Capitolo 51

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Levi
La seconda notte passata insieme, a consumare il nostro amore sotto quelle coperte bianche candide, a perderci nei nostri sguardi e nei nostri tocchi.
Nei nostri baci.

Il solo pensiero delle notti passate con lui mi attorciglia lo stomaco, il solo pensiero del suo corpo esile, marchiato dalle mie labbra, dai miei morsi, dei suoi occhi lucidi e i suoi capelli scompigliati, delle sue guance rosse e delle sue labbra gonfie e arrossate, mi fa sorridere.
Eppure, dopo che si è addormentato fra le mie braccia, che non potevano fare altro se non avvolgerlo stretto in un disperato bisogno di proteggerlo, ho iniziato a pensare.

Tutte le mie azioni, fino a quel momento, erano state guidate da un desiderio nascosto, tutto tranne che razionale.
Non mi ero mai messo seriamente a pensare alle conseguenze, a ciò che stavamo realmente facendo.
Il suo pensiero mi fa impazzire, e la mia ragione va a farsi fottere quando si tratta di lui.

Eppure io so che è sbagliato. Quello che stiamo facendo è estremamente sbagliato.
Ci stiamo facendo guidare dalla passione, dall'amore che condividiamo, ma non ci fermiamo a ragionare.
Eren ha appena diciotto anni, cosa sto facendo?
Io sono il suo maggiordomo, l'ho accudito quando aveva solo cinque anni ed ora mi ritrovo a stringerlo nelle mie braccia dopo aver fatto l'amore?
Carla è in casa, e non è stupida, prima o poi se ne accorgerà.
Ho paura, talmente tanta.

Lo amo, lo amo da morire, ma non penso che questi nostri momenti gli facciano realmente bene.
Ha diciotto anni, dovrebbe stare con una bella ragazza, o un bel ragazzo, della sua età, della sua scuola, non con il suo maggiordomo di più di dieci anni più grande.
Dovrebbe passare le serate nei locali, con i suoi amici, studiare insieme, pensare al suo futuro, all'università.
Lui ha ancora una vita davanti e, a me, sembra che io gliela stia togliendo.

Voglio che lui abbia la possibilità di vivere tutto questo, tutto ciò che io non ho vissuto, e mi accorgo sempre di più che sia stato uno stupido a farmi trascinare in questa situazione perché gli sto facendo solo del male.
Non mi pento di essermi aperto a lui, non mi pento di essermi fidato, non mi pento di essermi innamorato di quel suo bellissimo sorriso. Non potevo lasciarmi andare a persona migliore di lui.
Gliene sarò eternamente grato, lo supporterò sempre, anche se in silenzio.
La cosa di cui mi pento è di averlo coinvolto, ed ora mi sembra che in qualche modo sia intrappolato in questa situazione.
Gli sto levando tanto, troppo.

E così ho preso a trattarlo freddamente, distaccato come agli inizi, anche se, dentro di me, non desidero altro che baciarlo dolcemente e stringerlo al mio petto.
Vedo che sta male, lo leggo negli sguardi che mi lancia appena ne ha l'occasione, lo leggo nelle sue azioni impacciate, con il solo scopo di attirare la mia attenzione.

Ho sentito i suoi singhiozzi, quando si è chiuso in camera senza dire una parola, dopo l'ennesima volta che l'ho ignorato.
Ed ho sentito anche il mio cuore andare in frantumi al suono della sua disperazione.
Non sono riuscito ad allontanarmi da quella porta chiusa, sono rimasto ad ascoltare, incapace di fare altro, e a frantumarmi insieme a lui, senza che nemmeno se ne accorgesse.

Cosa sto facendo? Cosa dovrei fare?
Non faccio che domandarmi cosa sia più giusto per lui.
E così mi sono allontanato, pensando che fosse la cosa migliore per entrambi.
Lui starà bene, dopo.
Si innamorerà di nuovo, di una persona più adatta.
Di una persona meno sporca.

Eppure quanto vedo il suo volto distrutto, che prima mostrava solo la spensieratezza e la felicità in tutta la sua genuina semplicità, il desiderio di farlo tornare da me e di rassicurarlo fa quasi sempre per sopraffarmi.
Questo amore per lui mi spinge a volerlo avvicinare, ma, al contempo, a spingerlo il più lontano possibile da me.
Perché sono ancora qui?
Sono ancora il suo maggiordomo, quante volte mi sono ripetuto che dovrei semplicemente licenziarmi, per evitare di farci ancora più del male?

My butler | ERERI/RIRENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora