè se adesso mi rispondi di no, io me ne vado e ti lascio in pace. Non ho bisogno di essere umiliato da te, lo faccio già abbastanza da solo e lo fanno già gli altri. Non ho bisogno di sentire quello che già penso di me stesso...-
-Vuoi stare zitto per un secondo?- Interruppe il suo sproloquio.
-Quelle scuse le intendevo veramente. Mi dispiace di essermi comportata così con te, non te lo meritavi. E poi volevo dirti che ho ricordato ogni cosa che riguardasse noi due.-
-Cazzo... No...-
-Perchè no?-
-No... Non può succedere. Non dovevi.-
-Perchè cazzo non dovevo? Perchè non sei contento per me?-
-Non c'è niente di cui essere contento.-
-Per quale motivo?-
-Perchè non possiamo più tornare a come eravamo prima, ok? Non possiamo, io non posso.-
-Cook, mi vuoi spiegare che sta succedendo?-
-Cazzo...- Sospirò arrabbiato tirando un pugno al muro.
-Dio, dovevo baciarti quando ne ho avuto l'occasione.- Urlò frustrato dalle sue precedenti azioni, figurandosi nella mente le labbra della ragazza che toccavano quelle di Gallagher.
-E perchè non l'hai fatto?-
-Perchè ho paura, Mand. Tu mi fai paura, io mi faccio paura e le conseguenze anche. Non volevo ricordassi tutto, perchè è a causa di quel bacio che è successo tutto e vorrei tanto non averlo fatto, ma non si può tornare indietro.-
-Che connessione c'è tra le due cose?-
-Quella mattina ero uscito per schiarirmi le idee a causa di quel bacio. È colpa mia se è successo tutto. Non ricordando, avrei potuto riprovarci, avrei potuto aggiustare le cose.-
-Fallo adesso.-
-No...- Lei si mosse dalla sua posizione e si avvicinò a lui.
-Fallo.- Il ragazzo scosse la testa.
-Non posso...- Gli prese le mani e se le poggiò ai lati del viso. Lui le accarezzò le guance, completamente assorto dal suo sguardo speranzoso. La ragazza si avvicinò di più.
-Perchè non puoi?- Gli sussurrò sulle labbra. Lui chiuse gli occhi, scuotendo nuovamente la testa.
-È troppo tardi.- E lasciò scivolare i polpastrelli dal suo viso, aprendo la porta e andando via da lei e dai ricordi tormentati del passato.#Spazio Autrice#
Ho aggiornato, finalmente. L'ennesimo capitolo mai una gioia, però almeno è abbastanza lungo. Ultimamente avevo voglia di scrivere e avrei anche aggiornato prima, se il mio computer non avesse deciso di bloccarsi ed eliminarmi la parte che avevo scritto... Sì, come potete vedere il mio pc fa vomitare. Vabbè, so che non può fregarvene di meno di me e del mio portatile, quindi, se continua a piacervi, leggete, votate, commentate e ci vediamo nel prossimo capitolo.
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Don't you need me || James Cook
FanficMandy Milkovich è la classica ragazza del South Side di Chicago, ma la sua vita cambierà quando metterà piede nel suo nuovo college, il Roundview. Qui conoscerà persone disposte a fare di tutto per lei, degli amici inseparabili, e incontrerà James C...