Appena entrata nella stanza numero tre Mandy notò subito qualcosa di diverso. Una donna sulla quarantina con dei capelli castani raccolti e degli strani occhiali da vista a punta la scrutava da dietro una scrivania di legno.
-Tu dovresti essere Amanda Milkovich, vero?- Le disse con una voce dolce e gentile.
-Sì...-
-Non avere paura. Dai, siediti di fronte a me.- La ragazza si accomodò su una poltroncina nera di pelle, insolita per un ospedale psichiatrico come tutta la stanza. Si guardò intorno: una libreria con centinaia di volumi sulla psichiatria era addossata alla parete destra; dietro la scrivania, con diverse cianfrusaglie e un block notes, c'era un'enorme finestra da cui si vedeva il cortile e un'altra struttura, probabilmente l'ala maschile; alla sua sinistra c'era una porta, forse il bagno; e sulle pareti erano appese le foto della dottoressa con la sua famiglia e i vari diplomi. In una delle foto era ritratto un bambino dall'aria familiare. Scacciò il pensiero e continuò il tour visivo. C'erano delle piante e, stranamente, la stanza era colorata rispetto all'intero istituto. Le pareti erano di un beige caldo che la metteva a proprio agio e per terra c'era un parquet mogano. Inspiegabilmente si sentiva più rilassata.
-Allora, io sono la dottoressa Abby Griffin e ti seguirò in questi due giorni. So che sono pochi per definire il profilo psicologico di una persona, ma farò del mio meglio e tu dovrai aiutarmi.-
-Profilo psicologico? Pensa che sia pazza?-
-No. Tutti abbiamo un profilo psicologico. Non significa che tutti siamo pazzi. Voglio solo capire meglio perchè tu abbia fatto quello che hai fatto per ben due volte.-
-Sa già il motivo. Possiamo anche evitare di perdere tempo.-
-So il motivo, ma non quello che pensi tu. Voglio la tua versione.- Si tolse gli occhiali.
-Come hai trascorso la notte?-
-Uno schifo.-
-Potresti essere più dettagliata?-
-Non riuscivo a dormire e le medicine che mi avete dato mi hanno fatto andare fuori di testa. Ho fatto uno strano sogno e adesso ho paura.-
-Paura di che cosa?-
-Di tutto, delle persone che mi circondano.-
-Potresti dirmi cosa hai sognato?- Chiese senza staccare gli occhi dal foglio su cui stava prendendo appunti.
-Sono in casa mia, nella mia stanza. A un certo punto entra un ragazzo in camera mia e chiude la porta a chiave. È di spalle e non gli vedo il viso, però quando si gira riconosco la faccia di Jasper.-
-Jasper l'infermiere?-
-Sì lui...-
-Ok, continua.-
-Chiude la porta e mi si avvicina. Comincia a fare il viscido, dicendo che gli fossi mancata e mi tocca sotto la maglietta. Istintivamente lo colpisco per correre e aprire la porta, ma lui è più veloce di me. Mi prende per i capelli, mi scaraventa contro il muro e poi mi sbatte sul letto. Continua a toccarmi e poi...- Si bloccò sopraffatta dalla paura e dal dolore.
-Ok, può bastare. Jasper ha avuto una condotta impropria con te?-
-No, no, anzi. È stato molto gentile, ma ieri gli ho confessato il motivo per il quale ho tentato il suicidio e penso sia collegato a questo. Poi stamattina mi ha colpito un attacco d'ansia quando l'ho visto.-
-Quindi, quando mi hai detto di avere paura delle persone che ti circondano, volevi dire di avere paura di lui?-
-Sì, avevo paura di lui.-
-Ok, Mandy. Il dottor Shephard mi ha detto che non ricordi più certi avvenimenti a causa del coma e del trauma cranico. Io penso che questo sogno sia legato a qualcosa successa in quel periodo di tempo e che il volto di Jasper ci fosse solo perchè gli hai raccontato una cosa delicata che, probabilmente, volevi non sapesse.-
-Quindi mi sta dicendo che ieri notte ho ricordato qualcosa?-
-Sì, la sfera onirica è molto importante in questi casi. Non bisogna trascurare nessun dettaglio di quello che sogni. Per caso ricordi qualcos'altro?-
-No, solo che mi sono svegliata con un certo senso di familiarità, come se conoscessi quello che avevo appena sognato.-
-Ecco la risposta. Hai appena ricordato un evento collegato a quello che hai detto ieri al tuo infermiere.-
-Come può aiutarla a farle capire che non tenterò mai più di uccidermi?-
-Le tue risposte mi aiutano in ogni caso.- Annotò qualcosa e le rivolse un altro sguardo curioso.
-Allora, vuoi raccontarmi perchè l'hai fatto la prima volta?-
-Perchè non ce la facevo più. Ero piccola e sola, Mickey era in libertà vigilata. Mi sentivo in colpa per aver abortito e, in seguito, mi sono sentita in colpa perchè mio fratello aveva violato la libertà vigilata a causa mia. Sono stata egoista, ma non riuscivo più a continuare quella vita fatta di abusi e così l'ho fatto.-
-Mh... quindi mi stai dicendo che sei consapevole di essere stata egoista e non aver pensato agli altri.-
-Sì...-
-Quando qualcuno tenta il suicidio, il primo passo per superare questa fase di auto-distruzione è ammettere di essere stati colti da un impeto di egoismo e di non aver pensato alle conseguenze. A oggi se avessi valutato le conseguenze, lo avresti fatto?-
-Forse no. Dev'esserci un motivo per il quale lo abbia fatto di nuovo, però non lo ricordo.-
-Ok, adesso ascoltami. Il dottore mi ha dato una lettera che vorrei farti leggere. L'hai scritta prima di tentare il suicidio per la seconda volta.- Le porse il foglio leggermente stropicciato che lei scrutò per pochi secondi, prima di fare un'osservazione.
-Stavo piangendo...- Sussurrò.
-Cosa?-
-Stavo piangendo.- Ripetè a voce più alta.
-Come fai a dirlo?-
-Guardi, ci sono delle lettere sfuocate a causa di una leggera macchia. Sono lacrime. Non volevo davvero farlo.-
-Perchè lo pensi?-
-La prima volta non ho pianto. Sono solo stata risoluta. Ho fissato la lametta, l'ho presa e mi sono tagliata i polsi senza versare una lacrima o emettere un fiato. Non ho lasciato niente, nè una lettera, nè un post-it. Niente. Questa volta, invece, ho lasciato una lettera, ho pianto. Non volevo farlo davvero, ma sono stata costretta da qualcosa.-
-Matty sarebbe tornato e l'avrebbe rifatto.- La interruppe la dottoressa.
-Come fa a saperlo?-
-Ho avuto un altro foglio. Ecco tieni, forse servirà per i ricordi.- Le porse un altro foglio, più piccolo questa volta. Riconobbe subito la scrittura e al solo pensiero rabbrividì.
-Ha ragione. Sono stata costretta dal pensiero che lui sarebbe tornato, ma non volevo realmente farlo. Sono stata egoista, ma questa volta ne ero consapevole. Sapevo a cosa sarei andata in contro e per questo volevo che loro mi perdonassero.-
-Loro chi?-
-I miei amici e mio fratello. Senta, non ho mai avuto persone che abbiano tenuto particolarmente a me, ma questa volta penso sia diversa. Li ho visti in ospedale. Si sono presentati di nuovo con me, quando io non ricordavo neanche chi fossero, però un ragazzo in particolare mi è stato sempre accanto ed è lo stesso ragazzo per il quale ho dedicato più righe in quella lettera.-
-Pensi che nutrissi un sentimento per questo ragazzo?-
-Non lo so. Forse gli ero solo riconoscente per quello che aveva fatto, qualunque cosa fosse. Non so risponderle, perchè non lo ricordo.-
-E adesso? Cosa puoi dirmi su questo ragazzo?-
-Posso dirle che anche se non lo conoscevo, sapevo di potermi fidare. Ha un modo di fare con me, di stringermi la mano, che mi incute fiducia. Solo che ieri non ci siamo lasciati nel migliore dei modi.-
-Perchè?-
-Ci siamo salutati troppo velocemente e lui aveva il timore di dirmi qualcosa. Ci ho rimuginato per tutta la notte, mentre cercavo di chiudere occhio. Ma non riesco neanche a immaginare cosa potesse essere.-
-Dagli tempo. Forse vuole solo cercare di dimenticare qualcosa o forse non è pronto a raccontartela, perchè potrebbe avere delle conseguenze spiacevoli. Non puoi saperlo.- La guardò.
-Puoi andare Mandy. Va a farti una doccia e parla con Jasper. Lo conosco da tanto tempo, è un bravo ragazzo. Adesso si sentirà tremendamente in colpa e non saprà neanche lui per che cosa.-
-Permetta la domanda. Per caso è suo figlio?-
-Fuochino. Sono la sua matrigna.- Ecco spiegato il bambino con il volto familiare nella foto.
-Ecco perchè lo conosce bene. Grazie dottoressa, avevo bisogno di parlare con qualcuno.-
-Ci vediamo domani. Anche se so già come andrà a finire.- E le sorrise, aprendole la porta.#Spazio Autrice#
Sono tornata ragazze. Il primo incontro con la psicologa è avvenuto ed è stata una scena molto filosofica, a parer mio. Le statistiche sono un po' diminuite, ma io continuo ad aggiornare. Mi piace la storia, quindi se piace anche a voi, commentate, votate e ci vediamo al prossimo capitolo.
STAI LEGGENDO
Don't you need me || James Cook
FanfictionMandy Milkovich è la classica ragazza del South Side di Chicago, ma la sua vita cambierà quando metterà piede nel suo nuovo college, il Roundview. Qui conoscerà persone disposte a fare di tutto per lei, degli amici inseparabili, e incontrerà James C...