Capitolo 7

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Levi
Sto facendo il letto e pulendo la mia stanza, il più accuratamente possibile.
Mi occupo di pulire la casa, fare la spesa, organizzare gli impegni della signora Jaeger e, a volte, di cucinare.
Solitamente un maggiordomo dovrebbe solamente organizzare gli impegni dei padroni di casa e organizzare la servitù, che si occupa di lavori come pulire o cucinare, cosa che il maggiordomo non dovrebbe fare.
Però, in casi come questo, in cui il maggiordomo è da solo in casa, senza essere affiancato dalla servitù, la cosa è diversa e quest'ultimo finisce per occuparsi delle faccende di casa.

La signora Jaeger ha preferito non assumere altre persone perché, essendo sola con il figlio, non vuole avere sconosciuti in casa. Ha preferito chiamare me, dicendomi che oramai si fida ciecamente.

La casa è silenziosa, senza quel moccioso in giro.
La signora Jaeger è fuori casa, non mi ha riferito la ragione. Sono da solo. Come sempre, dopotutto.
Chissà cosa sta facendo il moccioso in questo momento a scuola.
Ora che ci penso, quando era un bambino non amava andare a scuola quindi, visto il suo voto in inglese, deduco che anche ora sia lo stesso e che questo si ripercuota sulla sua media scolastica.
Probabilmente, conoscendolo, in questo momento starà guardando la finestra, o scarabocchiando sul quaderno distrattamente, immerso nei suoi pensieri, anche i più futili.

Sospiro, come al solito, inconsciamente, mi ritrovo a pensare a quei suoi grandi occhi e a quel suo sorriso radioso.
È ancora un bambino, almeno per me. Non riesco a notare quanto lui sia cresciuto in questi anni.

Guardo l'orologio, è tardi, probabilmente Eren tornerà a casa a momenti.
Dó un'ultima spolverata al davanzale che stavo pulendo ed esco dalla stanza chiudendomi la porta alle spalle.
La casa è incredibilmente grande, non sono abituato a questi ambienti così spaziosi e luminosi.
Ricordo che, prima di conoscere i signori Jaeger, avevo una pessima impressioni sulle persone ricche.
Sempre con la puzza sotto al naso, per niente altruiste, che pensano di essere al centro del mondo e di dover avere tutto dalla vita.
Ma, dopo il colloquio con i signori Jaeger, mi sono ricreduto.
In vita mia non avevo mai incontrato persone più gentili e disponibili.

Mi sono trovato bene in questa casa sin da subito, moccioso escluso. Sono felice di aver avuto quest'opportunità anche se, ne sono sicuro, a breve la vita mi riserverà una serie di tragedie.
La vita non regala niente a nessuno, quando credi che tutto vada per il meglio ecco che ti crolla il mondo addosso.
Nel mio caso, è sempre stato così e non mi aspetto che ora cambi qualcosa.
Quando credevo andasse tutto bene, dopo poco, iniziava ad andare tutto a puttane.
Ho perso le persone più importanti che ho mai avuto, in un battito di ciglia.

Ricordare tutto questo, ancora continua a farmi male. Pian piano ho iniziato a costruire una corazza attorno a me. Con tutte le mie forze, sono riuscito a nascondere le mie emozioni dietro un paio di occhi freddi come il ghiaccio. Ho imparato a non aspettarmi più niente dalla vita, a non legarmi più alle persone perché prima o poi se ne andranno.

Osservo il pianoforte nero lucente, scendendo le scale, nello spazioso salone. Un pianoforte a coda.
Ho sempre amato la musica, questo è un aspetto di me che non cambierà mai. Sapevo suonare il pianoforte, almeno fino a dieci anni fa.
Lo suonavo per una persona importante. Non tocco un tasto da allora, e non ho motivo di farlo, non c'è nessuno per cui potrei ancora suonare quelle note. Nessuno.

Sfioro lo strumento con una mano, accarezzandolo. Chiudo gli occhi, immaginando il dolce suono che, anni prima, producevano le mie mani muovendosi sui tasti.
Non posso farlo.
Non voglio farlo.
Non voglio più suonare ormai, o forse sto solo cercando di convincermi da solo di non volerlo realmente.
Quel suono era dedicato solo a quella persona, a nessun altro, e, ora che mi ha abbandonato, non ho motivo di suonare.

My butler | ERERI/RIRENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora