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Controllando ancora una volta il display del telefono, continuo a fare zapping tra i canali in cerca di qualche trasmissione notturna che riesca ad attirarmi l'attenzione, distraendomi un po' dal mio stato di perenne ansia.

In qualche angolino remoto della mia testa, so che non c'è assolutamente bisogno di lasciarmi divorare dalla paura, giacché, se la salute di Em fosse in procinto di peggiorare​, mia madre non si farebbe scrupoli prima di dirmi la verità. Stiamo parlando di un semplice raffreddore che non richiede assolutamente la mia presenza a casa, soprattutto perché non farei altro che trasmettere la mia ansia anche a loro due che, a differenza mia, tendono ad essere dotate di una calma interiore che io posso solo invidiare.

Ma nonostante io sia consapevole di tutto ciò, continuo a tormentare me stessa con immagini di Em in un scomodo lettino di ospedale a corto di forze ed energia per tutta la chemio a cui il suo corpicino è stato sottoposto. Vedere la propria sorellina in quelle condizioni, lascia un segno indelebile che ti porta a vivere col costante terrore di dover, un giorno, rivivere quelle terribili emozioni. Certe sensazioni non si dimenticano, e quelle che ne scaturiscono da eventi tragici come quello fanno parte da quella categoria. Sissignore, non se ne vanno mai, restano lì in attesa di tornare a galla e divorati l'anima.

Ho passato la serata a condividere ogni mio pensiero pessimistico con la mia complice d'eccellenza, Ally, e considerando che le ho offerto su un piatto d'argento anche il più insignificante dei pensieri, dovrei sentirmi più leggera e meno in procinto di avere un attacco di panico. Ma non è affatto così. E anzi, alle mie preoccupazioni per Emily si aggiunge anche l'ansia del non sapere in che guaio si sia cacciato Clayton.

È irreperibile sin da quando abbiamo finito il lavoro, circa sette ore fa, e mi ha consigliato, sforzandosi di sorridere, di organizzare un'uscita con le mie "compari". Dal suo sorriso tirato, ho intuito immediatamente che nell'aria ci fosse qualcosa che non solo non andava, ma che sfuggiva completamente al suo controllo. E so anche di cosa si tratta, o meglio, mio malgrado, posso immaginarmelo.

Ogni suo problema è sempre legato a quella banda di depravati di cui si ostina a far parte. Dal canto mio, sono fermamente convinta che, se Clayton riuscisse a liberarsi di quei teppisti, la sua vita sarebbe nettamente migliore e senz'ombra di dubbio meno rischiosa. E qualcosa mi dice che anche lui ne sia consapevole, giacché, in questo primo mese di convivenza, ho notato che le sue scappatelle per raggiungere  il suo gruppo di depravati sono diventate sempre più sporadiche e meno costanti, come se volesse prendere lentamente le distanze.

E francamente non mi importa proprio per niente di quale sia la ragione di questo allontanamento. A me basta sapere che un giorno, mi auguro non troppo lontano, smetterà di rischiare la vita per un qualcosa che dire che non ne vale la pena è davvero un eufemismo.

Ad ogni modo, ora non mi resta che oziare sul divano finché non sentirò scattare la serratura della porta e potrò assalire Clay con centomila domande.
O almeno è questo il mio piano iniziale. Fatto sta che, dopo circa mezz'ora, lo stato di leggero dormiveglia si trasforma in un vero e proprio sonno profondo. Perciò, non essendo più sull'attenti, quando il suono del fastidiosissimo allarme antifurto irrompe in tutta la casa, stento a capire cosa stia succedendo intorno a me.
Scattando in piedi e abbandonando il comodo divano in pelle, mi avvicino alla finestra, facendo appello al mio equilibrio piuttosto precario, per poi spostare furtivamente le tende e lanciare uno sguardo fuori da essa. Il cuore, nonostante io sia ancora in fase di elaborazione dell'accaduto, prende a battere all'impazzata al pensiero che qualche estraneo con cattive intenzioni stia cercando di entrare nella casa.

Ma, istintivamente, tiro un sospiro di sollievo alla vista di Clay...anche se la sensazione di liberazione ben presto svanisce, più esattamente nel preciso istante in cui il mio sguardo si posa sull'uomo che egli sta cercando di sorreggere, mentre, allo stesso tempo si sforza di aprire la porta.

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