Capitolo 14

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Eren
<<Allora sì, ti amo>>
<<Ti amo... ti amo...>>

Lo amo.

Ma perché l'ho detto?

Spalanco gli occhi, stordito.
Poggio i piedi sul pavimento ghiacciato, passandomi una mano sulla fronte, sconsolato, sospirando rumorosamente.

L'ho fatto, ma perché? Non dovevo.
La sua reazione non posso dimenticarla, i suoi occhi leggermente spalancati, luccicavano, poi si è alzato, silenzioso come un cacciatore quando deve fare un agguato a una preda, e si è dileguato in camera, dicendomi quelle semplici parole.
Dio quelle parole che scorrono nella mia mente a ripetizione.
Quelle parole che non mi hanno fatto dormire.
Quelle parole che mi hanno ferito, sì ferito.
Come posso affrontarlo ora?
Farà finta che non sia successo nulla?
Mi guarderà ancora in faccia?
Ma, soprattutto, se ne andrà?

Quando si tratta di lui, va sempre tutto così male e non posso sopportarlo.
Mi fa così tanta rabbia quanto io sia imbarazzato quando parlo con lui, quanto non riesca a dire una parola senza balbettare ad un minimo sguardo, o quanto sia insicuro sul da farsi.
Mi sono innamorato dei suoi occhi color tempesta e del suo comportamento scorbutico ma, al contempo, in rare occasioni, dolce.
Ho visto il suo sorriso, il suo viso shoccato ed il suo sguardo truce.
Non so nulla di lui, del suo passato, dei suoi pensieri, ma so che è un malato del pulito, che è un perfezionista, che si arrabbia quando fai riferimenti alla sua altezza, che è severo, e che gli piace sedersi sul divano a leggere un libro, dopo aver mangiato, con la finestra aperta. Gliel'ho visto fare tante di quelle volte, quando ormai era tutto buio e mia madre era a dormire.
Nella quiete della stanza a rompere il silenzio era solo il rumore delle pagine giallastre che venivano sfogliate delicatamente.
Il suo viso, solitamente teso, era rilassato ed il suo sguardo fisso sulle pagine.

So che non dorme molto, lo vedo spesso alzato fino a tardi e la mattina, ogni tanto, mi capita di sentire dei rumori anche prima dell'alba.
Non so tutti i particolari della sua vita, ma sapere anche le più piccole ed insignificanti cose mi rende incredibilmente felice, mi sento stupido per questo.

Levi
Mi alzo da letto, noncurante delle vistose occhiaie.
Come al solito, non ho dormito.
Penso, sospirando.
Ma questa volta è diverso.
Non ho smesso per un attimo di pensare alle parole di Eren, alla sua timida dichiarazione.

Lo sapevo. Avevo capito che Eren era innamorato di me. L'ho spinto io a dichiararsi, ma me ne pento.
Volevo capire, capire cosa significa amare.
Amare, un tempo sapevo amare, ma ora mi sono dimenticato come si fa.

Cosa significa amare?
Eren mi ha fatto esattamente la stessa domanda, ma non ho saputo rispondergli.
Ha saputo rispondere al suo quesito solo un ragazzino di cinque anni, perché, oramai, in questo mondo corrotto, soltanto i bambini sanno cosa significa realmente amare.

Esco dalla stanza nel silenzio più assoluto, mi sono alzato dal letto al suono della sveglia, puntata alle 6, anche se in realtà non mi ha svegliato affatto, visto che non ho dormito.

Scendo le scale, tentando di non fare troppo rumore, per poi sedermi sul divano qualche secondo, con gli occhi chiusi ed una mano sulla fronte, a rimurginare su ieri.
Gli ho detto quelle parole, leggermente tremanti, con una nota di tristezza nel tono, perchè era la cosa più giusta da fare.

Ma allora perchè anche stamattina ho puntato la sveglia alle 6 e sono sceso in salotto a preparare la colazione?
Perchè anche stamattina sono seduto su questo divano rosso a rimurginare su fatti già accaduti? Perchè anche stamattina sto pensando a quel moccioso? Perchè non ho fatto ciò che ho detto? Perchè ora mi sono pentito delle mie parole? Perchè l'ho spinto a dichiararsi se già sapevo come sarebbe andata a finire? Speranza, curiosità, paura?

<<Non voglio più vederti, Eren>>

Sono stato io a dirlo eppure sono ancora qui, ad aspettare che scenda le scale stroppiacciansosi gli occhi, come sempre. Ad aspettare che si sieda al tavolo ingozzandosi per evitare di fare ritardo, ad aspettare che esca di casa di corsa, salutando la madre con un bacio sulla guancia e lanciandomi un timido sguardo, come per salutarmi silenziosamente.
Non voglio più vederlo, ma, allo stesso tempo, sono qui solo per questo.

Dio, con quel moccioso è sempre tutto così complicato...
Ma la verità è che quello ad essere complicato sono io, perchè lui mi manda nella più totale confusione. Un ragazzino di 17 anni. A me... come può essere possibile una cosa del genere?

Tutte le emozioni nascoste, che ho giurato di celare dentro di me, lui me le sta dando amplificate.
Con un semplice sguardo sembra scrutare dentro di me, ogni minima parte, nascosta a tutti gli altri, e con un semplice sorriso riesce a eliminare tutte le mie preoccupazioni, che sembrano volare libere nell'aria, che non sono nulla in confronto a quel sorriso, da proteggere e custodire in una cassaforte. Nulla è più importante.

Ma la realtà è che io non so nulla di lui, e lui non sa nulla di me.

Così tanto tempo ad arrovellarsi per un ragazzino... e pensare che la prima volta che l'ho visto volevo riempirlo solamente di botte, nonostante avesse solo cinque anni.

Un altro sospiro.
Ma questa volta non è mio, Eren è sulle scale, a guardarsi i piedi muoversi lentamente e di malavoglia, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando ogni tanto. È per questo... è per questo che non me ane sono andato? Per vedere qualcosa del genere?
Mi sta facendo impazzire...

Subito dopo Eren, che sembra non avermi ancora notato a causa della scarsa vista mattutina, con passi veloci, Carla percorre lo stesso tragitto del castano per arrivare in salotto, mi fa un cenno con il capo sorridendo e, di fretta, facendo attenzione a non cadere essendo sui tacchi, si dirige in cucina.

Sembra molto più elegante del solito, con la maglietta di raso argentata ed i capelli legati in uno chignon.
Persino il viso sembra più giovane, probabilmente grazie al trucco, non esagerato, che si è messa in quest'occasione.

La mia attenzione torna su Eren che, dopo essersi finalmente girato a guardarmi, spalanca gli occhi e, arrossendo vistosamente tanto da sembrare una bomba pronta ad esplodere, svia lo sguardo.

I suoi luminosi occhi verde smeraldo non incontrano i miei per nemmeno mezzo secondo, a causa del suo sguardo puntato a terra e del nervosismo che tenta di celare.
Il silenzio incombe nella stanza, sicuramente troppo grande per ospitare solo due persone che, tra l'altro, non sanno come avviare una conversazione.

La verità è che nemmeno io so cosa dire, non so cosa sarebbe giusto fare in questa situazione. Se aprissi bocca lo manderei ancora più in confusione, inoltre non sarei in grado di rimettergli i pensieri in ordine, perché nemmeno io li ho.

<<Levi...>> mi chiama con voce vellutata.
Mi sembra di non sentirla da mesi, eppure l'ultima volta che mi ha parlato è stata solo ieri sera.
Forse perché le sue parole sono state quelle? Una dichiarazione a cui ho pensato per l'intera notte?

Incubi notturni, ricordi che non dovevano riaffiorare, dolore. Ma poi, eccolo lì, a sorridere timidamente a sua madre, appena tornata in salotto e interrotto il discorso che stava per avviare Eren. Un semplice sorriso, leggermente forzato, può farmi sentire tanto leggero?

Spazio autrice
Visto che in questo capitolo non succede niente, e visto che sono in ritardo... ho una sorpresa per voi... DOPPIO AGGIORNAMENTO! Ora pubblico anche il capitolo 15, ringraziatemi ci ho messo tanto a scriverli (sono entrambi molto lunghi, soprattutto il 15) e ora sto morendo di sonno.
Ci vediamo al prossimo capitolo fra 2 minuti ciauu!
Baci,
Autrice.

My butler | ERERI/RIRENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora