Levi
La brezza invernale sfiorarmi la pelle, il vento pungente farmi rabbrividire.
La sabbia granulosa e friabile di un colore dorato ed il rumore delle onde infrangersi alla riva.
Lentamente. Ripetutamente.Fanno sempre lo stesso giro, il mare le risucchia ma loro tornano alla riva, accompagnate da una schiuma biancastra che, sotto la luce del sole mattutino, sembra quasi trasparente.
Un tira e molla continuo.
Qualche fastidioso granulo di sabbia nelle scarpe, le impronte dei piedi scavate sul terreno, segno del mio passaggio.
Rimarranno lì, e io verrò ricordato, o almeno per poco.Mi giro, non le vedo più. Le mie impronte sono scomparse, spazzate via dall'acqua salina.
Travolte.
Completamente.
Cancellate.
Questo che significa? Erano lì, fino a un secondo fa e ora non ci sono più.Il mare le ha portate via con così tanta facilità, sembra tutto così tranquillo.
Senza sforzo sono state cancellate.
Questo cosa mi ricorda?Forse il mio muro? La mia freddezza? Il mio orgoglio? La distanza che ho sempre tenuto dagli altri? La mia arroganza? Sì, anche loro sono state spazzate via.
Ma allora qual'è l'onda che le ha cancellate, lasciando la quiete dietro di sè? Semplice.Mi sta correndo incontro, nell'acqua. Gira su sè stesso, a piedi nudi nel mare gelido di Novembre.
Ride, e continua a correre.
Si avvicina, e ride di nuovo.
Il profilo a contrasto con la luce del sole, gli occhi brillanti, cristallini.Messo a confronto con l'infinito mare azzurro sembra così piccolo e insignificante. Ma lui ci sta dentro senza sforzi, e si muove liberamente.
È lui la mia onda o, ancora meglio, il mio tsunami.Mi chiama a gran voce.
<<Levi! Vieni corri!>> ed io sorrido.
Voglio raggiungerlo, arrivare a lui.
E così inizio a camminare, tornando indietro e ripercorrendo la strada sui granuli di sabbia.
Il suo riflesso sull'acqua.
<<Arrivo moccioso>>Spalanco gli occhi, alzandomi dal materasso e guardandomi intorno.
È tutto completamente buio.
Sospiro passandomi una mano sugli occhi e negando con la testa.
Adesso devi entrare anche nei miei sogni?
Lo maledico mentalmente, finalmente alzandomi e accendendo le luci.È mattina presto e, appena apro la porta della mia camera, mi accorgo che stanno dormendo ancora tutti, visto il silenzio.
Scendo le scale e raggiungo la cucina, prendendo una tazza di tè, per poi tornare al piano superiore e mettermi le mie eleganti vesti da maggiordomo.Rimango qualche secondo a fissare la mia immagine riflessa sul grande specchio appeso ad una delle pareti bianche latte della stanza.
Per un attimo mi sembra di rivedere nuovamente il viso piangente di Eren riflettersi nello specchio.
È stato devastante.
Ma io ne so qualcosa.Essere picchiato, non poter fare nulla per difendersi. Un bambino dalla tenera età, come Jude, cosa può mai fare? Può solo sopportare ed è ciò che ha fatto finora.
Eppure ha trovato qualcuno di cui fidarsi, sta venendo protetto, ormai è chiuso in una bolla.Carla lo ha fatto rimanere, anche se lui non ha voluto dire chi lo ha malmenato.
La madre ha fatto qualche storia prima di lasciarlo dormire qui, ma non le è stato accennato nulla riguardo alle ferite del figlio.
Carla le ha solo detto che voleva rimanere con Eren a giocare, e che, visto che era tardi, preferiva che rimanesse a dormire.Io ho partecipato alla conversazione, tentando di convincere la madre a far restare Jude.
Alla fine lo ha lasciato stare.In seguito sono salito al piano di sopra e ho raggiunto Eren, che era rimasto in bagno a fissare sconvolto il corpo di Jude.
Era in ginocchio, con la testa poggiata sul suo petto, a piangere rumorosamente.
Le lacrime scivolavano sul petto di Jude, attraversando le ferite ed infrangendosi sul pavimento, se prima non fermavano la loro corsa.
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My butler | ERERI/RIREN
Fanfiction[COMPLETA] "Gli mordo le labbra perché ormai baciarle non è più abbastanza." Nonostante i dodici anni che lo separano dal loro primo incontro, Eren Jaeger non si è mai dimenticato del suo maggiordomo. Proveniente da una ricca famiglia del Giappone...