8- Justin

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Il ricordo della delusione di Andrew nel scoprire che Jennifer non sia la mia ragazza mi fa scoppiare a ridere ogni qualvolta, involontariamente, penso al piccolo sorriso che lei mi ha rivolto prima allontanarsi da me con la velocità della luce.

Ci ho visto tanta diffidenza e scetticismo, in quel sorriso. Ma ci ho  visto anche il motivo per cui Andrew ha già iniziato a fantasticare su una dozzina di nipotini che corrono in giro per casa, mentre lui e mia madre cercando di mettere al riparo il suo servizio preferito da tè in porcellana.
So già che, nonostante io sia stato categorico nell'affermare che tra me e quella ragazza dagli occhi blu cobalto non esista alcun legame, dopo essermene andato, la prima cosa che egli ha ben pensato di fare è chiamare mia madre per informarla che forse le sue continue preghiere stanno per dare i loro frutti.

Sono entrambi convinti che, una volta che avrò trovato colei che saprà farmi perdere la testa, improvvisamente deciderò di cambiare il corso della mia vita,  smettendo di correre, ogni santo giorno, il rischio di ritrovarmi sotto terra ancor prima dei trent'anni. Ma non funziona così, giusto?
Io sono nato per questo. Sono nato per sentire l'adrenalina scorrermi nelle vene mentre tutto intorno a me cade a pezzi e il caos cancella la speranza dagli occhi di tutti. Non credo che potrei rinunciarvi per niente al mondo, nemmeno per una ragazza che sembra uscita letteralmente dalle mie fantasie più nascoste.

D'altro canto, non potrei mai pretendere che una donna abbastanza sana di mente mi aspetti pazientemente mentre sparisco per mesi, per poi ricomparire il tempo necessario per un paio di scopate e  svanire di nuovo nel nulla, senza la consapevolezza di tornare indietro così come sono partito.

Allora non mi resta che accontentarmi di relazioni che nascono al tramonto e finiscono all'alba, senza lasciare alcun segno significante dentro di me. E, francamente, non ho mai desiderato niente di diverso...perciò, non capisco perché, improvvisamente, sto mettendo in dubbio ogni cazzo di cosa che in passato non mi è mai sembrato che costituisse un problema.

Persino i muri di questo appartamento, che dovrei ormai catalogare come "casa", in questo preciso istante, mi sembrano ostili e soffocanti. Odio ogni rumore che arriva dall'esterno, interrompendo il silenzio tormentato in cui mi sono avvolto.

E' un bel posticino questo, arredato a regola d'arte in toni scuri ed eleganti ed abbastanza spazioso da poter essere considerato una casa degna di un "figlio di papà"...come Clayton, Jace e tutta quella banda di depravati che mi sta alle calcagna. Eppure, in questo momento vorrei ritrovarmi nella mia vera casa fuori New York situata in mezzo al nulla, sbronzarmi a bordo piscina e avere intorno solo le persone a me più strette.

Forse rivedere Andrew non è stata una buona idea.  Avrei dovuto saperlo che dopo un anno di lontananza, avrei sentito un insopportabile nostalgia.

E poi, per mettere ulteriormente a dura prova i miei nervi molto sensibili, c'è qualcuno fuori dalla mia porta che sta aggredendo il campanello da circa cinque fottutissimi minuti. Sto provando con tutte le mie forze ad ignorare quel suono fastidioso, aspettando pazientemente che, chiunque si trovi dietro alla porta, capisca che non sia affatto il benvenuto. Ma dopo qualche altro istante, le mie gambe prendono a camminare di loro spontanea volontà nella direzione della porta, ormai pronto a scaricare la mia frustrazione sul malcapitato visitatore.

"Sei diventato sordo per caso?" Mi sento chiedere in tono di scherno.
"Che ci fai qui?" Chiedo a mia volta, guardando come la biondina mi oltrepassa e si avvia con passi lenti e sinuosi verso il salotto.
"Rilassati. Mi sono assicurata di non essere seguita." Ribatte, interpretando in maniera sbagliata il mio malumore.
"E sei qui perché...?" Ritento, continuando a seguire con lo sguardo ogni suo movimento. Essendo pianamente consapevole della mia incapacità di sfogare i suoi nervi su di lei persino quando sono ad un passo dall'esplodere, Hailey si muove con una sicurezza disarmante, sorridendo maliziosamente quando il mio sguardo passa a rassegna il suo corpo fasciato alla perfezione in un paio di skinny jeans, un top bianco e un giacchetto di pelle.
"E comunque..." Proseguo, lasciandomi cadere sul divano in pelle bianca. "Ho già detto loro che sei, come dire, il mio passatempo preferito. "
"Hey!" Urla in segno di finta disapprovazione, tirandomi addosso la prima cosa che le capita sottomano: il telecomando della tv. "Mi stai facendo passare per la tua puttana, stronzo."
"Dovevo spiegare in qualche modo le tue continue visite."  Mi difendo, sorridendo per la velocità con cui la sua rabbia va scemando, per poi ridursi ad un ghigno malizioso.

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