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"Mangia." Asserisce Ally in un tono che non ammette alcuna protesta. Lanciandole uno sguardo eloquente, continuo a girare e rigirare la tazza di caffè tra le mani, mentre i pensieri mi mi assalgono uno ad uno.
"Non riuscirei a mandare giù nemmeno un boccone." Mento, spingendo distrattamente nella sua direzione il piattino su cui c'è un pezzo di torta ai frutti di bosco.
"Come sta Clayton?" Tenta la mia amica, rilasciando un lungo sospiro di frustrazione.

So che il mio silenzio prolungato la sta facendo uscire fuori di testa, perciò, approfittandomi del fatto che momentaneamente sia impegnata a fissare un punto dietro di me, cerco di fare velocemente mente locale. Non sento affatto il bisogno di esternare il casino che ho in testa ma, conoscendo Ally, sono ben consapevole che lei non stia apprezzando affatto questa sorta di silenzio autoimposto.

"Sono passati solo tre giorni dall'incidente. È ancora un po' ammaccato, ma sempre sul pezzo." Ci scherzo su. "Mi ha chiesto nuovamente di andare a vivere con lui. E sai una cosa? Voglio farlo. Non prenderla male, ho cercato di pensare a quello che mi hai detto. Ma voglio veramente fare questo passo."
" Se è ciò che ti senti di fare, io ti sosterrò sempre." Dice in un tono stranamente alto rispetto a solo qualche istante fa.

Abbozzando un piccolo sorriso, copro la sua mano con la mia per qualche istante in segno di ringraziamento. Sapevo che non avrebbe cercato di dissuadermi, né tantomeno iniziare ad elencarmi tutte le pecche di questa decisione presa su due piedi. Se c'è una persona che sa quando è il momento più adatto per limitarsi a supportare le scelte di un'amica quella è proprio Ally.

"Tuo padre, invece? Continua ad essere una palla al piede?" Prosegue, portandosi la tazza di cappuccino alle labbra.
"Si!" Esclamo esasperata, alzando gli occhi al cielo. "Si è messo in testa di riconquistare mia madre. Dopo due anni in cui a malapena si è fatto sentire 3 volte, ieri sera si è ripresentato alla nostra porta come se niente fosse. E sta usando Em per arrivare da mia madre, capisci? Quel pezzo di merda! Di certo non gli permetterò di farle un lavaggio del cervello."
"Non credi che Em sia abbastanza grande da decidere se rivuole suo padre nella sua vita o meno?" Mi chiede prudentemente la mia amica, passandosi la mano attraverso i suoi meravigliosi capelli biondi.
"Per l'amor del cielo, no!" Esclamo ancora, aggrottando la fronte. "È in quella fase della vita in cui farebbe una scelta di merda anche per il semplice gusto di ribellarsi. Se mia madre non ha il cuore di aprirle gli occhi, ci penserò io."

Con il sangue che mi bolle nelle vene, cerco di indirizzare la mia rabbia su un'altra pista, prima di perdere totalmente il controllo. Perciò, dopo aver guardato per qualche istante con la coda dell'occhio quel pezzo di torta ancora intatto , riprendo il piattino senza tante cerimonie e sfogo le mie frustrazioni immettendo calorie nel mio corpo teso.

"La cosa più divertente è che una volta incontrato un ostacolo, ti assalgono altri cento." Constato distrattamente, in maniera puramente ironica, guardando fuori dalla finestra del Coffee Shop. "Non è vero che dopo un giorno brutto ne arriva uno bello. Io lo sto ancora aspettando e, cazzo, credo che continuerò ad aspettare ancora per tanto."
"Vedrai che riuscirai ad uscirne. Ci riesci sempre." Cerca di rassicurarmi la mia amica. "Pensa a Clayton e al fatto che finalmente andrete a vivere insieme. Non importa cosa ne penso io al riguardo, l'importante è che tu sia felice."

E io, sforzandomi di far affiorare un sorriso d'incoraggiamento sulle labbra,  rivolto più a me stessa che a lei, catturo un po' della sua aria da vera ottimista e mi lascio coinvolgere in un conversazione piena di aneddoti su come io sia riuscita ad "attirare Clay nella mia trappola". La mia ardua impresa, nonostante sia già passato un po' di tempo, fa ancora divertire oltremisura le mie amiche.

D'altronde, nessuno aveva mai creduto che la piccola Jennifer, col caratterino di una hippy alle prese con la diffusione del suo messaggio di pace e non di certo con l'aria da femme fatale, potesse mai accaparrarsi proprio il macho man della Columbia University. Seriamente, nemmeno io pensavo potesse  mai accadere, ma questo perché conoscevo Clay solo attraverso i pettegolezzi che lo ritraevano come lo stronzo di turno che si portava una miriade di ragazze a letto, senza mai voler avere una relazione.

E fondamentalmente (purtroppo per la mia salute mentale) avevano ragione riguardo alla quantità di ragazze che si portava a letto, ma non sul suo carattere. Clay è sempre stato buono come il miele, ma nessuna ha mai saputo scovare questo suo lato. Perciò, anche se a distanza di anni ed anche se ora non ho più l'aspetto di un'allegra hippy, alcuni continuano a chiedersi come due persone apparentemente agli antipodi siano riuscite a costruire qualcosa insieme. Io però, non ne sono più sorpresa. Io so che era soltanto questione di saper decifrare i suoi occhi.

"Grazie per avermi ascoltata, Ally. Ne avevo bisogno." Mi sbilancio, alzandomi lentamente dal divanetto in pelle rossa. Ma il mio sguardo cade immediatamente su un familiare tatuaggio che raffigura delle ali spiegate sul collo di una persona altrettanto conosciuta, seduta proprio al tavolo situato dietro al nostro e che io non ho notato  perché non ho mai avuto la prontezza di voltarmi nella sua direzione. E realizzo all'istante di aver automaticamente aperto il mio cuore mentre una presenza sgradita probabilmente se ne stava tranquillamente ad origliare i miei problemi.

Infastidita oltremisura, lascio cadere alla rinfusa una banconota da venti dollari sul tavolo ed esco dal piccolo locale senza nemmeno curarmi del fatto che Ally mi stia seguendo o meno. Con la coda dell'occhio noto che Justin sembra stia accordando la sua intera attenzione allo schermo di un portatile, ma ciò non toglie che egli possa aver sentito tutto, perciò il mio umore continua ad essere tempestoso anche quando la mia amica mi raggiunge sul marciapiede gremito di gente.

"Tu lo sapevi. Senz'altro l'hai visto entrare!" Asserisco furibonda, puntando un dito contro Ally.
"Hai ragione." Ammette lei in tutta tranquillità, alzando le mani in segno di resa.
"E perché non me l'hai detto? Probabilmente ha sentito ogni parola sin dall'inizio." Continuo, aspettando che anche questa volta lei cerchi di rassicurarmi.
"È così." Mi dice, invece, facendo crescere ancora di più la mia frustrazione.
"E perché diamine non me l'hai detto?" Tento ancora, ignorando il fatto che siamo letteralmente impallate nel bel mezzo del marciapiede. "Probabilmente è anche contento che io non me la stia passando così bene. Non si può sapere mai, magari è anche un po' sadico oltre che stronzo."
"Ti prego, non dire sciocchezze." Replica Ally, per poi scoppiare a ridere. "Tu non l'hai guardato ma, credimi, aveva tutta l'aria di un cucciolo bastonato. Forse, dopotutto, gli importa di te, ma ciò non spiega il perché si sta comportando come un'emerita testa di cazzo."
"Ora sei tu che stai dicendo sciocchezze." Ribatto, guardandola come se le fosse spuntata una seconda testa.
"Ascoltami, senza fare tante storie." Continua imperterrita la mia amica. "Se io avessi ragione, potresti vendicarti senza nemmeno alzare un dito. Il semplice fatto che tu lo stia ignorando potrebbe ferirlo. Non so in quale misura, ma abbastanza perché tu possa pensare di avergliela fatta pagare per essere stato un tale coglione. In più, ora sa che tu e Clayton vivrete sotto lo stesso tetto, e questo è un ulteriore colpo per il suo ego."
"Ma io non voglio che stia male." Affermo senza rifletterci, beccandomi uno sguardo confuso dalla parte di Ally.

È il mio lato hippy a parlare. Forse il mio aspetto è cambiato e non vado più in giro vestita come la figlia dei fiori, ma sicuramente il modo di pensare è rimasto invariato.

Vivi e lascia vivere.

Non mi piace il pensiero che io stia provocando il malessere di Justin così come non ho sopportato il fatto che lui abbia provocato il mio, seppur temporaneamente. Francamente, non capisco perché non si sta rivelando facile andare avanti con la propria vita senza ritornare sempre sugli stessi errori ormai commessi e, in teoria, sepolti. E non capisco perché ora qualcosa nella mia testa mi stia obbligando a rimuginare sulla possibilità che, in fondo, io non sia stato solo un gioco per lui.

Quest'idea mi ha permesso di essere in pace con me stessa quando ho deciso di rimuoverlo completamente dalla testa e ora sto letteralmente cercando di aggrapparmici, mentre sopprimo con veemenza ogni pensiero che, seppur sensato, sembra essere contrastante.
Non ne vado fiera della velocità con cui metto in dubbio ogni decisione presa a sangue freddo, ma questo fa parte della mia indole permissiva.

Permetto sempre ad un sacco di persone di entrare nella mia vita, per poi sentire la loro mancanza quando spariscono, dopo avermi stravolta per l'ennesima volta.

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