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Quando rientrai in casa erano le nove e mio padre era uscito da un pezzo. Posai la borsa sul divano e mi ci buttai sopra, chiudendo gli occhi e ripensando a tutto quello che era successo. Ero felice che io e Fede non avevamo passato la maggior parte del tempo a litigare, ma ero contenta sopratutto perché con lui ero stata benissimo.
Dopo un paio di ore, alla porta di casa mia suonò un uomo in giacca e cravatta venuto per riportarmi l'auto. Approfittando che avevo di nuovo l'auto raggiunsi mio padre al campo, decidendo di dovergli dare delle spiegazioni e di chiedergli se sarei potuta partire con loro per la partita contro la Lazio.
Lo trovai al solito posto, braccia conserte e sguardo concentrato.
"Ciao, papà." mio padre si girò verso di me e mi sorrise. Fin qui, tutto bene.
"Buongiorno, tesoro." mi diede un bacio in fronte e tornò a concentrarsi sugli allenamenti. E la strigliata che mi aspettavo di ricevere?
"Senti papà, questa notte sono stata da Federico." si voltò di scatto verso di me, facendomi prendere un colpo. Dovevo dirglielo, volevo assolutamente recuperare un buon rapporto con lui. "Era malato e non sapeva a chi chiedere aiuto. Ha avuto la febbre molto alta." cercai di giustificarmi in tutti i modi possibili, ma ad ogni modo, lui non sembrava essere arrabbiato.
"Ho saputo. Sono contento che abbia chiamato te per essere aiutato nonostante litighiate sempre."
Oh, anche io lo sono, fidati.
"Già." abbassai lo sguardo, e mi feci coraggio. "Senti, so che forse non è possibile, ma vorrei tanto venire con voi per la partita contro la Lazio." guardai mio padre, sperando mi dicesse di si.
"Non c'è nessun problema." sorrisi entusiasta decidendomi finalmente ad abbracciarlo. E questa, era fatta.
Decisi subito di dare la bellissima notizia ai ragazzi, che si erano fermati per riprendere fiato.
"Ehi ragazzi, verrò con voi per la partita contro la Lazio!" dissi saltellando come una bambina, ricevendo dei sorrisi da parte della squadra.
"Fantastico!" disse Miralem, entusiasta. Non vedevo l'ora che arrivasse sabato.
"Anche nel pullman dobbiamo sopportarti." mi voltai verso quella voce e vidi Federico con un piede appoggiato ad un pallone e le mani sui fianchi. Posizione fotomodello, insomma.
"Se non mi sopporti, puoi sempre venire con un pullman a parte." fino a due sere prima mi aveva praticamente implorata di restare a dormire con lui e la mattina dopo si era dimostrato il ragazzo più dolce del mondo, e oggi eccolo ricominciare a fare lo stronzo ritardato che altro non era.
Bipolare del cazzo.
"No, grazie." alzai gli occhi al cielo e lasciai i ragazzi ai loro allenamenti, passando accanto a Federico e urtandogli una spalla con il braccio. "Chissà ti rompi una gamba e dovrai restare qui."
"Alla faccia tua!" ed ecco che, come avevo previsto, ritornavamo ad essere cane e gatto.

Per due giorni consecutivi non ero andata al campo per evitare di vedere quella faccia da culo di Federico. Aveva provato a mandarmi alcuni messaggi per assicurarsi che stessi bene, ma io non avevo risposto a nessuno dei suoi messaggi. Che poi, ancora dovevo sapere come facesse ad avere il mio numero.
Per non restare sola rinchiusa in casa, la sera prima ero uscita con Luisa, la moglie di Douglas. Avevo provato a spiegarle un po' la situazione che si era creata tra me e Federico, e lei mi aveva risposto dicendo che sicuramente gli piacevo.
Ma come facevo a piacere a quel bipolare deficiente? Inutile dire che scartai quella stupidaggine che mi aveva messo in testa Luisa appena era arrivata alle mie orecchie.

Quella mattina sarebbe stato il terzo giorno che evitavo di andare al campo. Ce la stavo mettendo con tutte le forze, ma sapevo benissimo che non avrei resistito ancora per molto.
Nel momento in cui stavo per riprendere sonno, il campanello suonò. Scesi assonnata pensando che fosse mio padre, ma quando aprii la porta mi ritrovai davanti Federico. Sbarrai gli occhi e richiusi la porta, che venne fermata dalla forza di Federico un secondo prima che si chiudesse.
"È così che accogli gli amici?" riaprì la porta e allungò un braccio per appoggiarsi allo stipite della porta, chinandosi per guardarmi negli occhi.
"Noi non siamo amici!" dissi entrando in casa, seguita da quell'essere odioso. Ma perché era venuto a casa mia?!
"E cosa siamo? Di certo non siamo sconosciuti, perché se non sbaglio qualche notte fa hai dormito nel mio stesso letto." mi bloccai sul posto e lo guardai arrabbiata, per il semplice motivo che era riuscito ad ammutolirmi.
"Non farmi pentire di averlo fatto!" socchiusi gli occhi e gli puntai un dito al petto. "E poi non mi hai detto come hai fatto ad avere il mio numero!"
"Me lo ha dato Alex." oh, quel ragazzo! Era peggio di mia nonna!
"Cancellalo."
"Ma stai zitta." alzai un sopracciglio e il mio primo pensiero fu quello di prendere un vaso e spaccarglielo in testa.
"Cosa sei venuto a fare a casa mia?"
"Sono venuto ad accertarmi che stessi bene. È da tanto che non vieni al campo." ah, se ne era accorto. E chissà se si era accorto anche che non ci andavo per non vedere lui.
"Non mi andava." dissi semplicemente, sedendomi sul divano con lui che se ne andava in giro per la casa come se fosse la sua.
"Non ti andava o, non volevi incontrarmi?" sbarrai gli occhi a quella domanda, che riuscì a spiazzarmi.
Era così evidente?
"Entrambe le cose."
"Ma come, le ragazze farebbero una strage per incontrarmi." ma che presuntuoso! Voleva cercare di farmi ingelosire, per caso? Che idiota.
"Allora và da loro!" adesso mi mettevo anche a fare la gelosa. Ma che stupida che ero!
La mia risposta lo fece sorridere, provocandomi fastidio. Ma sorrideva sempre questo ragazzo?!
"No."
"E perché?" mi voltai verso di lui e lo trovai a guardarmi intensamente negli occhi. Nessuna traccia di divertimento sul suo viso, solo serietà.
"Perché io voglio solo una ragazza." il mio cuore fece un balzo e, credetemi se vi dico che in quel momento stavo letteralmente evaporando.

Mi Rey ||• Federico BernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora