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Erano le sette quando la sveglia del mio telefono cominciò a suonare. Mi stiracchiai e scesi di sotto, sperando mio padre fosse ancora in casa. E per fortuna lo trovai seduto a tavola, mentre leggeva un giornale e sorseggiava il suo caffè.
"Buongiorno, papà." dissi e mi sedetti di fronte a lui, notando che sul tavolo c'era un cappuccino e un cornetto alla crema, il mio preferito.
"Sono uscito questa mattina presto e ti ho comprato la colazione." posò il giornale e mi parlò sorridendo, prima di portarsi la tazzina del caffè alla bocca.
Sorrisi e cominciai a mangiare il cornetto, gustandomelo a pieno.
"Ieri sera ero troppo stanco per chiederti come era andato il viaggio. Federico è stato gentile con te?" quasi non mi strozzai con il cornetto a sentire pronunciare il suo nome. Cosa dovevo dirgli? Che una massa di tifosi imbufaliti ci avevano attaccati e che se non avevo picchiato il suo giocatore era stato solo per miracolo? Meglio di no.
"Si si, molto gentile." dissi bevendo un sorso di cappuccino, sperando che quella conversazione finisse lì.
"Bene." mise la tazzina del caffè nel lavandino e andò di sopra, tornando poco dopo con la divisa sportiva della Juve. "La squadra sarà felicissima di rivederti." mi disse mentre si sedette di nuovo di fronte a me con il telefono in mano.
"Non dirmi che li hai avvisati del mio arrivo." mi guardò negli occhi con aria innocente, ma con me non attaccava, conoscevo perfettamente quello sguardo. "Papà! Doveva essere una sorpresa!"
"Non glielo ho detto di mia spontanea volontà. Non facevano altro che domandarmelo, e io alla fine ho ceduto." si giustificò lui. "Non puoi capire cosa significa avere a che fare con quei pazzi, mi hanno praticamente mandato fuori di testa." sorrisi pensando a come avranno fatto per farsi dire la data del mio arrivo, e subito mi passò l'arrabbiatura.
"Voglio venire con te, oggi." dissi all'improvviso mentre bevevo l'ultimo sorso di cappuccino.
"Immaginavo. Allora ti aspetto fuori." si alzò da tavola sorridendo e uscì di casa.
Andai di sopra dopo aver risposto al messaggio di mia mamma e a quello della mia migliore amica, che quest'anno aveva deciso di non volermi seguire a Torino. Mi lavai in fretta e cominciai a mettere la camera in disordine per scegliere cosa indossare. Alla fine indossai una canotta, degli short bianchi e le Vans. Mi guardai allo specchio e decisi che così poteva andare più che bene, visto che alla fine andavo solo a salutare la squadra della Juve al completo.

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Arrivammo a Vinovo dopo dieci minuti. Entrando nel parcheggio potei notare che c'erano già molte macchine, tra cui la Porsche nera di quel demente di Federico. Avrei tanto voluto scendere e prenderla a calci, rigarla con la chiave e poi bruciarla, tanto era stalcomo di soldi e avrebbe potuto tranquillamente comprarsene un'altra, ma decisi comunque di rimanere calma e non dare spettacolo.
Una volta scesa dall'auto cominciai a dirigermi verso l'interno del campo camminando normalmente, anche se avevo voglia di correre come una bambina di due anni. Quando entrai quello che mi si presentò davanti mi riempì il cuore di felicità, tanto che avrei voluto gridare per la gioia. Al centro del campo c'era un tavolo pieno di cibo e i ragazzi erano completamente ricoperti di festoni, nemmeno fosse il mio compleanno.
"SORPRESA!" gridarono in coro. In realtà la sorpresa avrei dovuta farla io a loro ma comunque apprezzai tantissimo il loro gesto, tanto che quasi non finivo in lacrime.
"Ragazzi, non dovevate!" cominciai ad abbracciare tutti uno a d'uno, e quando arrivai a Gonzalo con la bocca già strapiena di cibo, quasi non gli scoppiavo a ridere in faccia. Mi presentai anche ai ragazzi arrivati da poco, che si dimostrarono altrettanto felici di conoscere finalmente la figlia del mister. Quando arrivai a dover salutare quello scostumato di Federico, il cuore mi saltò in gola. Per salutarlo decisi che due sberle sarebbero più che bastate, ma poi ricordai che ero in pubblico e che magari lo avrei fatto più in là.
"Credo di conoscerti già." mi disse a denti stretti, con quell'aria da strafottente che Dio solo sapeva cosa avrei voluto fargli.
"Purtroppo." dissi io sfidandolo con gli occhi. Anche se era più alto di me di una spanna, decisi comunque di non farmi intimorire.
"Come vi fate a conoscere?" si intromise Paulo, che ci raggiunse in un lampo.
"Sono duvuto andare a prenderla all'aeroporto."
"Che ricordo disgustoso." dissi facendo una faccia schifata, facendo ridere Paulo.
"Devo dire lo stesso del tuo nome." come scusa? Ci avevo capito bene? Questo canguro aveva appena osato insultare il mio nome?! Oddio, adesso lo ammazzavo.
"Senti chi parla. Sappi che non chiamerei mai mio figlio Federico!"
"E io mia figlia Kim." aveva un'aria piuttosto tranquilla, come se si stava prendendo gioco di me nel volermi fare arrabbiare. Aveva un sorriso beffardo dipinto sul volto, quel tipo di sorriso che gli avrei tanto voluto togliere con un calcio sul naso.
"Okay ragazzi, calmiamoci." intervenne Paulo, salvando l'amico da un pugno sicuro nello stomaco. "Vieni a mangiare qualcosa al buffet, Kimmy?" Federico rise per il diminuitivo che mi aveva dato Paulo, e a quel punto gli feci il dito medio e me andai.

Per fortuna i ragazzi mi fecero dimenticare involontariamente l'accaduto, raccontandomi delle varie disanvventure che accadevano ogni giorno all'interno dello spogliatoio o nel pullman quando erano in viaggio. Inutile dire che risi come una pazza con le lacrime agli occhi. Anche Federico raccontò la sua prima disavventura nella Juve, e cioè che durante la notte Paulo e Alex gli avevano infilato alcuni cubetti di ghiaccio nelle mutande.
"Avrebbero dovuto fare di peggio." dissi io facendo ammutolire il neo-acquisto. Sorrisi soddisfatta alla faccia arrabbiata che fece, continuando a parlare con i ragazzi come se niente fosse.

Mi Rey ||• Federico BernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora